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IColori<br />
del<strong>SUONO</strong><br />
Qual è la “cosa” di cui sei più orgoglioso nella tua vita artistica?<br />
Sono orgoglioso non della bellezza delle canzoni che ho scritto ma<br />
per la bellezza che queste canzoni riescono a far fiorire. Sono fiero di<br />
questo “mio” giardino, sempre più bello e colorato ad ogni stagione<br />
che passa; cantare le mie canzoni è come prendersi cura di questo<br />
giardino, e di questo vado fiero...<br />
Esiste, invece, una “cosa” che non rifaresti?<br />
A volte, quando mi guardo indietro, mi faccio spesso questa domanda<br />
senza ancora trovare la risposta definitiva. Il mio più grande rammarico<br />
è di non aver fatto il maestro delle elementari, un desiderio che<br />
ho ancora ma so non potrò mai realizzare, cosa che mi rende un po’<br />
triste: è andata così per questa vita ma non è andata male, però alla<br />
prossima non cederò al canto delle sirene. E farò di sicuro il maestro<br />
delle elementari, se ancora ci saranno le scuole elementari, naturalmente.<br />
Male che vada imparerò a fare bene il contadino, dedicandomi<br />
alla terra e ai suoi frutti; ho capito, magari troppo tardi, che è una cosa<br />
che mi arricchisce più di altre, mi rende felice e mi dà il senso di una<br />
piena realizzazione. Perciò, una cosa che non rifarei è... la Gang!!!<br />
I primi dischi che hai comprato?<br />
Erano dei 45 giri: Jimi Hendrix, Rolling Stones, Beatles, Canned Heat,<br />
tutti i CCR; li compravo in società con alcuni degli amici più cari. Una<br />
montagna di dischi Soul e Rhythm ‘n’ Blues che non compravo ma<br />
ascoltavo a casa di Lucio Mazzoli, che mi ha insegnato a suonare la<br />
chitarra, e non solo. Il primo 33 giri lo comprò Sandro, Made In Japan<br />
dei Deep Purple, e di conseguenza acquistò a rate un giradischi. Fino<br />
ad allora io utilizzavo il mangiadischi di mia madre.<br />
Il concerto vicino a “toccare il cielo” della tua vita, come<br />
artista e come ascoltatore?<br />
Come artista non saprei... non ce n’è uno in particolare, vivo sempre<br />
convinto che sarà il prossimo. Spesso a farti ricordare un concerto<br />
sono le circostanze, il momento in cui l’hai fatto; sono sempre del<br />
parere che un concerto non lo realizza solo il gruppo o “l’artista” ma<br />
tante condizioni, soprattutto il cosiddetto pubblico. Come ascoltatore<br />
di sicuro i Clash a Bologna nel giugno dell’ ’80, Patti Smith, sempre a<br />
Bologna nel settembre 1979, ma anche Finardi a Parco Lambro nel ’76;<br />
sono tracce profonde, legate soprattutto a un periodo della mia vita,<br />
quando quei concerti hanno avuto un’influenza su di me maggiore che<br />
non altri in altri tempi. Se non dovessi tener conto di questo ti direi<br />
Peter Gabriel o David Byrne; vicino a toccare il cielo ricordo i concerti<br />
di Sun Ra o Don Cherry, molti anni fa...<br />
Ci sono canzoni di altri che ti rappresentano pienamente<br />
fino a farti pensare “è ingiusto che non l’abbiano scritta i<br />
Gang”?<br />
Ce ne sono tante in cui mi specchio e riconosco una parte di me ma è<br />
giusto che l’abbia scritta un altro perché, magari, di quella mia parte<br />
non me ne sarei mai accorto; dell’altro, o degli altri, ho sempre avuto<br />
un disperato bisogno, da solo sto benissimo ma dopo un po’ mi annoio<br />
e solo a contatto con gli altri scopro e rivelo i miei limiti, difetti e pregi<br />
INTERVISTA MARINO SEVERINI<br />
(pochi o non abbastanza). Il confronto con l’altro è l’unico mezzo per<br />
migliorarmi, che poi è la missione della vita, essere migliori, migliorarsi…<br />
e alla fine renderne conto a noi stessi per primi. Per esempio, A<br />
