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Accade a Rimini. La Divina Commedia della carità Incidenti, stampelle, fughe e un compito eccezionale. Raccontare con le marionette la storia di fratel Ettore. Storia di un gruppo di barboni che ha incantato <strong>il</strong> Meeting Leone Grotti, Salvatore Abbruzzese .....................................................................................................................................6 Copertina. Consiglio superiore alla magistratura Michele Vietti (Csm) sulla vicenda Mancino-Napolitano e Lodovico Festa sull’imbarazzo della sinistra .......................................14 Taranto. «Ilva, sì alla concertazione» L’arcivescovo Santoro riempie <strong>il</strong> vuoto della politica Luigi Amicone ............................................................................................................................................................................................................20 America. Un Cord<strong>il</strong>eone tra i progressisti Il cattolico di ferro a capo della diocesi di San Francisco Rodolfo Casadei....................................................................................................................................................................................................24 Bras<strong>il</strong>e. «Qui entra l’uomo, non <strong>il</strong> reato» La rieducazione possib<strong>il</strong>e nei penitenziari Apac ..............................26 Wik<strong>il</strong>eaks. La guerra atomica del diritto di cronaca Oggi come nel 1987, <strong>il</strong> mondo senza limes e frontiere soccombe ai paladini dell’informazione alla Assange. Convinti che dietro ogni muro si nasconda <strong>il</strong> Leviatano Mattia Feltri .................................................................................................................................................................................................................30 Fuori dai rotocalchi. Chi sa cosa è l’amore Nessuno come i cristiani dovrebbe parlarne sempre Davide Rondoni, Livia Orlandi, Pippo Corigliano ..................................................................36 Il documento. Il mistero dell’unità dell’io Giancarlo Cesana ..............................................................................................................................................................................................42 RUBRICHE Foglietto Lodovico Festa ...................................3 Boris Godunov Renato Farina .................................35 Le nuove lettere di Berlicche ....................................................47 Mamma Oca Annalena Valenti ....................55 Post Apocalypto Aldo Trento ........................................60 Sport über alles Fred Perri .................................................62 Cartolina dal Paradiso Pippo Corigliano .......................63 Diario Marina Corradi ............................66 L’Italia che lavora ....................48 Green Estate ........................................54 Per Piacere ..............................................57 Mob<strong>il</strong>ità 2000 ..................................59 Lettere al direttore ................62 Taz&Bao .....................................................64 LA SETTIMANA Colle intercettato. L’ultimo capitolo dell’indagine sulla trattativa Stato-mafia fa implodere <strong>il</strong> regime mediatico-giudiziario? Reg. del Trib. di M<strong>il</strong>ano n. 332 dell’11/6/1994 settimanale di cronaca, giudizio, libera circolazione di idee Anno 18 – N. 35 dal 30 agosto al 5 settembre 2012 IN COPERTINA Foto: Ap/LaPresse DIRETTORE RESPONSABILE: LUIGI AMICONE REDAZIONE: Emanuele Boffi, Laura Borselli, Mariapia Bruno, Rodolfo Casadei (inviato speciale), Benedetta Frigerio, Massimo Giardina, Caterina Giojelli, Daniele Guarneri, Elisabetta Longo, Pietro Piccinini, Chiara Rizzo, Chiara Sirianni SEGRETERIA DI REDAZIONE: Elisabetta Iuliano DIRETTORE EDITORIALE: Samuele Sanvito PROGETTO GRAFICO: Enrico Bagnoli, Francesco Camagna UFFICIO GRAFICO: Matteo Cattaneo (Art Director), Davide Viganò FOTOLITO E STAMPA: Roto2000 S.p.A., Via L. da Vinci, 18/20, Casar<strong>il</strong>e (MI) DISTRIBUZIONE a cura della Press Di Srl GESTIONE ABBONAMENTI: <strong>Tempi</strong>, Corso Sempione 4 • 20154 M<strong>il</strong>ano, dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 13 tel. 02/31923730, fax 02/34538074 abbonamenti@tempi.it