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Storia della famiglia del capitano Carresi Di Franco Caratozzolo

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Gli armatori gioiesi, ne ebbero una prima prova il 4 novembre <strong>del</strong> 1916. La Goletta a due alberi<br />

“Nuovo San Luigi” di 45 tonnellate, carico di merce varia, mentre navigava con destinazione<br />

Taranto, al largo di Capo Spartivento, fu affondato dal siluro di un sommergibile austriaco. Gli<br />

armatori di quel veliero erano i signori Saffioti Paolo di Santo, Mesta Salvatore, Saffioti Giovanni<br />

ed Auteri Saverio che lo comandava, residenti a Palmi ma domiciliati a Gioia Tauro. I primi tre<br />

stavano discutendo con lo spedizioniere signor Pizi Nestore, <strong><strong>del</strong>la</strong> possibilità di fare un viaggio in<br />

Sicilia con botti piene di vino e olio, fino a Palermo, quando una telefonata interruppe le loro<br />

discussioni. Erano i reali Carabinieri che comunicavano di aver ricevuto dalla Capitaneria di Porto<br />

di Reggio Calabria il seguente telegramma: “La nave Goletta Nuovo San Luigi è stata affondata al<br />

largo di Capo Spartivento da un sommergibile Austriaco, vi sono 4 uomini feriti, ma salvi tutti !<br />

Attendiamo o l’armatore o lo spedizioniere !‐<br />

“Signor Pizi andateci voi ‐ disse il Saffioti.<br />

Il <strong>capitano</strong> Mesta era incredulo; prese in mano il telefono e cominciò a parlare:<br />

“Veramente maresciallo? Possibile che abbiano silurato una nave a vela? “<br />

“Certo che è possibile”‐ rispondeva il maresciallo Pizzuto ‐ la guerra è guerra per tutti! non<br />

conosce raccomandati!” e attorcigliandosi i baffoni a manubrio come fosse canapa riprendeva:<br />

“Ora vorrei i nomi e i cognomi <strong>del</strong>l’equipaggio e il tipo di carico, così contestiamo ai nemici che il<br />

veliero non era armato; eventualmente gli chiederemo i danni!” scherzava il maresciallo. Lo<br />

spedizioniere riprese il telefono e diede l’elenco <strong>del</strong>l’equipaggio, assieme alla tipologia di merce<br />

trasportata: 8 uomini più il comandante, legname per il cantiere navale di Taranto.<br />

La notizia si sparse immediatamente e fece molta impressione a Gioia Tauro. Finora la guerra era<br />

passata dalla cittadina con qualche soldato deceduto. Ora gli armatori cominciavano a<br />

preoccuparsi, davvero, <strong><strong>del</strong>la</strong> sorte dei propri velieri. Come Felicia, ma suo marito conoscendola<br />

bene, con un telegramma la tranquillizzava.<br />

La guerra fu lunga, difficile. I soldati di leva se scampavano alle pallottole e ai gas nemici, non<br />

sfuggivano alla Corte marziale italiana, per via di quei rifiuti a farsi massacrare con attacchi inutili.<br />

Intanto la guerra si combatteva, come s’è visto anche in mare, nei nostri mari. Così tra Caporetto,<br />

l’intervento Americano, la fine <strong>del</strong>lo Zar in Russia e la nascita <strong>del</strong> primo paese socialista nel<br />

mondo, la marineria gioiese fu di nuovo sconvolta dall’affondamento <strong>del</strong> tre alberi Brigantino “San<br />

Giovanni” di 158 tonnellate. La notte <strong>del</strong> 10 dicembre 1917 gli armatori Patamia Francesco fu<br />

Rosario di Bagnara, domiciliato a Gioia Tauro in via Tripodi, e Costa Antonino socio di minoranza<br />

<strong>del</strong> suocero, in via Solferino, furono svegliati e invitati in caserma. Spaventati gli armatori vi si<br />

recarono e furono avvisati che il loro Brigantino “San Giovanni” , aveva urtato una mina nel Golfo<br />

di sant’Eufemia Lamezia: vi furono 2 morti e 5 feriti.<br />

Non migliore sorte toccò al brigantino a tre alberi “Virginia Gentile” di 140 tonnellate nuovissima,<br />

avendo quattro anni di vita, appena. Identica sorte toccò al Brigantino “Sant’Antonio da Padova”<br />

di 113 tonnellate <strong>del</strong>l’armatore Gentile Giuseppe di Nicola residente a Palmi, affondato dal siluro<br />

di un sommergibile nelle acque di Capo San Vito (Taranto) con un equipaggio di 20 persone: 5 feriti<br />

e tanta paura. Ennesimo affondamento dovuto ad un sommergibile fu il Brigantino‐goletta <strong>del</strong><br />

Capitano Gentile Vincenzo di 163 tonnellate di Palmi, carico di legname e frutta secca al largo <strong><strong>del</strong>la</strong><br />

Tunisia. Affondò anche la goletta “Maria S.S. <strong>del</strong>le Grazie” di 44 tonnellate <strong>del</strong>l’armatore Alessio<br />

Pasquale, bombardata da una nave militare prussiana nella primavera <strong>del</strong> 1917. Gli armatori<br />

Patamia Francesco e Gentile Vincenzo, negli anni <strong><strong>del</strong>la</strong> 1° guerra mondiale persero diversi legni.<br />

L’ultimo <strong><strong>del</strong>la</strong> serie fu il Brigantino “Assunzione” <strong>del</strong> Gentile, di 155 tonnellate affondato a largo di<br />

Fiumicino.<br />

La guerra lungi dal portare fortuna alle imprese, portò morti, feriti con mutilazioni gravi, crisi<br />

economica, tensioni sociali.<br />

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