Pa di De Gregori mi è sempre piaciuta tantissimo ma anche All Along<br />
the Wachttower di Dylan. Potrei continuare a lungo. Ci sono alcune<br />
canzoni che ti danno l’idea della perfezione eppure sono incompiute,<br />
lasciano uno spiraglio al tuo sentimento e alla tua fantasia, come<br />
se t’invitassero a completare l’opera, dicendoti che hanno bisogno<br />
anche di te. Canzoni dove bellezza e utilità s’incontrano e diventano<br />
una cosa sola. In Il Viaggiatore Notturno di Maurizio Maggiani c’è<br />
Pere Foucauld che dice una cosa affascinante e ha sempre suscitato<br />
la curiosità: “quando l’utilità s’incontra con la bellezza allora ha a<br />
che fare con Dio”. La Pianura dei 7 fratelli è la canzone in cui sono<br />
riuscito a far incontrare utilità e bellezza, ma non so se questo abbia<br />
a che fare con Dio... so che quando la cantiamo insieme torniamo a<br />
essere una vera comunità.<br />
La musica è ormai considerata una merce come tutto il resto.<br />
Non dovrebbe essere un bene comune, un elemento di<br />
condivisione culturale?<br />
Hai detto bene: dovrebbe! Questa è la domanda che richiede la risposta<br />
da “un milione di dollari”, ovvero la soluzione a tutti i mali odierni<br />
della musica. Io sono del parere che per andare avanti devi per forza<br />
tornare indietro. In questo caso tornare indietro significa rivedere i tanti<br />
momenti storici che la musica ha attraversato, gli sconvolgimenti e le<br />
trasformazioni che ha subìto. Comunque, è sempre risorta, riuscendo a<br />
liberarsi e a trovare una sua funzione e utilità, una sua nuova bellezza!<br />
C’è il libro di Byrne, già citato, che trovo illuminante e completo da<br />
questo punto di vista, perché scritto da chi vive la musica da dentro,<br />
da chi ha attraversato come protagonista la storia della musica negli<br />
ultimi trent’anni. Proprio da Come funziona la musica, per rispondere<br />
alla tua domanda, prendo in prestito alcuni passi: “Cosa viene venduto<br />
e comprato? In passato la musica era qualcosa che si ascoltava e si<br />
viveva, era un evento sia acustico che sociale. Prima dell’apparizione<br />
della tecnologia di registrazione non era possibile separare la musica<br />
dal suo contesto. Era legata a funzioni sociali, era comunitaria e<br />
rivestiva una funzione pratica. Non era possibile portarsela a casa,<br />
copiarla, venderla come una merce e non potevi riascoltarla. Nel XX<br />
secolo la tecnologia cambiò lo scenario. La musica, o meglio i suoi<br />
manufatti registrati, finì per essere considerata un prodotto, una cosa<br />
che si poteva comprare, scambiare, riascoltare all’infinito e in ogni<br />
contesto. Tali cambiamenti rivoluzionarono la funzione e la fruizione<br />
della musica trasformandola da oggetto di condivisione in oggetto<br />
di consumo. I nostri istinti, però, restano intatti... vorremmo sempre<br />
essere parte del nostro tessuto sociale. Siamo attratti dai concerti e dai<br />
locali, ci scambiamo musica a mano, costruiamo luoghi o templi dove<br />
quelli come noi possono ascoltare il nostro genere di musica, vogliamo<br />
sapere tutto dei nostri gruppi preferiti. Nella musica c’è qualcosa che<br />
ci spinge a confrontarci con il contesto più ampio in cui è inserita,<br />
aldilà del pezzo di plastica con cui ci è arrivata. Tentare di limitare e<br />
impacchettare un’entità così mutevole e ingovernabile è un’impresa<br />
sostanzialmente vana. Molti, però, ci provano, come i padroni della<br />
musica”. Noi, ovviamente, faremo di tutto per sconfiggerli anche stavolta,<br />
liberando la musica dal loro dio: il profitto!<br />
<strong>SUONO</strong> settembre 2015 75