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SUONO n° 500

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IColori<br />

del<strong>SUONO</strong><br />

Qual è la “cosa” di cui sei più orgoglioso nella tua vita artistica?<br />

Sono orgoglioso non della bellezza delle canzoni che ho scritto ma<br />

per la bellezza che queste canzoni riescono a far fiorire. Sono fiero di<br />

questo “mio” giardino, sempre più bello e colorato ad ogni stagione<br />

che passa; cantare le mie canzoni è come prendersi cura di questo<br />

giardino, e di questo vado fiero...<br />

Esiste, invece, una “cosa” che non rifaresti?<br />

A volte, quando mi guardo indietro, mi faccio spesso questa domanda<br />

senza ancora trovare la risposta definitiva. Il mio più grande rammarico<br />

è di non aver fatto il maestro delle elementari, un desiderio che<br />

ho ancora ma so non potrò mai realizzare, cosa che mi rende un po’<br />

triste: è andata così per questa vita ma non è andata male, però alla<br />

prossima non cederò al canto delle sirene. E farò di sicuro il maestro<br />

delle elementari, se ancora ci saranno le scuole elementari, naturalmente.<br />

Male che vada imparerò a fare bene il contadino, dedicandomi<br />

alla terra e ai suoi frutti; ho capito, magari troppo tardi, che è una cosa<br />

che mi arricchisce più di altre, mi rende felice e mi dà il senso di una<br />

piena realizzazione. Perciò, una cosa che non rifarei è... la Gang!!!<br />

I primi dischi che hai comprato?<br />

Erano dei 45 giri: Jimi Hendrix, Rolling Stones, Beatles, Canned Heat,<br />

tutti i CCR; li compravo in società con alcuni degli amici più cari. Una<br />

montagna di dischi Soul e Rhythm ‘n’ Blues che non compravo ma<br />

ascoltavo a casa di Lucio Mazzoli, che mi ha insegnato a suonare la<br />

chitarra, e non solo. Il primo 33 giri lo comprò Sandro, Made In Japan<br />

dei Deep Purple, e di conseguenza acquistò a rate un giradischi. Fino<br />

ad allora io utilizzavo il mangiadischi di mia madre.<br />

Il concerto vicino a “toccare il cielo” della tua vita, come<br />

artista e come ascoltatore?<br />

Come artista non saprei... non ce n’è uno in particolare, vivo sempre<br />

convinto che sarà il prossimo. Spesso a farti ricordare un concerto<br />

sono le circostanze, il momento in cui l’hai fatto; sono sempre del<br />

parere che un concerto non lo realizza solo il gruppo o “l’artista” ma<br />

tante condizioni, soprattutto il cosiddetto pubblico. Come ascoltatore<br />

di sicuro i Clash a Bologna nel giugno dell’ ’80, Patti Smith, sempre a<br />

Bologna nel settembre 1979, ma anche Finardi a Parco Lambro nel ’76;<br />

sono tracce profonde, legate soprattutto a un periodo della mia vita,<br />

quando quei concerti hanno avuto un’influenza su di me maggiore che<br />

non altri in altri tempi. Se non dovessi tener conto di questo ti direi<br />

Peter Gabriel o David Byrne; vicino a toccare il cielo ricordo i concerti<br />

di Sun Ra o Don Cherry, molti anni fa...<br />

Ci sono canzoni di altri che ti rappresentano pienamente<br />

fino a farti pensare “è ingiusto che non l’abbiano scritta i<br />

Gang”?<br />

Ce ne sono tante in cui mi specchio e riconosco una parte di me ma è<br />

giusto che l’abbia scritta un altro perché, magari, di quella mia parte<br />

non me ne sarei mai accorto; dell’altro, o degli altri, ho sempre avuto<br />

un disperato bisogno, da solo sto benissimo ma dopo un po’ mi annoio<br />

e solo a contatto con gli altri scopro e rivelo i miei limiti, difetti e pregi<br />

