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Storia della famiglia del capitano Carresi Di Franco Caratozzolo

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Naturalmente la formazione dei venti e la loro direzione dipendevano da altri fattori che il<br />

nostromo, poverino, non poteva sapere, perché, allora, i marinai navigavano in conformità a<br />

tradizioni orali tramandate di padre in figlio, miste a credenze religiose. La conoscenza tecnica era<br />

appannaggio <strong><strong>del</strong>la</strong> Reale Marina o <strong><strong>del</strong>la</strong> marina mercantile che pilotavano navi a vapore di grossa<br />

stazza. Lo strumento <strong><strong>del</strong>la</strong> marina mercantile principe era sempre la bussola usata da tutto il tipo<br />

di naviglio che allora percorrevano i mari. Per i viaggi più lunghi, quindi velieri di grossa stazza, i<br />

marinai usavano anche il “teodolite” con la quale si misuravano gli angoli sia azimutali che<br />

zenitali. E’ noto che fino al 1874 i marinai calcolavano solo la latitudine, misurando l’altezza <strong>del</strong><br />

sole sull’orizzonte di giorno, o <strong><strong>del</strong>la</strong> stella polare di notte. La longitudine fu introdotta solo qualche<br />

anno dopo, utilizzando il meridiano di Greenwich (Londra) indicante 0°.<br />

Ritornando ai nostri vecchi marinai, si tramandava che la “strata di santu iapicu” normalmente<br />

avesse la direzione (rosa dei venti) da maestrale a scirocco. Quando si poneva da ponente a<br />

levante, soffiavano i venti da nord, e secondo loro, veniva la bufera; se si poneva da grecale a<br />

ostro, soffiava lo scirocco o il libeccio, che i vecchi pescatori chiamavano “u tempu chi veni du<br />

canali”.<br />

Anche la luna entrava a pieno titolo nelle credenze marinare, non perché “intenerisse i loro<br />

cuori” ma perché poteva essere segno che il tempo cambiasse, e sentenziavano: “Luna a barchetta<br />

marinari all’erta !” che secondo gli antichi indicava un natante nel mare in tempesta; il detto “luna<br />

diritta marinari in cuccetta !” indicava buon tempo. Per tutto il tempo che Francesco navigava, era<br />

un continuo chiedere, approfondire entro i limiti <strong>del</strong>le conoscenze dei nostri esperti marinai:<br />

“perché la luna, a volte, ha quella nebbiolina attorno ?”‐‐<br />

“indica che domani ci sarà vento”, ‐<br />

“nostromo perché il vento di terra è chiamato così ?”<br />

“perché viene da terra, come dice la parola stessa !”<br />

Erano risposte senza alcun fondamento tecnico o almeno ne avevano poco considerato che così<br />

ci si spostava da una parte all’altra in quegli anni.<br />

<strong>Carresi</strong> le cognizioni tecniche razionali e utili le avrebbe apprese durante il servizio militare<br />

prestato nella Regia Marina.<br />

Studiò in maniera approfondita, con scienza e coscienza, sui testi che riusciva ad acquistare a<br />

Napoli o su quelli che gli davano in prestito gli ufficiali <strong>del</strong>le navi militari. Così capì che il vento di<br />

terra, come tutti i venti, era uno scambio di calore tra il mare e la terra collegato al tasso di<br />

umidità, nuvolosità, alle differenze di pressione tra una parte e l’altra <strong>del</strong>le aree geografiche <strong>del</strong><br />

globo…; che non sempre la luna in quella posizione significava bufera o bonaccia.<br />

Ma, che la luna influenzasse i mari e gli oceani con la forza di gravità, e che il suo effetto<br />

raddoppiava quando il sole e la luna stavano lungo lo stesso asse <strong><strong>del</strong>la</strong> terra, assieme all’utilizzo<br />

<strong>del</strong> barometro o il sestante, divennero conoscenze normali per il <strong>Carresi</strong>, tanto da affrontare<br />

l’esame d’idoneità per ottenere il titolo di Padrone marittimo e superarlo brillantemente. Il<br />

patentino lo abilitava al comando dei velieri.<br />

Il <strong>Carresi</strong> era un uomo alto di colorito bruno, con due labbra carnose che gli davano un' aria di<br />

serietà, d’imponenza per i due baffoni a manubrio che gli trapassavano il labbro da una parte<br />

all’altra; occhi scuri e sopracciglia ad arco che evidenziavano due zigomi alti ma non pronunciati;<br />

una dentatura perfetta, ovale lungo, un naso regolare ed una fronte ampia e spaziosa: un<br />

bell’uomo. Aveva un' eleganza naturale, uno stile inconfondibile, vestiva con cura ma sobriamente.<br />

Rispettava tutti e tutti ricambiavano. Francesco da qualche tempo corteggiava una ragazza di<br />

nome Felicia, figlia di commercianti di tessuti <strong>del</strong> posto soprannominati “i calarchi” per via <strong>del</strong><br />

cognome <strong><strong>del</strong>la</strong> madre, appunto Calarco . Era una ragazza esile d’altezza media, capelli neri e<br />

ondulati; attraeva più per la simpatia che suscitava quando parlava, che per la bellezza dei<br />

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