PIÙ PERSONE, MENO ETICHETTE Radio Radicale, la prova provata che l’identità fa bene e che “Cl è bella” Si chiama Em<strong>il</strong>iano S<strong>il</strong>vEStri Ed è uno dEgli ottimi giornaliSti di Radio Radicale, testata fortemente identitaria e al tempo stesso emittente radiofonica finanziata dal governo italiano perché riconosciuta come «impresa radiofonica che svolge attività di informazione di interesse generale». (Detto per inciso: non è forse Radio Radicale la prova provata che un’identità forte non è in contrasto con <strong>il</strong> bene comune e che un servizio di “interesse generale” non coincide automaticamente con <strong>il</strong> servizio reso direttamente dallo Stato ma coincide piuttosto con <strong>il</strong> servizio reso da qualunque entità, privata o statale essa sia, che dimostri non nell’etichetta ma nei fatti di svolgere un servizio di “interesse generale”? Non è forse in ragione di questa semplice considerazione che bisognerebbe pregare giornali, partiti e insegnanti “democratici”, di piantarla lì, una volta per tutte, col pattume ideologico che da quarant’anni ci imbandisce la tavola delle polemiche e manifestazioni “in difesa della scuola pubblica contro <strong>il</strong> finanziamento delle scuole private”, e pregare <strong>il</strong> governo italiano di dotarsi finalmente di un vero atto di riconoscimento paritario, e perciò finanziario, di tutte le scuole, statali e non statali esse siano, che svolgono un servizio di “interesse generale”?). Ma dicevamo di Em<strong>il</strong>iano, questo zelante e professionale inviato radicale che in margine al Meeting intrattenne <strong>il</strong> direttore di <strong>Tempi</strong> in una lunga intervista (vedi tempi.it). E che passeggiando nei saloni infuocati, ci confessò quello che da sempre prova quando viene a Rimini «tra quelli di Cl», <strong>il</strong> «vorrei anch’io essere parte di questo popolo» e l’osservazione che «è bello che esistete, siete come dei guardiani di tesori». BOCCIATA A STRASBURGO LA LEGGE 40 Incoerente è la Corte dei diritti umani che riduce le persone a prodotti NEl bocciarE la lEggE 40 Sulla fEcondazionE aSSiStita la Corte dei diritti umani di Strasburgo ha definito “incoerente” la normativa italiana, perché mentre vieta l’indagine su malattie congenite degli embrioni allo scopo di scartare quelli malati, autorizza l’aborto terapeutico quando è un feto a essere diagnosticato affetto da gravi malattie. In realtà a essere difettosa è la sentenza europea. La legge 194 autorizza l’aborto se una malformazione accertata del feto rappresenta un pericolo per la salute della donna. Una donna restata incinta con la fecondazione assistita potrebbe esercitare la facoltà di abortire se una successiva diagnosi di malattia del feto mettesse a rischio la sua salute mentale: non c’è nessuna incoerenza. Invece la sentenza europea mette sullo stesso piano un fatto (gravidanza pericolosa) con una mera ipotesi (l’eventualità che dagli embrioni derivi un feto malato). E per farlo deve prima mettere sullo stesso piano <strong>il</strong> concepimento naturale e quello extracorporeo. Nel primo caso <strong>il</strong> concepito è un avvenimento, nel secondo è un prodotto. Equiparando le cose la Corte di Strasburgo in realtà spiana la strada all’egemonia del secondo: se non c’è discrimine morale fra uomo-avvenimento e uomo-prodotto, tutti si sposteranno sul concepimento che rende possib<strong>il</strong>e <strong>il</strong> secondo, perché potranno controllarne la qualità sin dalla fase progettuale. Equiparando in sostanza la fecondazione naturale e quella extracorporea, <strong>il</strong> tribunale europeo spiana la strada all’egemonia della seconda EDITORIALI Non è forse l’emittente del partito di Pannella la dimostrazione che un servizio “di interesse generale” non coincide automaticamente con <strong>il</strong> servizio reso dallo Stato? Che questa sentenza rappresenti una formidab<strong>il</strong>e spinta al business m<strong>il</strong>iardario della fecondazione assistita è solo un corollario della premessa giurisprudenziale, che accetta la reificazione dell’uomo. Anziché vig<strong>il</strong>are sui diritti umani, la Corte di Strasburgo ha ridotto l’uomo a una cosa. FOGLIETTO Sempre i migliori. Ci vorrebbe De Gasperi, certo. Ma ancor più ci manca (a sinistra) <strong>il</strong> coraggio di Togliatti Nel Duem<strong>il</strong>a non è più possib<strong>il</strong>e un Alcide De Gasperi: la Chiesa non può e (opportunamente) non vuole sostituire una borghesia come quella del ’48 segnata dai compromessi con <strong>il</strong> fascismo, Washington non dà più le “deleghe ampie” (quelle ora ai vari tecnici sono ben “più strette”) di quando l’Italia era frontiera fondamentale verso Mosca, non c’è quella disciplina dei ceti medi che derivava dal dover far fronte al più grande Partito comunista d’Occidente. Certo ci sarebbe bisogno anche oggi della serietà, della visione, dell’indipendenza degasperiane, ma questo sia a destra, dove chi si ispira a Luigi Sturzo vuol dare espressione al “popolo dei liberi e forti”, sia a sinistra, dove gli eredi di Giuseppe Dossetti sostengono una prospettiva ancora centrata sullo Stato. Anche a sinistra non esiste un’attualità di un Palmiro Togliatti, segnato dal legame “costitutivo” non solo con <strong>il</strong> totalitarismo leninista ma anche con la barbarie asiatica di Giuseppe Stalin. Ma anche questa oggettiva constatazione non impedisce di ricordare come nel vecchio Pci si leggesse la storia d’Italia non solo sui bollettini dei pm, ci si ispirasse persino a Cam<strong>il</strong>lo Benso di Cavour e a Giovanni Giolitti, si facessero i compromessi (dall’articolo 7 all’amnistia per i fascisti) che aiutarono la nazione a evitare una nuova guerra civ<strong>il</strong>e. In questo senso l’improponib<strong>il</strong>e Togliatti resta un’aqu<strong>il</strong>a rispetto a falchetti da parata come Massimo D’Alema per non parlare dei polletti d’allevamento del Pd spaventati da tutto. Lodovico Festa | | 5 settembre 2012 | 3