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I libri del
mese
Lucia Serracca
Salmo XXIV: un giallo veneziano sulle orme del maestro Antelami
di Erika Bresci
Nella nota a chiusura del romanzo Lucia Serracca svela
ai suoi lettori un rapporto ancillare con Il pendolo
di Focault di Umberto Eco. E ne spiega il motivo.
Quell’interesse curioso, intrigante per i Rosacroce, una società
esoterica segreta, non si sa se realmente esistita, fondata
nel Quattrocento, che proponeva una riforma universale
e generale dell’intero universo, sulle cui tracce perse inutilmente
gli occhi anche un giovane, ostinato Cartesio. Certo,
non vi è dubbio che il romanzo Salmo XXIV si nutra di sostanza
alchemica e di mistero. Ma pensiamo che l’empatia che
lega l’autrice a Eco coinvolga anche e soprattutto un intelligente,
scrupoloso e insieme appassionato comune metodo
di costruzione del romanzo. Nelle sue Postille al Nome della
rosa Eco individua infatti gli ingredienti essenziali per la realizzazione
di un impianto onesto e credibile di una qualsivoglia
storia – in entrambi casi un thriller – ambientata in un’età
e in un luogo specifici. Indica impalcature e tecniche narrative
e confessa un segreto. «Ho scritto un romanzo perché me
ne è venuta voglia. Credo sia una ragione sufficiente
per mettersi a raccontare. L’uomo è animale fabulatore
per natura». Al quale pare rispondere in eco Lucia
Serracca: «Ho cominciato a pensare a una storia
che unisse queste suggestioni (la lettura del Pendolo
di Eco e l’amore per Venezia e il Carnevale, ndr.), volevo
scrivere il romanzo che mi sarebbe piaciuto leggere».
Ecco qua, un perfetto dialogo a distanza, retto
con la serena tranquillità di chi sa che quegli strumenti,
quei consigli, quegli accorgimenti sono passati con
naturalezza e profondità dal maestro all’allieva (e chi
sa se tra quegli insegnanti cui si dedica il romanzo
non si pensi anche al caro Umberto). La storia, appunto.
Alto il rischio, in questo caso, di spoilerare snodi
cruciali e finale – cosa terribile per un giallo! – e sciupare
così, in poche righe, il gusto della lettura. Ci limitiamo
quindi a citare quanto riportato nel risvolto di
copertina: «Venezia, 2017. In programma tra i concerti
del Carnevale c’è il “Salmo XXIV”, opera sconosciuta
del maestro Antelami ritrovata a Oxford. Ma chi è
Antelami, accusato di stregoneria dall’Inquisizione e
fuggito a Londra nel 1667? In una inesauribile serie di
colpi di scena il critico musicale Stefano Montani e la
restauratrice Chiara Sabelli scopriranno un’incredibile,
sconcertante verità». E basterebbero questi “colpi
di scena” – animati da una folta schiera di personaggi
misteriosi e ambigui – a rendere più che godibile il
romanzo, presagendo e augurandogli fortune cinematografiche.
Noi crediamo però che la storia nasconda
molto di più. Colpisce l’insistenza, ricamata nelle
sue varie forme, del concetto di identità nascosta, di
una verità da svelare prima di tutto a se stessi, di un’immagine
chiara di sé e degli altri cui tendere e da distillare dalle
parvenze e dai pochi, male interpretabili, talvolta celati lacerti
a disposizione (il ritratto di Antelami che riappare dal certosino
restauro, lasciando in chiaroscuro i tratti del volto ma
non l’intensità dello sguardo ne è magistrale esempio). E sullo
sfondo Venezia. Perfetta nel suo intrico di labirintici vicoli,
nelle atmosfere nebbiose e umorali, senza tempo, nell’ambiguità
delle maschere, nelle forme fiere e insieme decadenti,
nello sciabordare di un’acqua limacciosa e lenta che sbatte
sui pontili e rintocca nel cuore gravezze di domande irrisolte.
Cos’è l’uomo? Speculum Dei o putrido fango, o forse entrambi,
o altro ancora? Da dove viene, qual è il suo scopo nel mondo?
E la ragione vera che l’ha trascinato qui, fuori dal giardino
dell’Eden? Dove va? Ci arriverà mai? Così scorrendo le pagine
di Salmo XXIV pare di sentire ancora quella melodia sublime
che nasconde il “terribile lascito” di Antelami, che si arriva sul
punto di afferrare, fino a che…
LUCIA SERRACCA
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