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Dic. 2010 - Bersaglieri Paceco

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amarcord<br />

Potenza<br />

L’Inno di Goffredo Mameli intonato<br />

a Potenza a gran voce con visibile<br />

emozione, come accade nella<br />

celebrazione di riti collettivi, la benedizione<br />

del Vescovo Superbo, la<br />

deposizione di una corona d’alloro<br />

alle vittime dell’insurrezione lucana,<br />

lo scoprimento di una lapide commemorativa<br />

“18 Agosto 1860 - 18<br />

Agosto <strong>2010</strong>, Potenza città capoluogo<br />

e del Risorgimento”, colpi di fucile<br />

a salve dal balcone del Palazzo<br />

di Città, l’inaugurazione della mostra<br />

“La finestra documentaria 1799-<br />

1860”, per seguire le tappe di un<br />

passaggio storico dal governo borbonico<br />

al governo sabaudo, canti e<br />

balli in via Pretoria e in piazza Mario<br />

Pagano, in costume d’epoca, per<br />

ricreare l’ambiente in cui si verificò<br />

l’insurrezione del 18 agosto 1860,<br />

con la quale la città cacciò i Borboni<br />

e permise l’insediamento del governo<br />

proto-dittatoriale, decretato da Re<br />

Vittorio Emanuele II.<br />

Questi i momenti delle celebrazioni<br />

per il 150° anniversario dell’Unità<br />

d’Italia nel capoluogo lucano.<br />

Celebrazioni, ma anche riflessione<br />

su eventi che hanno segnato fortemente<br />

la storia della Basilicata e<br />

dell’Italia tutta, in un convegno con<br />

relatori: il Sindaco di Potenza, Vito<br />

Santarsiero; il Sindaco di Bari, Michele<br />

Emiliano; i presidenti della<br />

giunta e del consiglio regionale, De<br />

Filippo e Folino; il Prefetto di Potenza,<br />

Dott. Luigi Riccio; il Senatore<br />

a vita Emilio Colombo; il Presidente<br />

della Provincia di Potenza, La Corazza<br />

ed inoltre: 28 Sindaci; diversi<br />

consiglieri comunali, provinciali e<br />

regionali e numerosi cittadini interessati<br />

a capire, a valutare e criticare<br />

una rievocazione della cui portata<br />

“non ci si può rendere conto”, ha affermato<br />

il Professore Antonio Lerra,<br />

Presidente della Deputazione di Storia<br />

Patria che ha soggiunto: “...se e<br />

non ci si cala nell’alveo della storia<br />

e non si rendono ricorrenti tali manifestazioni”.<br />

E’ il Sindaco Vito Santarsiero a<br />

44<br />

chiedere ufficialmente che la celebrazione<br />

del 18 Agosto diventi annuale<br />

per meglio radicarsi nella coscienza<br />

dei cittadini, perché ...”la<br />

storia di Potenza è la storia di un<br />

forte sentire liberale, unitario e autonomista.<br />

La nostra è stata la prima<br />

provincia a insorgere e a insediare<br />

un governo provvisorio prima che<br />

Garibaldi passasse lo stretto di Messina”.<br />

Il Prefetto Luigi Riccio ha sottolineato<br />

che a Potenza è stata innalzata<br />

la prima bandiera italiana e che la<br />

città è Medaglia d’Oro del Risorgimento,<br />

riconoscimento conseguito<br />

solo da cinque città italiane.<br />

Da un articolo di Lorenza Colicigno<br />

in “La Gazzetta del Mezzogiorno”-<br />

Edizione: Potenza Città del 19<br />

agosto <strong>2010</strong>.<br />

Voghera<br />

Testimone di una disfatta. Testimone<br />

di una Voghera triste e disperata,<br />

stretta nella morsa dell’occupante<br />

tedesco, che cingeva d’assedio<br />

