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nasce la sensibilità al glutine - Adi

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ti a basso indice glicemico e con apporto re<strong>la</strong>tivamente<br />

elevato di proteine era <strong>la</strong> più efficace nel<br />

mantenere il peso corporeo.<br />

Un <strong>al</strong>tro studio epidemiologico (Romaguera et <strong>al</strong><br />

2009) condotto in dieci paesi europei confermava<br />

una certa efficacia del<strong>la</strong> Dieta Mediterranea nel<br />

contrastare nel tempo sia l’incremento assoluto che<br />

a carico del distretto viscer<strong>al</strong>e di tessuto adiposo.<br />

D<strong>al</strong>l’insieme di questi studi si può ragionevolmente<br />

concludere che <strong>la</strong> Dieta Mediterranea, o comunque<br />

schemi dietetici che si ispirano a questo tipo di <strong>al</strong>imentazione,<br />

esercitano un effetto benefico nel<strong>la</strong> prevenzione<br />

e terapia dell’obesità e patologie corre<strong>la</strong>te.<br />

Dieta e genotipo predisponente l’obesità<br />

La Nutrigenomica (gli effetti del<strong>la</strong> composizione<br />

del<strong>la</strong> dieta sull’espressione del genoma) e <strong>la</strong> Nutrigenetica<br />

(re<strong>la</strong>zione tra patrimonio genetico e risposta<br />

del<strong>la</strong> dieta) sono temi re<strong>la</strong>tivamente recenti in<br />

Nutrizione Clinica. In partico<strong>la</strong>re <strong>la</strong> Nutrigenetica è<br />

stata utilizzata nel<strong>la</strong> dietoterapia dell’Obesità. Gli<br />

studi disponibili sono ancora pochi ma queste ricerche<br />

(Grau et <strong>al</strong> 2009) dimostrerebbero che <strong>la</strong> dieta<br />

ipolipidica, moderatamente ipoc<strong>al</strong>orica, ridurrebbe<br />

<strong>la</strong> frequenza di drop-out (interruzione del<strong>la</strong> dieta)<br />

nei portatori del genotipo FTO - predisponente<br />

l’obesità -: inoltre in corso di t<strong>al</strong>e dieta i soggetti<br />

portatori del genotipo FTO avrebbero una riduzione<br />

minore del Metabolismo a Riposo (RMR) nonché<br />

un miglioramento più marcato del<strong>la</strong> <strong>sensibilità</strong><br />

<strong>al</strong>l’Insulina (entrambi elementi chiave del<strong>la</strong> resistenza<br />

<strong>al</strong><strong>la</strong> perdita di peso). Un <strong>al</strong>tro studio dimostra<br />

che <strong>la</strong> Dieta Mediterranea ridurrebbe l’incremento<br />

ponder<strong>al</strong>e, in periodi di osservazione di tre anni, nei<br />

soggetti portatori di genotipo FTO (Razquin et <strong>al</strong><br />

2010).<br />

In conclusione, <strong>la</strong> dieta moderatamente ipolipidica,<br />

molto vicina <strong>al</strong>le caratteristiche del<strong>la</strong> Dieta Mediterranea,<br />

sembra avere un qu<strong>al</strong>che modesto ma utile<br />

e significativo vantaggio rispetto ad <strong>al</strong>tri tipi di<br />

dieta a differente composizione in macronutrienti<br />

anche per quanto concerne l’interazione tra fattori<br />

genetici predisponenti l’obesità ed efficacia sul<strong>la</strong><br />

perdita di peso.<br />

Grassi del<strong>la</strong> dieta e genesi dell’obesità<br />

Insieme agli <strong>al</strong>imenti ricchi in zuccheri semplici ed<br />

ai soft drinks, gli <strong>al</strong>imenti partico<strong>la</strong>rmente ricchi in<br />

