nasce la sensibilità al glutine - Adi

ADI MAGAZINE 3, 2011; 15 - www.adiitalia.com
LA DIETA OTTIMALE
F. Contaldo, C. Finelli*, F. Pasanisi
Centro Interuniversitario di Studi e Ricerche sull’Obesità ed i Disturbi del Comportamento Alimentare, Dipartimento di Medicina Clinica
e Sperimentale, Università Federico II Napoli
* Fondazione Stella Maris Mediterraneo, Centro Disturbi del Comportamento Alimentare e del Peso “G. Gioia”, Chiaromonte, Potenza
Introduzione
L’alimentazione dell’uomo può anche essere considerata
il prodotto di un comportamento se lo si
intende come una relazione bio-psichica con
l’ambiente esterno. Nel caso del comportamento
alimentare tale relazione va vista in rapporto ad una
funzione che è anche / soprattutto biologica ed è
finalizzata, attraverso il mantenimento di un buono
stato di nutrizione, al benessere o buona salute dell’individuo.
L’alimentazione, quindi, potrà essere definita “corretta
o ottimale” se, nell’ambito del contesto biologico
e sociale dell’individuo, consente uno stato di
salute adeguato ai bisogni della sua vita di relazione.
La corretta o sana alimentazione riconosce elementi
invariabili o stabili ma anche elementi variabili
sia tra gli individui che all’interno dello stesso individuo.
Fondamentale nel comprendere queste componenti
è l’interazione tra genotipo individuale e
l’alimentazione effettuata nei vari periodi della vita
nel suo contesto ambientale.
Interazione alimentazione / genotipo
Le leggi generali dell’adattamento
Non vi è dubbio che la moderna biologia ispira gran
parte dei suoi fondamenti scientifici alla legge
generale darwiniana dell’adattamento o selezione
naturale. Questa legge, ben nota, identifica nella
selezione di uno speciale genotipo la migliore capacità
di interagire con l’ambiente circostante al fine
di una maggiore probabilità di sopravvivenza del
singolo individuo e quindi della specie, in particolare
di quella determinata comunità di individui che
vive in quel determinato ambiente residenziale. La
selezione genetica - in condizioni di vita ordinaria e
quindi senza le manipolazione tecnologiche dell’uomo
- è un processo trans-generazionale, soprattutto
se osservato come modifica di una popolazione
o di un largo gruppo di individui, e si realizza
nell’arco in genere di millenni. Giustifica ad esempio
alcune “curiosità” biologiche come la persisten-
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za della “lattasi intestinale” nelle popolazioni dedite
alla pastorizia, comunque con una sussistenza
dipendente soprattutto dal bestiame allevato, dal
loro latte e derivati; oppure la prevalenza del tratto
talassemico nelle aree geografiche a forte presenza
del plasmodio della malaria, in quanto tale tratto
risulta protettivo del rischio di infezione malarica
etc. In altre parole selezione naturale per migliorare
la sopravvivenza significa modifiche, anche modestissime,
del genotipo originario non necessariamente
collegabili al miglioramento dello stato di
salute, in particolare delle funzioni biologiche connesse
alla salute nell’età adulta ed alla longevità.
La selezione naturale giustifica anche le differenze
tra specie affini come la selezione (intesa anche
come evoluzione) dell’Homo sapiens a partire dai
predecessori Ominidi, ma anche quelle tra comunità
di individui insediatesi e poi moltiplicatesi in uno
specifico habitat: in altre parole le differenze cosiddette
inter-razziali. Come si sa il concetto di razza
ha subito interpretazioni anche negative in particolari
contesti sociali, storici e politici, soprattutto
negli ultimi due secoli. Oggi, anche per evitare
incomprensioni e speculazioni si preferisce - grazie
a documentate evidenze scientifiche - riconoscere
peculiarità e differenze etniche piuttosto che razziali,
dando quindi preferenza agli aspetti culturali
adattativi piuttosto che a quelli genetici e biologici.
Negli ultimi anni, accanto al tradizionale concetto
di selezione naturale, utilizzato per interpretare i
rapporti tra genetica individuale ed ambiente, si è
aggiunta l’analisi di tale interazione in funzione dell’età
biologica dell’individuo. Specificamente i fattori
ambientali possono esercitare una influenza
diretta sull’espressione del genotipo quando
l’individuo si trova nell’età dello sviluppo, in particolare
l’età perinatale. Tale interazione, definita in
termini anglosassoni “developmental plasticity”
(Bateson et al 2004, Gluckman et al 2009), chiama
in causa una particolare plasticità biologica presente
solo in alcuni periodi della vita ma capace di condizionare
l’intero arco vitale del singolo individuo,
anche di trasmettersi alle generazioni successive.
Tale fenomeno (developmental plasticity) risulta di
particolare interesse nella specie umana, sostanzial-