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BRILLANTE LAUREATO OFFRESI - Matt Manent - On the Road

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d‟occhiali contornati da gocce di sudore freddo, attratte dalla forza di gravità nel percorso<br />

dalla fronte rugosa al naso bombato e poroso, poi giù per il baffo sale e pepe per<br />

terminare a cascata tra il labbro inferiore e quelle quattro pieghe d‟adipe che dovrebbero<br />

essere il mento. Il copione è sempre lo stesso: io arrivo, lui si alza in piedi, riavvolge il<br />

quotidiano, mi dice «Vado al cesso», ci va, torna, mi aggiorna se c‟è qualcosa da sapere,<br />

chiama l‟ascensore, saluta con un «Ciao caro» e scende al pian terreno, con me che ogni<br />

volta lo identifico come l‟evoluzione –o l‟involuzione- di Giuliano, visto che come altezza<br />

siamo alla pari ma sia con l‟età che con il peso Mario ne conta una quindicina in più.<br />

Notiamo: Mario ha l‟età di mio padre, cinquanta, ma con le sembianze è molto più vicino a<br />

mio nonno.<br />

La prima settimana è di adattamento. Le facce che vedo è come fossero sempre nuove,<br />

come anche io è come fossi sempre nuovo per le facce che mi vedono, gente che mi<br />

chiede sempre perchè non c‟è Giuliano e io che rispondo che è in vacanza e lo sostituisco.<br />

Mi sento dentro in questo incarico con la testa di chi dentro non ci deve rimanere, vale a<br />

dire che faccio il mio ma non m‟identifico in quella scrivania, in quelle mansioni, in quel<br />

ruolo. I primi con cui connetto sono il fattorino, Francesco, e lo staff della ristorazione<br />

interna, che fa sia servizio bar che mensa. Francesco mi passa davanti ogni cinque minuti,<br />

ha due anni meno di me e abbiamo lo stesso modo di fare, vale a dire che un sorriso e<br />

una parola cortese non li facciamo mancare a nessuno; con lo staff della ristorazione<br />

invece è un rapporto vissuto a distanza, ma quando ci si incrocia vengo coinvolto con quel<br />

certo fare da “siamo sulla stessa barca”. Di che barca poi si parli e perché non lo so dire,<br />

fatto sta che avverto una forte voglia di complicità provenire da parte loro.<br />

Passano giorni su giorni e macinate tre settimane sono a mio agio in tutto. Se col celebre<br />

«paio di cazzate» di cui parlava Giuliano ho familiarizzato in un lampo, ben più complicato<br />

è stato imparare a gestire i tempi morti, vero aspetto chiave della faccenda considerando<br />

che per due terzi del turno non vola una mosca. Avendo deciso di combattere la noia<br />

lanciando l‟operazione “cultura generale”, un paio di quotidiani sono diventati miei fedeli<br />

compagni, affiancati da inserti di vario tipo che quando sono in formato magazine<br />

favoriscono anche un po‟ di piacere visivo con le foto a piena pagina. Solitamente ne<br />

acquisto uno, un altro è l‟eredità che Mario mi lascia alla fine del suo turno, dopodiché due<br />

o tre free-press giungono come cadeau da un dipendente che ogni giorno prima di arrivare<br />

se li è già consumati sui mezzi. E per approfondire in ambito sociologico proprio uno di<br />

questi ha una pagina imperdibile, lo specchio dell‟Italia odierna: le dediche via SMS.<br />

Questo è il vero non plus ultra, il sogno misto alla tragedia, il ridicolo nella serietà di Tizio<br />

che scrive a Tizia che l‟ha vista al supermercato tra le patate e sembrava un fiore, di un<br />

Certo che scrive a una Certa che in metropolitana le ha tolto il fiato mentre soffocava tra la<br />

gente, ma soprattutto di Patatini, Cuoricini, Tatini che si lanciano, si propongono, si<br />

mettono in gioco con parole sfolgorantemente opache, dichiaratamente nell‟anonimato, in<br />

un atto di presunto amore che è un surrogato d‟affetto, un‟infantile cotta maggiorenne da<br />

sfogare nell‟indecisione, un uscire allo scoperto da cameretta, precario, inconcludente,<br />

masturbatorio. E questi siamo noi, i cuori impavidi del ventunesimo secolo, quelli del dopo<br />

undici settembre, quelli con la faccia lampadata, il personal trainer e la scarpa di marca.<br />

Armature fuori, imbarazzati dentro. I tempi delle serenate andati persi, Romei e Giuliette<br />

innamorati dell‟inettitudine, incapaci di alzarsi e dire «lo faccio», ma solo «lo penso» e «lo<br />

scrivo». Poi tocca al cielo. Però il cielo si fa sempre gli affari suoi, specialmente oggi che<br />

ha troppi low-cost a ronzargli dappertutto. E noi sulla terra, con un alibi per l‟immobilità.<br />

Armature fuori, imbarazzanti dentro.<br />

Trenta risate per pagina, una scoperta: in amore vince chi è seduto. Autisti e cassiere<br />

sono ipergettonati. Nell‟era di “Uomini e Donne”, qualsiasi richiamo ad un trono funziona.<br />

Prendiamoci una sedia, dunque.<br />

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