EDITORE: <strong>Tempi</strong> Società Cooperativa, Corso Sempione 4, M<strong>il</strong>ano La testata fruisce dei contributi statali diretti di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 250 SEDE REDAZIONE: Corso Sempione 4, M<strong>il</strong>ano, tel. 02/31923727, fax 02/34538074, redazione@tempi.it, www.tempi.it CONCESSIONARIA PER LA PUBBLICITà: Editoriale <strong>Tempi</strong> Duri Srl tel. 02/3192371, fax 02/31923799 GARANZIA DI RISERVATEZZA PER GLI ABBONATI: L’Editore garantisce la massima riservatezza dei dati forniti dagli abbonati e la possib<strong>il</strong>ità di richiederne gratuita- mente la rettifica o la cancellazione scrivendo a: <strong>Tempi</strong> Società Cooperativa, Corso Sempione, 4 20154 M<strong>il</strong>ano. Le informazioni custodite nell’archivio elettronico di <strong>Tempi</strong> Società Cooperativa verranno ut<strong>il</strong>izzate al solo scopo di inviare agli abbonati la testata e gli allegati, anche pubblicitari, di interesse pubblico (D.LEG. 196/2003 tutela dati personali). INTERNI uno strumento che l’ordinamento appron- ta proprio per risolvere, nel rispetto delle regole, casi in cui le norme possono pre- starsi a plurime interpretazioni. Altre vol- te uffici giudiziari hanno sollevato conflit- ti con altri poteri dello Stato, ad esempio con le Camere, e nessuno si è mai sognato di gridare alla lesa maestà. La Corte costi- tuzionale ha tra le sue competenze anche quella di dirimere i conflitti di attribuzio- ne, e interpellarla sul punto in un caso di contrasto di interpretazioni è non solo legittimo ma opportuno. Eviterei qua- l’opposizione è venuta meno al proprio compito, <strong>il</strong> giornalismo indipendente è emarginato e non ha più spazi nella tele- visione, la magistratura rischia di dive- nire sempre più addomesticata». Mi sottraggo decisamente allo sport estivo, che ho visto molto diffuso, con- sistente nel chiosare le dichiarazioni di magistrati come <strong>il</strong> dottor Scarpinato o <strong>il</strong> suo collega palermitano Antonio Ingro- ia, del quale, peraltro, preferisco limitar- mi a ricordare l’ultima intervista al Cor- riere della Sera, che mi è sembrata ispira- ta a equ<strong>il</strong>ibrio e ragionevolezza. Resto con- vinto che i magistrati, sia i pubblici mini- steri sia i giudicanti, deb- bano accertare e persegui- re le responsab<strong>il</strong>ità pena- li specifiche individuali e non occuparsi di fenomeni storico-sociologici. In via di principio voler riscrivere la storia in una chiave manichea, che vede un popolo ide- alizzato sempre buono contro un pote- re demoniaco sempre cattivo, mi sembra francamente semplicistico e fuorviante. Giorgio Napolitano, vistosi immotiva- tamente intercettato, si è rivolto alla Corte costituzionale. Anche questo atto ha suscitato aspre critiche da parte di settori della magistratura e dei media, oltre che di qualche esponente politico. A suo avviso <strong>il</strong> capo dello Stato poteva percorrere altre strade? Il presidente della Repubblica ha eser- citato un suo legittimo diritto, ut<strong>il</strong>izzando | | 5 settembre 2012 | 15 Un consiglio superiore alla magistratura COPERTINA INTERNI Colle intercettato, scende in campo <strong>il</strong> vicepresidente del Csm Vietti: «La giustizia non è una variab<strong>il</strong>e indipendente, anche <strong>il</strong> premier ha pieno diritto di occuparsene. Si cominci a ragionare non più di un potere opposto agli altri ma di servizio ai cittadini» M ichele Vietti, avvocato torinese, docente universitario, già parla- mentare dell’Udc, ha presiedu- to in precedenti legislature la Commis- sione ministeriale per la riforma del dirit- to societario ed è stato sottosegretario al ministero della Giustizia nel secondo governo Berlusconi. Attualmente è vice- presidente del Consiglio superiore della magistratura. Riservato, soprattutto quan- do si deve parlare di giustizia, accetta que- sta intervista sulle polemiche nate intor- no alle intercettazioni del presidente del- la Repubblica e al dibattito sulla loro riforma che ne è scaturito, con toni aspri non solo tra esponenti politici, ma anche tra personaggi delle istituzioni (quelli dei giornalisti non fanno più notizia). Il presidente del Consiglio, Mario Monti, in un’intervista a <strong>Tempi</strong>, parlando delle intercettazioni telefoniche e del caso che ha coinvolto <strong>il</strong> capo dello Stato, ha usato due parole che hanno scatenato la polemica