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Storia della famiglia del capitano Carresi Di Franco Caratozzolo

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I due uomini si fermavano nei pressi <strong>del</strong> veliero ne osservavano il fasciame che era stato da poco<br />

raschiato dal maestro d’ascia mastro Nino assieme al calafataro mastro Nicola.<br />

“Questo fasciame‐ diceva il Capitano con competenza ‐ E’ deformato, sarebbe da sostituire: non<br />

reggerà per molto la pressione <strong>del</strong>le onde”.<br />

“Capitano”, rispondeva mastro Nino mentre fumava il suo trinciato, Io metto l’asino dove vuole il<br />

padrone … loro vogliono solo ritocchi ed io ritocco !”<br />

“Oh certo! ‐ rispondeva <strong>Carresi</strong> ‐ se è sufficiente per l’armatore, lo è anche per me!” e sorrideva<br />

allontanandosi. Poi qualche vecchio amico lo incontrava e discuteva <strong>del</strong>le condizioni<br />

meteorologiche, il Capitano alzava gli occhi su nel cielo, arricciava le narici e sentenziava:<br />

“Sta cambiando la direzione <strong>del</strong> vento … Se avrà forza ci sarà “lavatura”. Quando faceva siffatte<br />

affermazioni era difficile contestarlo.<br />

Nei primi anni <strong>del</strong> secolo, il veliero aveva raggiunto il massimo <strong><strong>del</strong>la</strong> perfezione sul piano<br />

strutturale. Già da anni si usava la carena in rame. A seconda <strong>del</strong> tonnellaggio <strong>del</strong> veliero si<br />

frazionava la velatura, per sfruttare meglio il vento anche ad altezze elevate; allo scopo di<br />

stringere meglio il vento si montavano rande leggere ma robuste.<br />

Le vele di cotone pesante o di tela venivano usate per naviglio a tre alberi; cotone leggero per il<br />

naviglio più piccolo.<br />

Il tre alberi era un veliero che toccava tutti i porti <strong>del</strong> mediterraneo e superava le cento<br />

tonnellate. L’albero di maestra piantato a centro scafo, era composto in alto da i “velacci”; a metà<br />

albero dalle vele di “gabbia”; nella parte inferiore dalla vela “maestra”.<br />

L’albero di trinchetto composto, al massimo, da cinque vele e relativi “pennoni” stava allocato a<br />

prua; l’albero di “mezzana”, il più corto, costituito da vele “belvedere”, vele di contromezzana,<br />

vele di mezzana.<br />

Le “sartie”, fissate allo scafo, sui fianchi fin su gli alberi, erano composte da lunghe corde che<br />

fissavano l’albero <strong><strong>del</strong>la</strong> nave, lo irrigidivano; queste lunghe corde erano legate trasversalmente tra<br />

loro formando dei gradini, che permettevano di raggiungere la “coffa” o i pennoni superiori. Sotto<br />

l’albero di mezzana vi era posta la “randa”, una vela “aurica”, inferiormente al “boma” e nella<br />

parte superiore al “picco”. A prua stavano fissati i “fiocchi,” vele di tipo latino dette anche di<br />

“taglio”.<br />

I vecchi marinai sapevano che il veliero si muoveva con le vele degli alberi superiori solo quando il<br />

vento veniva dritto alle stesse: con vele latine (fiocco, contro fiocco) il vento poteva anche essere<br />

di taglio per far muovere il bastimento.<br />

I maestri d’ascia guidavano il montaggio dei vari elementi che componevano un veliero: questi era<br />

pronti da un pezzo in zona. Poi il veliero veniva assemblato. Il calafataro, a sua volta, riscaldava la<br />

“pece bianca e nera” proveniente dai boschi calabri ed impermeabilizzava l’imbarcazione assieme<br />

alla “stoppa”.<br />

<strong>Carresi</strong> osservava assieme al Tarantino quelle operazioni di montaggio eseguiti con paranchi<br />

manuali, nel vocio <strong>del</strong>le tante persone che ruotavano attorno al veliero. E in tanto movimento ogni<br />

tanto chiacchierava con il padrone marittimo Luigi Purrone, commerciante <strong><strong>del</strong>la</strong> marina. Il<br />

Capitano gli chiedeva informazioni <strong>del</strong> cutter “San Giuseppe” acquistato in Sicilia ma costruito nel<br />

1892, un po’ vecchiotto.<br />

“Vecchiotto? … il San Giuseppe?” affermava Luigi Purrone sgranando gli occhi per la meraviglia.<br />

“Ancora non ha fatto i 50 anni di navigazione!” e il suo viso bonario si apriva in un simpatica risata<br />

che dilatava i suoi baffoni a manubrio.<br />

“Questo veliero si fermerà quando il mare si prosciugherà!” E giu un'altra risata che si trascinava<br />

anche il serioso Capitano <strong>Carresi</strong>.<br />

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