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BRIXIA SACRA<br />

187), ma Gerardo di Pavone specificò che alcune terre conosciute come de macinatis<br />

erano tenute da uomini liberi (172). È pertanto impossibile dedurre con sicurezza la<br />

condizione del proprietario muovendo dal tipo di terreno. Poiché Guido donò l’allodio<br />

sul quale venne edificata la chiesa di San Pietro, secondo il fratello di Alberto,<br />

«nessun signore, o servo, o uomo libero può occupare quella terra, in quanto è riservata<br />

agli abitanti del luogo» (156).<br />

La terra. A seconda del possesso o degli obblighi, la proprietà venne classificata,<br />

innanzi tutto, come feudo o come allodio (o possedimento, come quest’ultimo era talvolta<br />

chiamato); in secondo luogo, come libera proprietà o come proprietà servile<br />

(definite, nel caso del monastero, macinata); ed in terzo luogo, come terra di proprietà<br />

(dominicale) lavorata per il signore e come terreno concesso ad altri. Le divisioni<br />

regionali furono generalmente identificate mediante il nome di una chiesa o di un<br />

castrum, vicus, viculus o burgus, tutti quanti indicanti (in senso ampio) villaggi o conglomerati<br />

urbani, nonostante molti fossero, di fatto, dei piccoli centri rurali. Civitas fu<br />

riservata per Brescia e, forse, nei primi libelli e nelle prime risposte, per Leno.<br />

Terra era il termine generale per indicare una proprietà in un territorium, contrata,<br />

locus o curtis. Talvolta venne impiegato predium, come nei riferimenti ai predia<br />

dell’abate a Collebeato ed alle decime «delle sue proprietà fondiarie e terre<br />

(donicalium et prediorum)» a Pavone, cosa che suggerisce un riferimento a proprietà<br />

concesse ad altri (166, 182). Decimatio indicava le decime di una zona e, per estensione,<br />

l’area dalla quale le decime venivano raccolte. La chiesa di Santa Maria a<br />

Gambara si trovava nella curtis di Gambara, che era stata concessa dall’abate ai<br />

signori di Gambara, ma nella decimatio della pieve delle undici basiliche, detenuta<br />

dai signori di Corvione per conto del vescovo. Il beneficiario o possessore delle decime<br />

era chiamato decimatore. Il significato del termine prandones, che aveva alcune<br />

decime a Leno, resta incerto (141, 177, 179).<br />

Riconoscere sezioni o porzioni di proprietà era noto come sortes, come le undici<br />

sortes de macinatis a Pavone (166, 172) e le sette sortes che i signori di Gambara tenevano<br />

per conto dell’abate ad ovest del fiume (154, 158, 176, 183, 185), una delle quali<br />

era probabilmente la sors de Constantiis (144). Pure casalis indicava, probabilmente,<br />

una tenuta o una proprietà, come quando venne effettuata una divisione tra i signori<br />

di Gambara «circa la parte dei loro casales» (150). Sedimen era ancor più specifico<br />

ed sottintendeva un podere, una casa colonica o anche un campo, che poteva essere<br />

sito in una cittadina o in un villaggio (141) e trovarsi all’interno di una proprietà fondiaria<br />

signorile, o tenuto per suo conto (172). Lanfranco di Carzago distinse le decime<br />

provenienti dai poderi (sediminibus), dalle vigne (vitibus) e dai terreni (terris), le<br />

quali, probabilmente, si riferivano rispettivamente ai vegetali ed ai frutti (e forse agli<br />

animali), alle uve ed alle olive e ad altri raccolti. Recchone sottintendeva, apparentemente,<br />

una porzione di proprietà, forse prosciugata mediante canali (173) 109 .<br />

196

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