MAP - Magazine Alumni Politecnico di Milano #0
Il Magazine dei Designer, Architetti, Ingegneri del Politecnico di Milano - Numero 0 - Autunno
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Un buon designer dell’automobile
- forse ogni buon designer? - ha
un obiettivo improbo, il suo compito
è raggiungerlo: rendere il sogno
realtà. Almeno così racconta Fabio
Filippini, Alumnus Architettura del
Politecnico di Milano, laureato con
lode nel 1989 e oggi ai vertici di Pininfarina,
dove dal 1° aprile 2011 ricopre
il ruolo di Vice President Design
e Chief Creative Officer. La sua
prima concept car in Pininfarina è
stata la Cambiano, nel 2012, l’ultima,
la H2 Speed, presentata a marzo di
quest’anno al Salone di Ginevra.
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< La H2 Speed a confronto
della Sigma Grand Prix
del 1968.
In un’intervista spiegava che il design
di un’auto di oggi non è mai il
frutto di un solo uomo. E ieri invece?
Negli anni sessanta, settanta,
poteva essere frutto di un uomo
solo?
Sì e no. È chiaro che soprattutto
negli anni cinquanta e sessanta
esistevano delle figure di grande
talento, che un po’ erano gli archetipi
di quello che poi è diventato il
designer automobilistico in Italia.
Ed erano soprattutto delle individualità,
se pensiamo agli anni cinquanta,
sessanta settanta. Pininfarina
già allora aveva una storia
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più complessa: era già un’azienda
sviluppata. Esistevano questi grandi
personaggi, Aldo Brovarone, Leonardo
Fioravanti, Paolo Martin e
tanti altri che sono passati da Pininfarina,
che avevano un estro e
un tocco personale: però questo
loro tocco personale si sviluppava
in una struttura che aveva qualcosa
di organico, in cui c’erano uno
spirito e una visione forti. In cui
tutto un team, che andava dai disegnatori
tecnici fino agli ingegneri,
fino ai modellisti prototipisti o
i battilastra aveva questa cultura
aziendale, o cultura di design, che
portava a creare oggetti che pur
pensati da personaggi diversi alla
fine continuavano a rappresentare
il design di Pininfarina. Ed è
un caso particolare. Altre aziende
all’epoca - penso a Giugiaro, penso
a Marcello Gandini - avevano un
tocco unico, e si poteva affermare
che un’auto era stata disegnata
da loro. Sempre nel passato poi ci
sono situazioni in cui uno può dire
“Mah, è stata davvero il frutto solo
del disegno di una persona?” perché
a un certo punto intervenivano
i battilastra, artigiani che interpretavano
a loro modo i disegni. E loro
stessi avevano una capacità di interpretare
e sviluppare al di là di
quello che era l’intento iniziale del
disegnatore: ci sono auto famosissime,
come la Ferrari GTO del 1962,
disegnata in parte da Pininfarina
e in parte da Scaglietti, che si dice
sia stata un oggetto realizzato proprio
con questo savoir faire un po’
generalizzato, un savoir faire che fa
sì che un insieme di persone con
determinate competenze e sensibilità
creino questa alchimia, per
produrre poi un oggetto unico.
In quanti lavorano nel suo team in
Pininfarina?
Circa 120 persone, ma non tutte
lavorano sullo stesso progetto. Tra
quei 120 ci sono i designer veri e
propri, sono inclusi i tecnici, che
hanno formazione tecnico-ingegneristica
e contribuiscono a queste
visioni portando contributi tecnologici
e funzionali, ci sono degli
specialisti di modellazione virtuale
3D, e anche loro trasformano