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Storia della famiglia del capitano Carresi Di Franco Caratozzolo

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D’inverno le ragazze conducevano la vita semplice di un piccolo paese <strong>del</strong> sud. Si davano da fare<br />

in casa, specie ora con il nuovo arrivato che aveva bisogno di tanta attenzione e cura. La domenica<br />

e le feste comandate, tutte insieme si recavano alla S.Messa, che si celebrava a Gioia nella chiesa<br />

madre al “Piano <strong>del</strong>le fosse”, il centro storico.<br />

La chiesa era posta di fronte al grande magazzino di Don Achille Normanno, commerciante<br />

campano, ottimo amico <strong>del</strong> <strong>capitano</strong> <strong>Carresi</strong>. Prima di avviarsi donna Felicia, faceva le solite<br />

raccomandazioni alle figlie: come un maresciallo:<br />

“Tenete gli occhi bassi, salutate educatamente, poi testa giù!” Ella era talmente insistente,<br />

pervicace, esagerata con queste raccomandazioni, che le figlie più grandicelle scimmiottavano la<br />

loro mamma, divertendosi per le risate.<br />

“Perché pure guardando si fa peccato … e allora lo dovete confessare !” diceva categoricamente<br />

Felicia.<br />

Ma lei aveva, un motivo valido per ripetere sempre quelle cose: non era solo un aspetto<br />

culturale, ma aveva notato che Fortunata, la primogenita, quando passava davanti la falegnameria<br />

di mastro Peppe Orlando o sulla piazzetta di fronte alla distilleria Cannizzaro, era solita girare la<br />

testa a 180° per guardare insistentemente un bel ragazzo biondo con gli occhi chiari di nome<br />

Francesco. Era costui figlio di Maria Minutolo, rimasta vedova in giovane età e Francesco<br />

<strong>Caratozzolo</strong> deceduto in Argentina. Felicia di cognome andava Patamia e il Patamia,Francesco,<br />

erano primi cugini.<br />

I coniugi <strong>Caratozzolo</strong> erano emigrati in Argentina, dopo essersi sposati prima civilmente<br />

nell’anno 1885 e, subito dopo, col rito di Santa Romana Chiesa. Poi, da Messina, assieme a tanti<br />

emigrati, lasciarono l’Italia. Il padre di Francesco, Tommaso, il viso rigato di lacrime, alla richiesta<br />

di Francesco: “Beneditemi padre!” rispose, come di consueto: “Ti benedico figlio!” e fece il segno<br />

<strong><strong>del</strong>la</strong> croce sulla sua fronte. Non era sicuro che lo avrebbe rivisto; ma Tommaso pensava, da<br />

vecchio, alla propria morte, non a quella <strong>del</strong> figlio Francesco. E non lo rivide più veramente.<br />

Francesco, quando decise di emigrare, era avanti negli anni (32). Fino ad allora aveva lavorato<br />

per la <strong>famiglia</strong>; nel sud si ha l’obbligo culturale e morale di far sposar prima le sorelle, solo dopo<br />

gli uomini si potevano ritenere liberi. Se poi le sorelle erano bruttine, si correva il rischio che gli<br />

uomini invecchiassero, e rimanessero “zitelli”. Comunque fosse, la paga bassa, la vita dura <strong>del</strong><br />

mare, le notizie provenienti dall’Argentina sulle ricchezze da sfruttare, lo spinsero a lasciare<br />

Bagnara per un futuro migliore. Ma voleva trovare una moglie nel suo paese d’origine, per seguire<br />

il detto: “Moglie e buoi dei paesi tuoi”. A parte l’età Francesco <strong>Caratozzolo</strong> era un bell’uomo:<br />

capelli castano chiari, divisi a metà, occhi azzurri e baffi alla siciliana. Abile marinaio, deciso e<br />

coraggioso, era una soddisfazione vederlo guidare la barca, alla barra <strong>del</strong> timone. Il padre<br />

Tommaso gli indicò una ragazza di circa vent’anni: Maria Minutolo. Originaria di Siderno, era<br />

orfana di entrambi i genitori. Una zia materna residente a Bagnara si era incaricata di accudirla.<br />

Era il tipo adatto a lui, pur senza dote: era un’ottima sarta, e ciò bastò a Francesco per chiedere la<br />

sua mano. Malgrado la differenza d’età, Maria accettò di buon grado il matrimonio: avere una<br />

<strong>famiglia</strong>, un futuro sicuro sia pure lontano da Bagnara era per lei, povera orfana, l’inizio di un<br />

sogno; sposarsi avere dei figli. Questo pensava Maria, mentre la nave a vapore si staccava dalla<br />

banchina <strong>del</strong> porto e si allontanava fino a diventare un punticino nell’azzurro <strong>del</strong> mare. Il vapore li<br />

stava conducendo, con un biglietto di terza classe, verso la lontana Argentina. A Buenos Aires i<br />

coniugi tramite il Consolato italiano e, con l’aiuto di parenti e amici, trovarono casa in un grosso<br />

rione <strong><strong>del</strong>la</strong> città: Palagonissa. Nel giugno <strong>del</strong> 1888 nacque la primogenita Giuseppina. Intanto,<br />

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