reazione di alcuni giornali e di taluni magistrati. Sono finiti sotto accusa l’aggettivo “grave”, riferito dal presidente del Consiglio all’ascolto e alla registrazione delle telefonate del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, e <strong>il</strong> sostantivo “abusi”. Lei pensa che Monti abbia usato corretta- mente questi due termini? Io penso che <strong>il</strong> presidente del Consi- glio abbia tutto <strong>il</strong> diritto di parlare di que- stioni attinenti alla giustizia, perché sin dalla nascita del suo governo ha rivendi- cato correttamente la stretta correlazione che lega <strong>il</strong> buon funzionamento del siste- ma giudiziario al buon funzionamento del sistema economico e al buon funzio- namento del sistema paese. Non mi scan- dalizza che chi deve risanare <strong>il</strong> paese parli di giustizia, che non è una variab<strong>il</strong>e indi- pendente di un’economia che funzioni. Monti ha parlato in modo specifico di intercettazioni. Del sistema giustizia fanno parte le intercettazioni, che in un paese civ<strong>il</strong>e deb- bono rispettare tre interessi concorrenti: quello degli inquirenti di disporre di un insostituib<strong>il</strong>e strumento di indagine al cui ut<strong>il</strong>izzo non si devono frapporre osta- coli speciosi; quello della libera stampa di esercitare <strong>il</strong> suo diritto all’informazio- ne, attraverso cui si esercita anche <strong>il</strong> con- trollo democratico delle istituzioni e dei suoi rappresentanti; e, infine, quello del- la riservatezza, che nel concorso con gli altri due diritti può affievolirsi nei con- fronti degli indagati, almeno da una cer- ta fase processuale, quando viene meno <strong>il</strong> segreto, ma che, viceversa, va rigorosa- mente tutelato a norma di Costituzione nei confronti dei terzi estranei alle inda- gini, specie quando riferiscono circostan- ze ininfluenti e prive di r<strong>il</strong>evanza penale. Le sembra una fotografia dei giornali italiani? Dire che nella nostra cronaca più o meno recen- te l’equ<strong>il</strong>ibrio tra questi diritti sia stato sempre rispettato senza che si sia- no verificati abusi vuol dire recitare la parte di Alice nel paese delle mera- viglie. Perciò credo che un intervento normativo su questa materia sia oppor- tuno, non con spirito di rivalsa contro qualcuno e tanto meno contro un ufficio giudiziario, né prendendo spunto dalla contingenza, che inevitab<strong>il</strong>mente porta con sé strascichi polemici, ma con la luci- dità e la visione generale che dovrebbero sempre ispirare <strong>il</strong> legislatore, <strong>il</strong> quale scri- ve regole generali e astratte e non consu- ma mai vendette. A proposito di insostituib<strong>il</strong>ità delle intercettazioni, le leggo una frase di Roberto Scarpinato, pubblico ministe- ro a Caltanissetta: «Unico momento di visib<strong>il</strong>ità del modo in cui viene real- mente esercitato <strong>il</strong> potere sono rimaste le intercettazioni; solo le macchine (le microspie) ci consentono di ascoltare in diretta la vera e autentica voce del potere. Le intercettazioni sono rimaste l’ultimo tallone di Ach<strong>il</strong>le di un potere che nel tempo ha sempre più circonda- to di segreto <strong>il</strong> proprio operato, perché | 5 settembre 2012 | | 14 di Ubaldo Casotto DOPO L’INTERVISTA POSIZIONI CHIARE Monti scatena la polemica È «grave» che le telefonate di Napolitano siano state ascoltate dalla procura di Palermo che indaga sulla trattativa Stato-mafia; «sulle intercettazioni si verificano abusi. È compito del governo prendere iniziative». Così, nell’intervista a <strong>Tempi</strong>, <strong>il</strong> premier Monti ha preso per la prima volta posizione sul caso Mancino-Quirinale. Provocando le lamentele del pm Antonio Ingroia («criti- che ingenerose») e dell’Anm («improprio parlare di pre- sunti abusi», ha scritto in una nota <strong>il</strong> sindacato delle toghe), ma anche inedite aperture, come quella di Magistratura democratica (sinistra Anm), che ha avviato un dibattito online: è opportuno che un magistrato esprima idee politiche? O che si candidi magari negli stessi luoghi in cui ha indagato da pm? Michele Vietti è stato nominato vicepresidente del Csm nel 2010. Suo predecessore al vertice dell’autogoverno della magistratura è stato proprio l’ex ministro dell’Interno Nicola Mancino, ora finito al centro dell’inchiesta sulla trattativa Stato-mafia «I magistrati