La strada del formaggio - Gustolocale

Non vi è, in questi locali, un obbligo di menù considerato come il nostro (antipasto,
primo, secondo e dolce) ma in larghissima parte si mangia un’entrée ed un altro piatto.
Il che modifica anche le quantità: sono, per il nostro gusto, piatti enormi, molto conditi,
dai sapori sempre ben definiti.
In questo senso si ha una cucina “italiota” (i latini direbbero absit iniuria verbis) o, se
preferite, una cucina “italo-americana”, le cui radici sono legate alla nostra terra ma non
hanno subito l’evoluzione del gusto che noi consideriamo ormai obbligatoria.
Vi sono, a fianco di questi, locali ove tutto è più vicino al nostro gusto, alla nostra maniera
di far cucina: penso ad un locale di un veneto d’Arquà Petrarca (così si chiama il suo
locale: “Arquà”) ove è viva una cucina d’ottima preparazione, d’intelligente costruzione e
di buon gusto: ottimi i taglierini ai frutti di mare o i ravioli di melanzana, tanto quanto il
fegato alla veneziana, da manuale nella dolcezza e morbidità. Ma sono, evidentemente,
i frutti di una generazione che è arrivata a New York già preparata professionalmente e
non da emigrante.
La cucina francese infatti, giunta qui per fare business con cuochi già preparati, è canonicamente
legata ai piatti della madre terra senza variazioni di rilievo: ho provato una
zuppa di cipolle gratinata al Cafè Luxembourg che nulla aveva ad invidiare a quelle di
Parigi ed il “croque Monsieur” de Le Bistrot era pari a quello che si mangia a Montmartre.
Il che non vuol dire che non vi sia una cucina italiana sofisticata e colta, una cucina
regionale che negli ultimi anni si è imposta sul mercato per le grandi capacità, tanto che
sta per iniziare il lavoro dell’Italian Culinary Experience, una scuola professionale di
cucina italiana. Scuola da costi tipici delle Università Americane (circa 37 mila euro per
29 settimane di studio) si svolgerà sia a New York sia in Italia (a Colorno da Gualtiero
Marchesi) e poi in giro per ristoranti italiani.
Ed inoltre la cucina italiana sta vivendo un periodo bellissimo legato alla presenza di
personaggi di rilievo, da Mario Batali (italiano, ma nato e cresciuto a Seattle), al
fascinoso Rocco Di Spirito che è divenuto famoso con un programma televisivo “The
Restaurant”, alla Giada De Laurentis che, pur avendo studiato al Cordon Bleu di Parigi,
propone ricette tradizionali regionali italiane con molto buon gusto.
La cucina italiana è dunque in grand’evoluzione, anche se le polpette con la pasta (le
meat balls) ancora imperversano nei locali di cucina italo-americana. Ed anche se si va
verso il meglio è forse preferibile provare una bistecca dal mitico Peter Luger a Brooklin
(si paga solo per contanti), o da Gallagher a Manhattan o da Smith e Wollensky, pietre
miliari della famose “sirloin” o “T bone”.
Alfredo Pelle
La cucina “italiota”
dei Ristoranti di New York
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