grassi rappresentano “i veicoli <strong>al</strong>imentari più comuni,<br />

facili da reperire ed economici” che facilitano<br />

l’eccessiva assunzione di c<strong>al</strong>orie.<br />

ADI MAGAZINE 3, 2011; 15 - www.adiit<strong>al</strong>ia.com<br />

Ne consegue che <strong>la</strong> cronica riduzione dell’apporto<br />

lipidico può indurre nel tempo una modesta ma<br />

significativa perdita di peso. È quanto è stato osservato<br />

in studi di popo<strong>la</strong>zione (Howard et <strong>al</strong> 2006),<br />

soprattutto di donne adulte, e confermato anche da<br />

una recente an<strong>al</strong>isi di G Bray (2011): è evidente <strong>la</strong><br />

variazione del peso corporeo, anche se modesta<br />

(circa 1. 5 kg di perdita o di incremento nell’arco di<br />

sette anni), a secondo del<strong>la</strong> riduzione o dell’incremento<br />

di grassi nel<strong>la</strong> dieta. L’ipotesi patogenetica<br />

di t<strong>al</strong>e osservazione, sostenuta da <strong>al</strong>cuni ricercatori<br />

compreso il nostro gruppo di ricerca (Marra et <strong>al</strong><br />

2004), è che in molti soggetti predisposti <strong>al</strong>l’eccesso<br />

di grasso corporeo sarebbe presente un modesto<br />

deficit ossidativo dei lipidi.<br />

Anche <strong>la</strong> tipologia dei grassi assunti con <strong>la</strong> dieta<br />

potrebbe avere un impatto sull’accumulo di grasso<br />

corporeo. Studi prospettici, condotti soprattutto<br />

sulle infermiere americane (Nurses’ He<strong>al</strong>th Study)<br />

dimostrerebbero un modesto incremento ponder<strong>al</strong>e<br />

(0,5 - 1,0 kg ) e del<strong>la</strong> circonferenza dei fianchi (2.7<br />

cm in media) in presenza di un consumo più elevato<br />

di trans-fatty-acids TFA, o acidi grassi trans in un<br />

follow-up di circa 8 anni; t<strong>al</strong>i osservazioni troverebbero<br />

conferme in studi speriment<strong>al</strong>i condotti<br />

sulle scimmie, anche se a tutt’oggi il meccanismo<br />

patogenetico non è ancora chiaro (Thompson et <strong>al</strong><br />

2011, Carty et <strong>al</strong> 2011, Howard et <strong>al</strong> 2006). Viceversa,<br />

studi nel ratto effettuati somministrando acidi<br />

grassi del<strong>la</strong> serie omega-3 dimostrano una riduzione<br />

dell’accumulo di grasso soprattutto a livello epididim<strong>al</strong>e<br />

(il corrispondente del grasso viscer<strong>al</strong>e<br />

del<strong>la</strong> specie umana) (Buckley e Howe, 2009).<br />

Re<strong>la</strong>zioni soci<strong>al</strong>i e genesi dell’obesità<br />

Un recente articolo (Christakis and Fowler 2007)<br />

pubblicato sul<strong>la</strong> prestigiosa rivista di medicina The<br />

New Eng<strong>la</strong>nd Journ<strong>al</strong> of Medicine ha sollevato<br />

grande sc<strong>al</strong>pore, anche mediatico, in quanto ha<br />

sostenuto che le frequentazioni abitu<strong>al</strong>i, in <strong>al</strong>tre<br />

parole gli amici, contribuiscono a condizionare sensibilmente<br />

il nostro peso corporeo. Successivamente<br />

t<strong>al</strong>e ipotesi è stata contestata da <strong>al</strong>tri ricercatori<br />

(Cohen-Cole e Fletcher 2008) i qu<strong>al</strong>i hanno dato più<br />

importanza <strong>al</strong>l’ambiente di vita che, a sua volta,<br />

condizionerebbe <strong>la</strong> scelta degli “amici”. In termini<br />

di economia sanitaria e di medicina preventiva si<br />

tratta di due posizioni molto diverse: nell’ultimo<br />

caso è importante un intervento soci<strong>al</strong>e per migliorare<br />

le condizioni di vita, nell’<strong>al</strong>tro caso <strong>la</strong> responsabilità<br />

sarebbe più individu<strong>al</strong>e e non richiederebbe

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