devono accertare e perseguire le responsab<strong>il</strong>ità penali specifiche individuali, non riscrivere la storia in chiave manichea, <strong>il</strong> popolo buono contro un potere demoniaco» Foto: AP/LaPresse 14 ESTERI IL CASo CULTURA più urgenti che riguardano la libertà reli- giosa, l’importanza del matrimonio e del- la santità della vita umana. Specialmente la questione della libertà religiosa è, per la nostra nazione, particolarmente urgen- te, visti i cambiamenti che hanno avuto luogo in questi mesi. Si riferisce alla riforma della sanità? A quella e ad altro. Collegata alla liber- tà religiosa è la libertà di coscienza, e in America sempre più persone non possono lavorare nel rispetto della propria coscien- za. Ci sono molti esempi: la fotografa che è stata denunciata perché si è rifiutata di fare <strong>il</strong> servizio di un “matrimonio” di lesbiche, <strong>il</strong> ristorante fast food Chik-f<strong>il</strong>-A, boicottato perché <strong>il</strong> suo presidente si è dichiarato contrario ai matrimoni fra per- sone dello stesso sesso. Ma non soltanto boicottato: gli sono state negate le licen- ze commerciali nelle città di Boston e Chi- cago da parte dei sindaci. Siamo di fron- te ad amministratori pubblici che usano arbitrariamente <strong>il</strong> loro potere d’ufficio per negare i diritti agli altri. Gli obblighi assicurativi imposti attraverso la riforma sanitaria non sono l’unico problema. E voglio ricordare che come vescovi cattoli- ci siamo sempre stati a favore di una rifor- ma della sanità. Ma che rispetti la coscien- za di chi fornisce i servizi sanitari! Rodolfo Casadei | | 5 settembre 2012 | 25 Un Cord<strong>il</strong>eone nella tana dei liberal Nel 2008 promosse <strong>il</strong> referendum contro le nozze gay in California. Ora tocca a lui guidare la diocesi di San Francisco, capitale mondiale della religione progressista. Così un cattolico di ferro si prepara a gettarsi nel cuore della guerra culturale americana L’ hanno definita «<strong>il</strong> “ground zero” del- la guerra culturale americana» e «la peggiore destinazione possi- b<strong>il</strong>e» per un vescovo cattolico: San Franci- sco è la capitale mondiale del movimen- to Lgbt, e per “San Francisco values” gli americani intendono non solo la tenden- za al riconoscimento legale di matrimoni fra persone dello stesso sesso, ma anche le politiche per la legalizzazione della mari- juana, le legislazioni abortiste più spin- te, la tolleranza del nudismo in pubbli- co, eccetera. Promuovere a capo della loca- le arcidiocesi un vescovo come Salvatore Cord<strong>il</strong>eone può significare solo due cose: o una provocazione e una reazione alle decisioni sgradevoli che l’amministrazio- ne Obama ha preso in questo anno di ele- zioni presidenziali, o un segnale che dice che la Chiesa non ha timidezze né com- plessi di inferiorità verso la cultura libe- ral nella sua versione più radicale. Cordi- leone, infatti, è presidente della sottocom- missione per la Promozione e la Difesa del matrimonio della Conferenza episcopa- le americana ed è stato co-promotore del referendum che nel 2008 introdusse nella costituzione della California la proibizio- ne dei matrimoni fra persone dello stesso sesso. In una trasmissione radiofonica defi- nì lo stravolgimento del matrimonio tradi- zionale «un complotto del diavolo» e finan- ziò a titolo personale la campagna referen- daria con una donazione di 6 m<strong>il</strong>a dollari. Ma oltre che persona decisa e ferma nella fede, Cord<strong>il</strong>eone è persona serena e dispo- nib<strong>il</strong>e. Come dimostra questa intervista. Da vescovo di Oakland ad arcivescovo di San Francisco a partire dal prossimo 4 ottobre. Monsignor Cord<strong>il</strong>eone, non si sentirà un po’ isolato nella sua nuova destinazione episcopale? Perché mai? Certamente San Francisco è l’avanguardia dei movimenti della cosid- detta “guerra culturale”. Però c’è anche tanta brava gente, molto cattolica, impe- gnata per la missione della Chiesa. Ci sono risorse spirituali da valorizzare. Lei è conosciuto per aver sostenuto la “proposition 8”, l’iniziativa referendaria che ha messo al bando i matrimoni omo- sessuali in California, ma San Francisco è la città che più di tutte votò contro la riforma costituzionale: 75 per cento di “no”. Come si rapporterà con questa maggioranza che dissente da lei? Bisogna sempre trattare gli altri con rispetto. Ho già ricevuto inviti al dialogo, sono