nasce la sensibilità al glutine - Adi

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190 Tabella 1. Le conseguenze della sindrome da refeeding dovute ad alterazioni elettrolitiche 5,10,11,12,13,14,15,16 Cardiache Respiratorie Epatiche Renali Gastro- Neuro- Ematologiche Metaboliche intestinali muscolari Ipofosfatemia Alterazione Acuta Disfunzioni a Insufficienza Nausea Letargia Anemia Riduzione della funzione ventilazione livello ematico renale acuta emolitica dell’ossigeno miocardica Debolezza rilasciato ai Perdita di Alterazione tessuti dall’e- Aritmia cardiaca glucosio e Paralisi della globuli moglobina bicarbonato Confusine Coma bianchi Emorragie Deficit del 2,3, Debolezza del diphosphoglydiaframma cerate nei globuli rossi Ipopotassiemia Aritmia cardiaca Depressione Encefalopatia Diminuita abilità Costipazione Paralisi Intolleranza a livello epatica di concentrare del glucosio Arresto cardiaco respiratorio le urine Rabdomiolisi Cambiamenti Poliuria e nell’ECG polidipsia Ipomagnesemia Artimia cardiaca Depressione Diminuzione del GFR Aumento della Dolore Atassia Ipocalcemia a livello perdita di addominale Tachicarcadia respiratorio potassio Diarrea Confusione Ipopotassiemia Costipazione Tremori muscolari ADI MAGAZINE 3, 2011; 15 - www.adiitalia.com Bilancio idrico Aritmia cardiaca Oedema Infiltrazione Irritabilità Coma non Iperglicaemia e glucosio polmonare lipidica a ketonico Hypernatremia livello epatico Iperosmotico or hyponatremia
ADI MAGAZINE 3, 2011; 15 - www.adiitalia.com IL CONSUMO DI PROTEINE ANIMALI: LA CO-EVOLUZIONE DELL’UOMO E DELLA SUA DIETA ANIMAL PROTEIN CONSUMPTION: THE HUMAN AND DIETARY CO-EVOLUTION A. Buccioni1 *, M. Mele2 , G. Pulina3 1 2 Dipartimento di Biotecnologie Agrarie, Università di Firenze - Dipartimento di Agronomia e Gestione dell’Agroecosistema, Università di Pisa 3 Dipartimento di Scienze Zootecniche, Università di Sassari Parole chiave: prodotti di origine animale, dieta umana, acidi grassi polinsaturi. Keywords: animal products, human diet, polyunsaturated fatty acids. Riassunto Secondo i paleoantropologi, l’uomo del neolitico assumeva carne in quantità pari a circa 4 volte quanta l’uomo moderno ne assume oggi. L’agricoltura nel tempo ha ridotto notevolmente la molteplicità nutrizionale cui aveva accesso l’uomo nel suo percorso evolutivo pre-agricolo ed attualmente oltre il 70% delle calorie ingerite giornalmente dall’uomo moderno derivano da alimenti che semplicemente non esistevano per l’uomo neolitico. Questi cambiamenti, assieme all’introduzione nella dieta dell’uomo moderno di elevate quantità di oli di semi, grassi idrogenati, zuccheri semplici raffinati, farine raffinate, sono considerati tra i maggiori fattori dietetici che predispongono allo sviluppo di alcune patologie come diabete, obesità e disturbi dell’apparato cardio-circolatorio che affliggono le società sviluppate. I progressi ottenuti nell’ambito delle scienze animali negli ultimi 50 anni sono in grado di fornire gli strumenti conoscitivi necessari ad approntare sistemi di produzione in grado di migliorare la qualità nutrizionale di molti prodotti di origine animale, agendo sia sull’alimentazione degli animali sia sulle tecniche di allevamento. Introduzione Gli alimenti di origine animale utilizzati da sempre dall’uomo sono rappresentati dalla carne degli animali selvatici e domestici e, talvolta, dal loro sangue, dal latte prodotto da alcuni mammiferi, per lo più ruminanti, dal pesce e dalle uova. Tutti questi alimenti, con la sola eccezione del sangue che, peraltro, viene utilizzato oggi solo da alcune popolazioni nomadi come i Masai, essendo stato messo 191 al bando per motivi igienici dalle nostre parti, hanno una componente lipidica più o meno cospicua. Fino a poche decine di anni or sono tale frazione lipidica era considerata una componente “ricca” e, quindi, desiderabile dalle popolazioni anche del nostro continente: il maiale doveva essere grasso perché doveva fornire, oltre ai tagli giustamente grassi per la trasformazione, prodotti usati per cucinare quali il lardo e lo strutto; il latte migliore era quello più cremoso, ovvero più ricco di panna. La tendenza a preferire alimenti di origine animale ricchi di grassi era anche dovuta al tipo di vita che i nostri antenati conducevano: il lavoro ed i trasporti non erano in gran parte affidati alle macchine come adesso, ma all’apparato muscolo-scheletrico ed era necessaria una dieta ad elevata concentrazione energetica, essendo il più delle volte quantitativamente scarsa. L’incidenza delle malattie cardiovascolari conseguenza dell’ipercolesterolemia era sicuramente più bassa, soprattutto perché l’aspettativa media di vita era più breve 1 . Oggi la situazione è completamente rovesciata. La vita media più lunga fa sì che il sistema vascolare sia sottoposto più a lungo all’eventualità di aterogenesi e trombogenesi; l’attività fisica ridotta ed, in alcuni casi, quasi totalmente assente, associata ad una alimentazione ipercalorica, porta ad una diffusione sempre maggiore delle persone con problemi di obesità, con tutte le conseguenze del caso sullo stato di salute; la relativa carenza di fibre nella dieta sembra favorire l’insorgenza di tumori del digerente. Ci siamo posti allora la domanda: il grasso animale fa bene o fa male? È possibile che sia completamente cattivo? La domanda è retorica, poiché la risposta è nota da tempo. Che alcuni acidi grassi insaturi siano indispensabili come le vitamine e gli aminoacidi essenziali lo si sa da un bel po’! E allora, est modus in rebus. Il confine fra nutrizionalmente utile e nocivo sta nella quantità di grasso assunto con la dieta e nella qualità 2 .
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