la caserma di cavalleria, dove stavano<br />

ammassati migliaia di soldati italiani<br />

lasciati alla mercé dei nazisti<br />

dopo la firma dell’armistizio con gli<br />

angloamericani a cui aveva fatto seguito<br />

la fuga vergognosa del re, di<br />

Badoglio e dei più alti vertici politici<br />

e militari, preoccupati solo di salvare<br />

la pelle, mentre l’Esercito, privo<br />

di ordini precisi, si sfasciava.<br />

Era 1’8 settembre del’43. Sono<br />

trascorsi sessantasei anni da quel<br />

giorno tragico, ma Romano Pandolfi,<br />

romagnolo di Novafeltria, Bersagliere,<br />

ora trapiantato a Roma, dopo<br />

quasi vent’anni trascorsi dapprima a<br />

Ivrea e poi a Milano, impiegato alla<br />

Olivetti; conserva nitidi ricordi.<br />

«Avevo 16 anni - racconta - da Savona,<br />

dove con due amici, Giovanni<br />

Zavoli e Matteo Bugli, stavo lavorando<br />

in un cantiere per la realizzazione<br />

di una galleria, decidemmo di<br />

tornare a casa non appena sentito<br />

l’annuncio di Badoglio alla radio<br />

che la guerra era finita. Rammento<br />

che all’ingresso del porto di Savona<br />

erano stati affondati due piroscafi e<br />

una nave posa cavi. Prendemmo il<br />

treno, all’ingresso della stazione<br />

c’erano, minacciosi, i tedeschi con<br />

una mitragliatrice, ma riuscimmo a<br />

passare. Giunti a Voghera improvvisamente<br />

ci ordinarono di scendere.<br />

Nel piazzale c’era un tedesco della<br />

“feldgendarmerie” che urlava “raus<br />

raus”. In quella confusione, fummo<br />

spinti con gli altri verso l’uscita.<br />

“Siamo dei ragazzi, siamo dei civili,<br />

non dei militari”, provammo a protestare,<br />

ma un altro nazista ci spianò<br />

il mitra sotto il naso e ci spinse fuori».<br />

«Fummo incolonnati e condotti a<br />

piedi verso un grande edificio, seppi<br />

poi che si trattava di una caserma di<br />

cavalleria - continua Pandolfi -<br />

Quando ribadimmo il concetto del<br />

nostro essere civili, e non soldati, ci<br />

risposero con delle risate. Trascorremmo<br />

la notte in una grande camerata<br />

dove stavano ammassate centinaia<br />

di persone, perlopiù militari. Ad<br />

un ufficiale italiano spiegammo chi<br />

eravamo e lui l’indomani mattina<br />

provò a spiegare ai tedeschi che stavano<br />

commettendo un errore. Io,<br />

Giovanni e Matteo eravamo terrorizzati,<br />

avevamo sentito gli altri parlare,<br />

c’era chi diceva che ci avrebbero<br />

deportato in Germania e chi invece<br />

che ci avrebbero fucilato tutti. Ma<br />

noi non volevamo morire e tornare a<br />

a casa dai nostri fratelli e dai nostri<br />

genitori. Cosa c’entravamo con la<br />

guerra?. “Al mattino ci portarono<br />

davanti ad una commissione dopo<br />

che un tedesco ci aveva fatto radunare<br />

le maschere antigas e dargli fuoco.<br />

Ricordo che erano in 7 o 8 seduti<br />

ad un tavolo, c’erano anche due con<br />

il distintivo della Croce Rossa, mentre<br />

un ufficiale italiano invitava i<br />

soldati a continuare a combattere accanto<br />

al vecchio alleato germanico,<br />

ma per risposta solo mugugni o peggio.<br />

Mostrammo i nostri libretti di<br />

lavoro e infine riuscimmo a farci<br />

aprire il portone della caserma. Fuori<br />

la strada era sbarrata dai cavalli di<br />

frisia dietro cui stavano dei tedeschi

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