interessato a capire bene questi inter- locutori. Ma quella che riguarda <strong>il</strong> matri- monio è una verità di natura, non la pos- siamo cambiare. Poi è importante educare la nostra gente circa <strong>il</strong> matrimonio come bene pubblico, perché <strong>il</strong> matrimonio ha importanza per la società. Come vesco- vo cercherò di collaborare coi non catto- lici sui valori che abbiamo in comune, di approfondire la comprensione della gente e della cultura intorno a me e di formare la nostra gente nella fede. Secondo vari sondaggi anche la maggio- ranza dei cattolici americani risultereb- be favorevole al riconoscimento di ma- trimoni fra persone dello stesso sesso. Che ne pensa? Dovrà rimettere in riga i cattolici prima di occuparsi degli altri? Quella è certamente la prima delle priorità, ma bisogna anche capire di quali cattolici si parla. Credo si tratti di persone che si dichiarano cattoliche, ma che non vanno abitualmente in chiesa e non han- no una formazione nella fede. Penso che avremmo un risultato diverso se facessi- mo un sondaggio tra quelli che vanno a Messa tutte le domeniche. C’è poi da dire che quando si fanno queste r<strong>il</strong>evazioni la gente non vuole rispondere in un modo che la faccia apparire cattiva o bigotta, o piena di pregiudizi. Però al momento del voto, nel segreto dell’urna, votano secon- do coscienza, e <strong>il</strong> risultato è sempre più favorevole al matrimonio tradizionale di quanto dicessero i sondaggi pre-elettorali: lo abbiamo visto in tutti gli stati del pae- se che hanno avuto referendum sulla defi- nizione del matrimonio. Quali sono i più urgenti bisogni pastorali della sua nuova arcidiocesi? Dove pensa che metterà le mani per prima cosa? Questo lo decideremo collegialmente. Ma i bisogni sono gli stessi che la Chiesa ha dappertutto negli Stati Uniti: la catechesi, la formazione dei giovani, la liturgia, la preghiera, i problemi sociali (la povertà, le famiglie divise, eccetera). La formazione però è al primo posto, soprattutto dei can- didati al sacerdozio e al diaconato perma- nente e dei catechisti. È importante la loro buona formazione perché sono loro che trasmettono la fede agli altri. Della Chiesa cattolica americana in Eu- ropa si parla soprattutto per i problemi e per gli scandali: la pedof<strong>il</strong>ia nel clero, i conflitti fra le religiose e la Congrega- zione per la dottrina della fede, eccete- ra. Se lei dovesse fare <strong>il</strong> ritratto della Chiesa americana oggi, quanto spazio occuperebbero queste questioni, e quan- to altri aspetti meno pubblicizzati? I problemi che lei cita sono reali e gra- vi, ma è vero che c’è anche un altro lato: io vedo un rinnovamento della Chiesa qui da noi, specialmente fra i giovani; fra loro cresce la sete per la verità, per la fede genuina, e anche per la tradizione. Altro elemento positivo è che abbiamo mol- ti immigrati che arrivano da paesi di tra- dizione cattolica: Messico e altre nazioni dell’America latina, F<strong>il</strong>ippine, vietnami- ti e coreani, indiani. Tutti costoro hanno ancora una fede intatta, una devozione che arricchisce la vita della Chiesa loca- le. Integrarli nella vita della Chiesa di San Francisco, nelle parrocchie, è certamente una sfida, ma rappresentano comunque un arricchimento, che è un vero vantag- gio per la Chiesa. A novembre gli Stati Uniti avranno le loro elezioni presidenziali. Come si porrà la Chiesa cattolica? Siamo già intervenuti. Cerchiamo di educare la nostra gente sulle questioni | 5 settembre 2012 | | 24 Salvatore Cord<strong>il</strong>eone, 56 anni, attualmente vescovo di Oakland, si insedierà <strong>il</strong> prossimo 4 ottobre alla guida dell’arcidiocesi di San Francisco. Quattro anni fa promosse (e vinse) <strong>il</strong> referendum contro i matrimoni gay in California. Oggi, con la conferenza episcopale americana, è impegnato nella battaglia contro la riforma della sanità di Obama che costringe anche gli enti cattolici a pagare ai dipendenti polizze assicurative che comprendono contraccezione e aborto Foto: AP/LaPresse LA CHIESA IN CAMPO/2 ESTERI 24 ti anni fa, quando i formidab<strong>il</strong>i strumen- ti con cui si lavora oggi non esistevano – in cui i giornalisti sapevano perfettamen- te quali frontiere non erano oltrepassabi- li. Ma proprio come Rust e come Assan- ge non sognavano altro che <strong>il</strong> momen- to di oltrepassarle. Soltanto che l’occa- sione non era così frequente. Si girava