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Il Magazine dei Designer, Architetti, Ingegneri del Politecnico di Milano - Numero 0 - Autunno
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A destra la concept
car H2 Speed del 2016,
presentata quest’anno
al Salone di Ginevra >
marchiato Pininfarina, la Sigma
Grand Prix
Esatto, la scelta del colore di carrozzeria
trae spunto dalla Sigma Grand
Prix e ne reinterpreta in chiave
moderna le tonalità, con una vernice
monocroma in bianco perlato.
Come nella Sigma, l’aggiunta di
tocchi fluorescenti in vermiglione
e giallo acido mette in evidenza le
zone funzionali: la punta aerodinamica
del frontale, lo scoop aerodinamico
ed il filo della deriva
centrale, le derive dell’alettone, le
finestrelle che lasciano intravedere
i serbatoi laterali a idrogeno, così
come i dettagli tecnici sui mozzi dei
cerchioni e le pinze freni.
Come cambierà l’auto di domani?
È una domanda di grande attualità.
E in un momento particolare come
quello che stiamo attraversando
diventa difficile dare una risposta
chiara. Di certo l’automobile autonoma
sarà un passo fondamentale,
un cambiamento sociale profondo.
Porterà delle trasformazioni nei
sistemi di mobilità a livello mondiale,
nelle metropoli, e trasformerà
anche l’oggetto automobile,
che passerà da oggetto di possesso
individuale a oggetto di utilizzo
pubblico o semipubblico, quasi una
commodity. Si va verso la dematerializzazione
dell’oggetto automobile,
che diventerà una sorta di
scatola con componenti tecnologici
che non avranno neanche più motivo
per essere realizzati da un’unica
casa produttrice, che magari ha
competenze o specificità particolari,
di maneggevolezza, di prestazioni,
di sicurezza. Oggi identifichiamo
i costruttori di auto anche in base a
questi valori che gli appartengono.
Se pensiamo alla Volvo pensiamo
alla sicurezza, se pensiamo all’Alfa
Romeo pensiamo alla sportività…
quando le auto saranno delle strutture
composte con pezzi di produzione
standard, dove il fornitore di
batterie più performanti le installa
sul 90% dei veicoli del mondo, il
vero interrogativo sarà come riuscire
e dare una valorizzazione emozionale
a questi veicoli.
È un futuro in cui l’auto rischia di
perdere l’anima?
Esatto. Senza togliere niente a chi
disegna lavatrici, non ho mai sentito
nessuno che si emozionasse
per il design della propria lavatrice,
così come non ho mai visto musei
del design della lavatrice, probabilmente
ci sono, ma magari non sono
così eccitanti come i musei dell’automobile.
Non ho mai sentito persone
al bar commentare la propria
lavatrice e il numero di giri che fa.
Uno può dire: quelli dell’automobile
sono valori passati, ma questa
mitologia dell’automobile c’è. La
domanda è come fare a trasmettere
questi valori in maniera consona
all’epoca in cui siamo. Non è che
debbano essere necessariamente
la velocità o la performance, magari
sarà la qualità dell’esperienza
del viaggio. Di sicuro ci sarà un
desiderio di personalizzazione di
questi veicoli, quindi l’emozione
e l’anima la si troverà come oggi
qualcuno si mette nello schermo
dello smartphone la foto delle vacanze
o dei figli, e l’oggetto, pur
essendo in fondo una piastrella
con uno schermo davanti diventa
personalizzato con qualcosa che si
lega alla propria esperienza. L’automobile
dovrà in qualche modo
adattarsi a questi principi e trovare
nuove forme di emozione.
Che cosa ricorda degli anni al Politecnico
di Milano?
Del 1989 ricordo una Facoltà di Architettura
del Politecnico che era
un centro di grande scambio culturale
internazionale: era il periodo
in cui il design milanese dettava la
via da percorrere a tutto il mondo,
in pieno boom. Io da studente
di architettura mi appassionavo al
design, ma mantenevo una predisposizione
al design dell’auto, il cui
centro però era a Torino. Da questa
esperienza creativa e culturale
all’epoca ho tratto degli insegnamenti
fondamentali, che mi avrebbero
poi aiutato anche nella mia
pratica più specifica del design automobilistico
ad avere una visione
molto aperta: ad avere un senso di
analisi, di costruzione del progetto
che va molto al di là del design automobilistico.
Mi ha aiutato molto
nella mia carriera.
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