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IColori<br />
del<strong>SUONO</strong><br />
INTERVISTA MARINO SEVERINI<br />
attorno a un progetto, dare ad essa vigore,<br />
forza e ispirazione, vincere (è stato un<br />
vero record per l’Italia aver raggiunto<br />
quasi sessantamila euro per un progetto<br />
discografico) e puntare il dito sulla<br />
produzione, quando tutta la sottocultura<br />
di sinistra da sempre ha puntato l’attenzione<br />
solo sul consumo… tutto ciò fa di<br />
Sangue e Cenere un vero bene comune,<br />
che riesce a restituire alla musica, o<br />
meglio alla canzone, una sua funzione:<br />
bellezza e utilità, senza l’una non esiste<br />
l’altra, almeno nella tradizione popolare,<br />
meglio contadina, che è la mia. Per una<br />
riflessione su tutto ciò invito chiunque<br />
alla lettura di Come funziona la musica,<br />
bel libro di David Byrne, uscito in Italia<br />
nel 2013 (l’edizione originale, How Music<br />
Works , è del 2012).<br />
Ci sente mai prigionieri delle<br />
proprie canzoni? Si finisce mai<br />
per odiare una canzone a forza di<br />
suonarla?<br />
Io posso rispondere soltanto per me. No, non mi sono mai sentito prigioniero<br />
di una canzone. Ho sempre suonato le canzoni che mi andava<br />
di suonare e cantare, quelle che permettevano di creare un momento<br />
di canto comune, di condivisione, di raccoglimento attorno al fuoco.<br />
Le canzoni ogni sera cambiano a seconda di chi c’è e di chi partecipa,<br />
a seconda dell’atmosfera che si riesce a creare insieme. Sempre uguali<br />
ma sempre diverse ogni volta che le canti. Del resto questo vale per<br />
ogni rito e ogni liturgia, il significato originario di questa parola è<br />
“opera del popolo“ o meglio “servizio fatto per il bene del popolo”.<br />
E io sono uno del mio popolo, non l’ho scoperto o studiato sui libri.<br />
Sono uno di loro. Tutta la questione sta in una buona relazione basata<br />
sul rispetto, la stima e la fiducia reciproci, qualcosa che si ottiene e si<br />
realizza col tempo, mantenendo il passo attraverso “territori“ diversi,<br />
che siano palude o montagna, deserto o pianura…<br />
E capita mai che le canzoni siano prigioniere di chi le compone?<br />
Hai mai scoperto un brano liberato da qualcuno che<br />
non l’aveva scritto o interpretato per primo?<br />
Un mio professore di sociologia ai tempi dell’università, che dirigeva<br />
anche una galleria d’arte, una volta mi disse che la cosa più difficile per<br />
chiunque realizzi un’opera, che sia canzone o quadro, è liberarsene,<br />
cioè lasciarla libera. Io provo una grande soddisfazione quando vedo<br />
che la canzone che ho scritto è capace di prendere il volo, di camminare<br />
da sola e andare chissà dove. Canzoni come Bandito senza tempo,<br />
La pianura dei 7 fratelli, Sesto San Giovanni o Kowalsky sono di<br />
chi le canta... Nel corso degli anni, per esempio, non ho mai sentito<br />
due identiche versioni di Bandito senza tempo, ognuno ci ritrova un<br />
pezzo del suo privato immaginario; tutte le versioni messe insieme<br />
ne fanno una completamente diversa dalla mia... diciamo che quella<br />
di partenza me la sono dimenticata a forza di ascoltare quelle degli<br />
altri. Sono sempre state le unicità a costituire una comunità, ognuno<br />
dovrebbe sempre coltivare la propria unicità per comporre una società.<br />
Guarda gli alberi di un bosco o i sassi di una spiaggia, ognuno è diverso<br />
eppure insieme fanno una cosa sola. Questo vale anche per l’Umanità.<br />
Ci sono casi in cui l’interpretazione di un brano riesce a coglierne<br />
un lato inedito, un lato inesplorato dall’autore… è come se in questo<br />
modo il fiume riuscisse ad arrivare all’oceano, a farsi oceano. Succede<br />
di rado ma succede. Un esempio per tutti: All Along the Watchtower,<br />
la versione di Hendrix rispetto all’originale di Dylan...<br />
Quattordici anni senza un nuovo disco in studio ma senza<br />
rimanere mai inattivi. In quale mondo hanno vissuto i Gang,<br />
non solo artisticamente, in questo lungo periodo?<br />
Con i Gang sono stati anni di “movimento“. Abbiamo fatto moltissimi<br />
concerti ovunque, senza badare alle circostanze, anzi, adattandoci a<br />
tutte le situazioni possibili. E casa per casa, quartiere per quartiere,<br />
villaggio per villaggio siamo andati portando le nostre canzoni e ogni<br />
sera attorno a quelle ci siamo radunati, scaldati, contati col nostro<br />
popolo, vincendo il grande freddo, il buio, la paura del futuro. Poi<br />
abbiamo inciso diversi dischi e, pur essendo lavori stagionali, ognuno<br />
ha rivestito il ruolo di “progetto“. Basti citare Nel Tempo e Oltre…<br />
cantando, insieme a La Macina, guidata da Gastone Pietrucci. È stato<br />
un incontro importante perché ha abbattuto i muri, i pregiudizi fra<br />
realtà musicali diverse, come quelle del folk tradizionale e il rock, e da<br />
questo incontro si è cercato di mettere in comune le affinità elettive,<br />
tutte provenienti da un’unica sorgente… che è la cultura popolare,<br />
aldilà degli stili. Un obiettivo che abbiamo realizzato anche con molti<br />
concerti insieme a La Macina, costituendo un gruppo di una decina di<br />
elementi e un repertorio comune, questo molto prima dell’esperienza-incontro<br />
Giovanna Marini – Francesco De Gregori. Un disco del<br />
quale vado fiero è Il seme e la speranza, prodotto dalla CIA Marche<br />
<strong>SUONO</strong> settembre 2015 73