con un taccuino. Forse un registratore. I documenti si doveva andarli a prende- re a mano, farne fotocopie oppure rice- verli con <strong>il</strong> fax, con tutti i rischi che dun- que si correvano. Trovare una fonte così coraggiosa – e che magari si sentisse eroi- camente nel pieno di un Watergate – non era tanto fac<strong>il</strong>e. Però talvolta capita- va. Di rado, ma capitava. E in quel preci- so istante, qualsiasi giornalista era pron- to a subirne le conseguenze, perché tutti i giornalisti sanno che le frontiere esisto- no per niente altro che per essere attra- versate in nome (naturalmente e molto pomposamente) della liber- tà. Pubblicare una notizia non pubblicab<strong>il</strong>e era moti- vo di vanto, e di ammira- zione da parte dei colleghi. Certo, si finiva davanti al (della glasnost), e soprattutto le porche- rie dei governi, degli eserciti, delle multi- nazionali, della banche. Conta migliaia di collaboratori. Coi suoi pirati informatici ha violato siti che si credevano inviolabi- li, rivelato conversazioni e manovre spes- so più suggestive o gossippare che oscure. Ed è per questa ragione che Barack Oba- ma (guarda un po’, un altro Nobel per la pace) vorrebbe Assange negli Stati Uniti, e processarlo per spionaggio (guarda un po’, come Rust). E lo spionaggio, negli Sta- ti Uniti, comporta come pena massima la pena di morte. C’è stato un tempo – nemmeno tan- to lontano, diciamo fino a quindici o ven- | | 5 settembre 2012 | 31 La nebbia che avvolge Mr. Trasparenza WIKILEAKS ALLA SBARRA IL CASO L’indefinib<strong>il</strong>e vicenda di Julian Assange dimostra che nemmeno l’impero senza frontiere della glasnost globale è pronto a subire l’invasione degli ambigui adoratori del diritto di cronaca. Una déjà vu del 1987 Dov’è che si possono mettere le mani e dov’è che no? Assange, per i pochi che non lo sapes- sero, era l’editor in chief, <strong>il</strong> direttore di Wik<strong>il</strong>eaks, l’organizzazione no profit che si prefigge – forse con uno spirito non meno utopisti- co di quello che portò Rust sulla Piazza Rossa – di sve- lare le porcherie del mondo in nome della trasparenza J ulian assange e Mathias Rust. Bella coppia, eh? Ricordate chi è Mathias Rust? È un aviatore tedesco che nel 1987 con un piccolo aereo da turismo atterrò a Mosca, vicino al Teatro Bolscioi, e se ne andò a parcheggiare l’apparec- chio sulla Piazza Rossa. I giornali lo pre- sentarono come un pazzo. Aveva dician- nove anni, e sul suo conto se ne ipotiz- zò una quantità. Il desiderio di Rust era semplicemente di violare un confine per dimostrare quanto fosse assurda e fra- g<strong>il</strong>e quella linea che da quarantadue anni divideva l’Occidente democratico dall’Est comunista. Era un atto di pace, <strong>il</strong> suo. Uno sconsiderato atto di pace e di libertà. Era però persuaso che <strong>il</strong> suo gesto sarebbe stato perdonato in quan- to plateale, e che sarebbe stato perdona- to perché in quei mesi Micha<strong>il</strong> Gorba- ciov aveva preso a parlare di perestrojka e di glasnost, di rinnovamento e di tra- sparenza. Anche quelle due parole con- tribuirono a fargli avere, di lì a qualche anno, <strong>il</strong> premio Nobel per la pace, quella pace – e quella libertà – che Rust l’inge- nuo, Rust <strong>il</strong> pazzo voleva portare fin nel cuore del soviet. Rust venne condannato a quattro anni di gulag per spionaggio. C’è chi pensa che <strong>il</strong> gulag fosse affare di Stalin, forse di Krusciov e di Breznev. Invece no, <strong>il</strong> gulag fu affare di tutti, fino all’ultimo minuto. Il direttore del carce- re, dove Rust attendeva <strong>il</strong> trasferimento in Siberia, prese in simpatia <strong>il</strong> ragazzo e con una più che cospicua serie di diavo- lerie riuscì a evitargli <strong>il</strong> gulag, dove cor- reva <strong>il</strong> rischio di incontrare uno dei mol- ti ufficiali e sottufficiali e soldati che – poiché non erano stati capaci di neutra- lizzare <strong>il</strong> suo volo – erano stati licenziati e mandati al campo di lavoro siberiano. Idealisti naïf o pericolose spie? Probab<strong>il</strong>mente Assange non è mosso dai medesimi sentimenti di purezza qua- si fanciullesca che mossero Rust. Però, come Rust, sta ponendo un problema di confini e di libertà. Quali sono i confini che un giornalista – per quanto sia vago <strong>il</strong> termine oggi che l’informazione sfug- ge sempre più alle nostre mani e si con- centra su