INTERVISTA MARINO SEVERINI<br />

(pochi o non abbastanza). Il confronto con l’altro è l’unico mezzo per<br />

migliorarmi, che poi è la missione della vita, essere migliori, migliorarsi…<br />

e alla fine renderne conto a noi stessi per primi. Per esempio, A<br />

Pa di De Gregori mi è sempre piaciuta tantissimo ma anche All Along<br />

the Wachttower di Dylan. Potrei continuare a lungo. Ci sono alcune<br />

canzoni che ti danno l’idea della perfezione eppure sono incompiute,<br />

lasciano uno spiraglio al tuo sentimento e alla tua fantasia, come<br />

se t’invitassero a completare l’opera, dicendoti che hanno bisogno<br />

anche di te. Canzoni dove bellezza e utilità s’incontrano e diventano<br />

una cosa sola. In Il Viaggiatore Notturno di Maurizio Maggiani c’è<br />

Pere Foucauld che dice una cosa affascinante e ha sempre suscitato<br />

la curiosità: “quando l’utilità s’incontra con la bellezza allora ha a<br />

che fare con Dio”. La Pianura dei 7 fratelli è la canzone in cui sono<br />

riuscito a far incontrare utilità e bellezza, ma non so se questo abbia<br />

a che fare con Dio... so che quando la cantiamo insieme torniamo a<br />

essere una vera comunità.<br />

La musica è ormai considerata una merce come tutto il resto.<br />

Non dovrebbe essere un bene comune, un elemento di<br />

condivisione culturale?<br />

Hai detto bene: dovrebbe! Questa è la domanda che richiede la risposta<br />

da “un milione di dollari”, ovvero la soluzione a tutti i mali odierni<br />

della musica. Io sono del parere che per andare avanti devi per forza<br />

tornare indietro. In questo caso tornare indietro significa rivedere i tanti<br />

momenti storici che la musica ha attraversato, gli sconvolgimenti e le<br />

trasformazioni che ha subìto. Comunque, è sempre risorta, riuscendo a<br />

liberarsi e a trovare una sua funzione e utilità, una sua nuova bellezza!<br />

C’è il libro di Byrne, già citato, che trovo illuminante e completo da<br />

questo punto di vista, perché scritto da chi vive la musica da dentro,<br />

da chi ha attraversato come protagonista la storia della musica negli<br />

ultimi trent’anni. Proprio da Come funziona la musica, per rispondere<br />

alla tua domanda, prendo in prestito alcuni passi: “Cosa viene venduto<br />

e comprato? In passato la musica era qualcosa che si ascoltava e si<br />

viveva, era un evento sia acustico che sociale. Prima dell’apparizione<br />

della tecnologia di registrazione non era possibile separare la musica<br />

dal suo contesto. Era legata a funzioni sociali, era comunitaria e<br />

rivestiva una funzione pratica. Non era possibile portarsela a casa,<br />

copiarla, venderla come una merce e non potevi riascoltarla. Nel XX<br />

secolo la tecnologia cambiò lo scenario. La musica, o meglio i suoi<br />

manufatti registrati, finì per essere considerata un prodotto, una cosa<br />

che si poteva comprare, scambiare, riascoltare all’infinito e in ogni<br />

contesto. Tali cambiamenti rivoluzionarono la funzione e la fruizione<br />

della musica trasformandola da oggetto di condivisione in oggetto<br />

di consumo. I nostri istinti, però, restano intatti... vorremmo sempre<br />

essere parte del nostro tessuto sociale. Siamo attratti dai concerti e dai<br />

locali, ci scambiamo musica a mano, costruiamo luoghi o templi dove<br />

quelli come noi possono ascoltare il nostro genere di musica, vogliamo<br />

sapere tutto dei nostri gruppi preferiti. Nella musica c’è qualcosa che<br />

ci spinge a confrontarci con il contesto più ampio in cui è inserita,<br />

aldilà del pezzo di plastica con cui ci è arrivata. Tentare di limitare e<br />

impacchettare un’entità così mutevole e ingovernabile è un’impresa<br />

sostanzialmente vana. Molti, però, ci provano, come i padroni della<br />

musica”. Noi, ovviamente, faremo di tutto per sconfiggerli anche stavolta,<br />

liberando la musica dal loro dio: il profitto!<br />

<strong>SUONO</strong> settembre 2015 75

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