Eco delle Valli e Delle dolomiti Friulane - Agosto 2019

MUSICA
DUE VOCI
SUL CORO
FRIULANO
di Caterina di Paolo
Il canto corale appartiene alla tradizione
friulana. Ne abbiamo parlato con due
figure che ripercorrono la tradizione
reinterpretandola: il maestro Olinto
Contardo e il tenore Igor Cerno.
Il Maestro della
musica popolare
friulana
Olinto Contardo ha
lavorato in campo
corale fuori e dentro il
Friuli: dalla Sardegna
a Torino, da Dublino
alla Fenice di Venezia.
In regione ha diretto
il coro lirico di Udine,
fondato il coro Tomat e
l’associazione musicale
Bertrando di Aquileia,
per non parlare della
sua attività orchestrale.
Definito da Mario Blasoni
«un emigrante del
pentagramma», il Maestro
Olinto ha condiviso con la
moglie Ilvia Mulloni una
vita nella musica.
Il Maestro ci accoglie in
casa sua, mettendo sul
tavolo un po’ di storia.
Cita il coro polifonico di
Ruda diretto da Fabiana
Noro, sua allieva; e poi
parla di La Scjarnete, la
prima operetta in friulano,
musicata da Luigi Cuoghi e
da lui riportata in tournée.
Un canto d’amore, uno
dei temi principali nella
musica popolare friulana:
l’altro è la miseria, spesso
legata all’emigrazione.
«Il coro classico friulano
è diatonico: due voci,
in cui il basso sostiene
o si contrappone alla
voce principale. Si può
notare un linguaggio che
unisce un grande Nord:
Friuli, Trentino, Carinzia,
Slovenia. Ognuno con
le sue peculiarità. Sono
canti dalla composizione
semplice, con temi di
vita quotidiana, spesso
nostalgici, duri. Questi
canti tradizionali,
nonostante i temi difficili,
sono sempre in tono
maggiore: quasi a voler
evitare il tono lamentoso,
“triste”.»
Se si chiede al Maestro
di citare un canto a cui è
particolarmente legato,
non ha dubbi: il Cjant
a Gurizze di Francesco
Berti e Arturo Zardini.
Anche in questo brano,
il protagonista ha uno
“scrùpol”, non un
lamento:
Se il dolôr che lu puartave
su la mont sacre ai fedèi,
il Furlàn a Dio contave
nel lengàz dai nestris viei,
un sol scrùpul ai restave
di podé sévi esaudît:
che il Signôr che lu scoltave
in furlàn lu vès capît.
Il maestro Olinto Contardo (in alto a destra) con il coro lirico Mazzucato di Udine a inizio anni Sessanta.
Cantori in lingua
slovena
Igor Cerno vive a Lusevera
Bardo. Il piccolo paese
dell’alta Val Torre, paese
che ospita il Microfestival
a cui partecipano i Barksi
Oktet, l’ottetto polifonico
di cui Igor fa parte e che
impiega il dialetto sloveno
della zona, il po našin (“a
modo nostro”).
Quella delle minoranze
slovene in Friuli è la
storia di un doloroso
tentativo di sradicamento.
Igor ne parla, coinvolto.
«Nel 1866 il Giornale di
Udine titolava: “Questi
slavi bisogna eliminarli.”
Un obiettivo tremendo,
perseguito con forza: in
ogni paese si insegnava
solo in italiano, cercando
di sopire una ricchezza
linguistica enorme.
Venivamo chiamati
“sclavat”, come a Trieste si
dice “sciavo”.»
Nella scuola di musica
Glasbena Matica a San
Barski Oktet, Judje dolin, 2017
Pietro al Natisone si
cerca una risposta: il
Maestro Davide Clodig
decide di fondare un
coro, lasciandone poi
la direzione a Davide
Tomasetig. Così hanno
inizio i Barksi, nel 2009; il
loro primo disco esce nel
2017.
L’ottetto ha nel suo
repertorio composizioni
originali e brani della
tradizione, raccolti
soprattutto grazie alle
ricerche dello slavista
Pavle Merkù, che ha
raccolto le musiche delle
valli riarrangiandole.
«Cantiamo storie comuni.
Mi emoziona sempre
quella di Ročica: una
bimba che ricorda quando
andò a falciare col padre
nei boschi, si ferì e il
padre la medicò con una
foglia. Un piccolo ricordo
d’infanzia, fatto di cura e
amore.»
«La cosa più bella del coro è che ogni voce ha un suono diverso, ogni persona è unica.»
Ilvia Mulloni ci fa comprendere come ogni voce, in questa tradizione per noi identitaria, sia diversa e fondamentale; come l’amore
per la musica possa portare su strade diverse, ma vicine nel costruire una melodia complessa, che va ascoltata con attenzione.
L’eco delle valli
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