internet attraverso tutti, blog- ger, hacker, sofisticatissimi d<strong>il</strong>ettanti – è tenuto a rispettare? Qual è <strong>il</strong> limite inva- licab<strong>il</strong>e della sua libertà d’informazione? | 5 settembre 2012 | | 30 Da sempre i giornalisti non sognano altro che di oltrepassare frontiere invalicab<strong>il</strong>i in nome (pomposamente) della libertà. Ma una volta erano pronti a subirne le conseguenze. Oggi? I cronisti à la Assange non reclamano più la libertà di infrangere una legge (e di essere eventualmente puniti) in nome di un ideale. Pretendono di estendere l’ideale all’universo di Mattia Feltri Julian Assange è <strong>il</strong> fondatore di Wik<strong>il</strong>eaks, organizzazione no profit che si prefigge di intercettare e divulgare le verità nascoste dei potenti della Terra. Assai spesso le carte “top secret” pubblicate contengono più suggestioni e gossip diplomatico che notizie LE ACCUSE SVEDESI A processo per reati sessuali Julian Assange è stato incrimi- nato in Svezia per reati sessuali, ma si rifiuta di consegnarsi alla giustizia scandinava nel timore di essere estradato da Stoccolma negli Stati Uniti, dove potrebbe essere processato per spionaggio (reato punib<strong>il</strong>e in America con la pena capitale). IL RIFUGIO DIPLOMATICO «Obama rinunci a catturarmi» Per evitare l’estradizione in Svezia, due mesi fa <strong>il</strong> fondato- re di Wik<strong>il</strong>eaks si è rifugiato nell’ambasciata dell’Ecuador a Londra. Il 19 agosto ha pronun- ciato dal balcone un discorso urbi et orbi: «Gli Stati Uniti non devono perseguirmi, non devono perseguire la democrazia». Foto: AP/LaPresse LA CACCIA 30 ne, mentre le ferie finiscono e riprende la vita di tutti i giorni. Perché la vita di tutti i giorni senza amore inaridisce. Del resto, i grandi autori (cristiani) hanno sempre par- lato d’amore. Quindi lo posso far anch’io, <strong>il</strong> minimo. Dante non scrive mica la Com- media perché voleva lasciarci un mallop- pone sintetico sulla cultura e sull’universo medievale. Ma perché ha incontrato Beatri- ce. E capisce che in quella esperienza si sin- tetizza <strong>il</strong> grande dibattito e <strong>il</strong> grande dram- ma d’esperienza dei teologi del secolo pre- cedente e dei poeti. Gli uni discutevano se si conosce Dio amandolo, gli altri inventa- no la grande poesia provenzale e st<strong>il</strong>novi- sta cantando un oggetto “imprendib<strong>il</strong>e” come Dio (le dame sono sempre sposate o d’altri), amando <strong>il</strong> quale l’uomo si nobi- lita e si conosce. Dante compie la sintesi: amando Beatrice, che sua non è, e che gli viene sottratta dalla morte, arriva a cono- scere Dio, la stoffa dell’Essere. Senza voler insegnare niente Dire “ti amo” non significa dire sei mio o mia. Pochi come <strong>il</strong> cristiano Baudelai- re, che dedicava poesie come a una prin- cipessa alla sua prostituta mulatta Jean- ne, sono penetrati nel dramma misterioso dell’amore. E non è <strong>il</strong> cattolico Manzoni <strong>il</strong> primo grande autore italiano di telenove- la (lui, lei, l’altro che la vuole…) mettendo in scena <strong>il</strong> dramma di Renzo, Lucia e don Rodrigo? Sia Dante che Manzoni san bene, senza bisogno di fare letteratura banale, i legami misteriosi tra corpo, amore, tra desiderio sessuale e legame. Tra corpo e anima amanti. Il cattolico Ungaretti scrive tra le più belle poesie d’amore e di deside- rio. E <strong>il</strong> f<strong>il</strong>osofo accademico di Francia Jean- Luc Marion sta da tempo riflettendo sulla conoscenza erotica. Certo, rispetto al fuoco della poesia, spesso gli uomini di Chiesa hanno parla- to dell’amore – tranne rare eccezioni tra cui Wojtyla e <strong>il</strong> Papa in carica – in modo banale, spesso untuoso e complessato. È ora di volta- re pagina. Senza voler inse- gnare niente, se non quello che tutti, in fondo, sappia- mo. Ci state? Verso dinamitardo. Da scrivere sugli stipiti delle porte di ogni genere di casa, di fami- glia o convento, di don Giovanni o di con- sacrati. Cent’anni fa mentre a Parigi veniva rappresentato per la prima volta L’Annun- cio, uno strano personaggio, figlio di gente ombrosa, tentato dal suicidio e però defini- to da Oscar W<strong>il</strong>de “poetry itself”, la poesia stessa, dava alle stampe un dramma teatra- le. Oscar Vladislas M<strong>il</strong>osz scrive la vera sto- ria del personaggio che ha ispirato la figu- ra di don