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BRIXIA SACRA<br />

quale (egli disse) il papa aveva riconosciuto i diritti spirituali dell’ordinario e<br />

non aveva assunto alcuna decisione circa quelli patrimoniali, replicò di essere<br />

stato ospitato nella chiesa perché stava viaggiando attraverso la regione di Gambara<br />

alla fine della giornata, e non in quanto vantasse diritti di proprietà (ius in<br />

proprietate). Il problema venne quindi sottoposto al vescovo di Bamberga per il<br />

giudizio, prima del quale numerosi testimoni confermarono con giuramento<br />

che il vescovo aveva dichiarato, in presenza dell’imperatore, di essersi fermato<br />

nella chiesa di Gambara trovandosi al tramonto e non perché la possedesse, o<br />

dipendesse da lui in qualcosa, ad eccezione dei diritti spirituali. Il vescovo di<br />

Bamberga decise in favore del cenobio e tale sentenza fu confermata, nel terzo<br />

momento, dall’imperatore, nelle cui mani (secondo Osberto) il presule «pose<br />

termine [alla disputa] ... tramite una certa berretta», presumibilmente la medesima<br />

berretta con la quale il pontefice aveva investito l’abate, e (a parere di Ottone)<br />

rinunciò a tutte le rivendicazioni temporali su questa chiesa (136-138) 77 .<br />

Il vescovo, tuttavia, non desistette a lungo. Giovanni, il successore di Raimondo,<br />

venne accolto nella chiesa di Gambara in hospitio et comestione, secondo<br />

Lorenzo di Gambara, e v’introdusse dei chierici (169); quando Federico<br />

Barbarossa giunse a Leno nel 1185, secondo Ottone di Leno, il presule chiese<br />

la conferma di tutte le decime novali dell’intera diocesi 78 . L’imperatore<br />

replicò che egli intendeva<br />

salvaguardare le concessioni ed i doni rilasciati da lui stesso e dai suoi predecessori al<br />

monastero di Leno, tuttavia il vescovo non voleva ricever[li] a meno che fossero senza<br />

restrizioni (pure) e l’imperatore affermò che lo stesso presule avrebbe dovuto chiedere<br />

nelle chiese dell’abbazia, ed egli [il vescovo] non disse nulla.<br />

Ottone, il quale si trovava «sopra la galleria dell’ospizio di Leno, dove l’imperatore<br />

presiedeva» e comprese Federico perché conosceva il latino, sostenne<br />

che l’imperatore proibì al vescovo, per il dovere di obbedienza, di rimanere<br />

quel giorno nell’ospizio del cenobio «ed il vescovo di Brescia, perciò, si recò<br />

nella serata o a Porzano, o a Bagnolo» (179).<br />

Può apparire singolare come, a questa distanza di tempo, il monastero invochi<br />

due volte l’intervento dell’imperatore, in un intervallo di tempo di 27 anni,<br />

su una questione apparentemente così insignificante. Il diritto di ospitalità, tuttavia,<br />

era un privilegio significativo. Gregorio VII aveva esplicitamente reso il<br />

monastero esente da fodrum, mansionaticum, paratas ed altre pubbliche funzioni<br />

e, mentre aveva versato il fodrum agli imperatori, incluso lo stesso Federico, l’abate<br />

aveva senza dubbio timore che il presule sarebbe stato un ospite molto più<br />

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