30.12.2012 Views

Storia della famiglia del capitano Carresi Di Franco Caratozzolo

Storia della famiglia del capitano Carresi Di Franco Caratozzolo

Storia della famiglia del capitano Carresi Di Franco Caratozzolo

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

frequentazione di circoli a giocare a carte con gli amici. L’unico spasso per i giovani, la domenica<br />

era fare qualche partita a carte, oppure a padrone sotto con il vino tanto per stare assieme.<br />

Quest’ultimo era un gioco molto in uso nei paesi <strong>del</strong> meridione. Era il passatempo preferito dagli<br />

strati più popolari nelle cantine. Il gioco <strong>del</strong> “padrone e sotto” per sua cultura aveva molte<br />

sfaccettature, ed acquistava significati a volte densi di messaggi crittografati. L’ambiente <strong><strong>del</strong>la</strong><br />

<strong>del</strong>inquenza ne era pieno. Qui si metteva alla prova il “giovane d’onore”, la sua capacità di<br />

offendere e difendere, di rispettare capi riconosciuti nella tavolata. Il padrone era colui che nella<br />

fase iniziale <strong>del</strong> gioco aveva vinto: era, cioè, il dispensatore <strong>del</strong> vino. Ma solo il dispensatore.<br />

Poteva solo berlo, da “padrone”. Se avesse voluto distribuirlo agli altri <strong><strong>del</strong>la</strong> tavolata doveva avere<br />

il permesso <strong>del</strong> “sotto”. E qui veniva fuori la capacità di condurre il dialogo innanzi tutto, di<br />

convincere l’altro <strong><strong>del</strong>la</strong> bontà <strong><strong>del</strong>la</strong> propria proposta. La bravura <strong>del</strong> padrone era quella di far bere<br />

le persone che più gli aggradavano, specie se vi era il “ramo principale”. Ogni giocatore per farsi<br />

bello offriva sempre da bere al ramo principale, il sotto doveva, ecco i segnali ambientali,<br />

dimostrare la stessa bravura <strong>del</strong> padrone. Nel senso che avrebbe dovuto tirare per i suoi o per se<br />

stesso. Se, per esempio, tra i suoi vi era il “ramo principale” non vi erano problemi; ma, spesso,<br />

alcune teste calde non ci pensavano due volte a far scoppiare la lite. Si finiva spesso con il coltello<br />

in mano, prigionieri dei fumi <strong>del</strong>l’alcool e <strong><strong>del</strong>la</strong> cultura <strong>del</strong>lo “sgarro”. Nella media borghesia la<br />

partita a carte era un modo per stare in compagnia e passare il tempo, chiacchierando <strong>del</strong> più e<br />

<strong>del</strong> meno nei circoli. Una vola accadde che nella cantina di “sangunazzo” entrò Santo Scidone,<br />

noto <strong>del</strong>inquente di Palmi e riconosciuto “tronco” <strong><strong>del</strong>la</strong> malandrineria locale. Nella discussione,<br />

che in quel momento era accesa, tra i due contendenti e vertente se una persona dovesse avere o<br />

meno il suo vino, entrando “Don Santo” disse:<br />

“E se lo bevo io, questo bicchiere di vino, c’è qualcuno in questa bella compagnia, che ha qualcosa<br />

da dire?”.<br />

Tutti salutarono devotamente ed il padrone rispose per tutti: “Per voi e per il vostro seguito, tutta<br />

la cantina Don Santo !”<br />

“Siete gente di rispetto quà e fuori di qua !” rispose don Santo Scidone. Quello era l’atto di<br />

sottomissione di quella tavola al capo riconosciuto.<br />

<strong>Di</strong> questi gaglioffi Gioia Tauro ne era piena e venivano combattuti dai carabinieri in un ambiente<br />

difficile se non ostico. Furono i ricchi borghesi o i nobili che condizionarono la vita di Gioia, proprio<br />

utilizzando la cosiddetta “gente di panza” per evitare i tanti furti che avvenivano nei loro poderi,<br />

per via <strong><strong>del</strong>la</strong> gran fame allora regnante.<br />

E proprio gli affamati, i poveri erano quelli che meno si davano da fare per aiutare la legge; per<br />

un falso senso <strong>del</strong>l’onore, che non perdevano se rubavano ai ricchi lo perdevano se relazionavano<br />

ai reali carabinieri; nel primo caso era “valenzia”, nel secondo “indegnità” .<br />

“L’uomo che è uomo non fa queste cose … e i fatti propri se li aggiusta da solo … !”.<br />

Questo era il modo di pensare dei bassi ceti <strong>del</strong> tempo. La piccola e media borghesia artigianale e<br />

professionista, pur rifiutando quelle presenze arroganti ed indisponenti, era anch’essa impregnata<br />

di quella cultura. Forse, più per un fatto di convenienza, opportunità, si tenevano alla larga da<br />

certe azioni, e non vedevano mai nulla.<br />

24

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!