Giovanni, <strong>il</strong> nob<strong>il</strong>uomo di Sivi- glia Miguel Mañara. Colui che nel 1619, dopo aver collezionato un catalogo di ogni tipo di femmina (per abbracciare le infini- te possib<strong>il</strong>ità, dice), sposa Girolama. Anche nel destino di don Giovanni amore e mor- te si incontrano, come nel Cantico dei Can- tici. Due cose ingiuste e ugualmente forti. Da comprendere e vivere veramente fino in fondo nella loro “ingiustizia”. I mormoratori naturalmente oppongo- no a questa idea <strong>il</strong> fatto che l’amore vero corregge, cerca di condurre a giustizia, alla misura giusta le cose. Non è così. La vita è un continuo debordare nostro dalla giusti- zia, e tali debordamenti sono da corregge- re, sì, ma amando. Forse è giusta l’esube- ranza erotica di un diciassettenne, forse è giusto l’invecchiamento che tutti assale? O la ritrosia della bella ragazza? Tutto giusto e ingiusto insieme, una misura con una dismisura dentro. Non si capisce bene, per- ciò occorre parlarne di continuo. «Possiamo soltanto amare/ <strong>il</strong> resto non conta/ non funziona». I poeti ne parla- no sempre, anche per chi non ne ha più voglia, non si azzarda, o crede che non ci sia più niente da dire. Ma l’amore, finché lo si vive, mob<strong>il</strong>ita parole. Siamo la patria del- la canzone d’amore. Non abbiamo mai preso troppo sul serio quel- li che pensano che <strong>il</strong> diavolo abbia la mini- gonna. Mio nonno a ottantatré anni inven- tava soprannomi per mia nonna. Non era stato di certo un marito perfetto. Aveva una concezione romagnola del matrimo- nio (che è durato 65 anni, fino alla morte). Ma inventava nomi per lei. Nessuno come <strong>il</strong> cristiano sa d’amore che impasta i destini, gli attimi di uomini e donne con paradisi e inferni. Così men- tre settimanali e rotocalchi ne parlano in modo superficiale e soprattutto d’estate per riempire vuoti e pascersi lettori anno- iati con storielle e gossip, ecco che Tem- pi, settimanale catto-corsaro, e d’ora in poi catto-amoroso, chiede a me di parlar- | | 5 settembre 2012 | 37 QUESTO NON È UN ROTOCALCO/1 CULTURA I rotocalchi, le tv, i libri (con cinquanta sfumature o m<strong>il</strong>le) parlano d’amore. Fan bene. Lo han sempre fatto anche i cristiani. È ora che ricomincino a far- lo. Non si può non fare. Perché l’amore è forte come la morte, come dice <strong>il</strong> Cantico dei Cantici. Spiazza e attrae tutti. Non ha misura. In Romagna, dove <strong>il</strong> Cantico dei Cantici non è certo la lettura più diffusa, si usava però la stessa parola, “trasporto”, per indicare l’innamoramento e <strong>il</strong> funerale. In entrambi i casi sei portato da qualcosa a cui non ti puoi opporre. Per questo l’amo- re – come la morte – non è giusto. Non sta in nessuna giustizia che non sia una stra- na giustizia “ingiusta” secondo le misu- re umane. Siamo tutti amati “ingiusta- mente”. Per fortuna. Quale bacio, abbrac- cio, quale perdono e quale “ti amo” meri- tiamo? Che razza d’amore sarebbe quello che non riesce a essere un po’ ingiusto… Lo dice la splendida Violaine. personag- gio chiave de L’Annuncio a Maria, capola- voro di Paul Claudel, ignorato in Italia se non fosse per le letture che ne ha mosso don Luigi Giussani. Violaine, <strong>il</strong> personag- gio in cui <strong>il</strong> poeta adombra la sua amata e sfortunata sorella, la gran scultrice Cam<strong>il</strong>- le, a un certo punto dice al suo fidanzato Giacomo: «Io non ti amo perché è giusto». | 5 settembre 2012 | | 36 di Davide Rondoni Amando Beatrice, che sua non è, e che gli viene sottratta dalla morte, Dante arriva a conoscere Dio, la stoffa dell’Essere. È la sintesi della disputa tra teologi e poeti medievali «Io non ti amo perché è giusto», dice al fidanzato la Violaine de L’Annuncio a Maria di Paul Claudel (qui accanto, una rappresentazione del 1948). Nell’immagine grande a sinistra, Velazquez, Ritratto di uomo Pochi come <strong>il</strong> cristiano Baudelaire, che dedicava poesie come a una principessa alla sua prostituta mulatta Jeanne, sono penetrati nel dramma misterioso dell’amore E non è <strong>il</strong> cattolico Manzoni <strong>il</strong> primo grande autore italiano di telenovela (lui, lei, l’altro che la vuole…) mettendo in scena <strong>il</strong> dramma di Renzo, Lucia e don Rodrigo? Ma che ne sapete voi dell’amore Già cent’anni fa <strong>il</strong> dongiovanni Miguel Mañara e la Violaine di Claudel ricordavano ai cristiani ciò di cui solo loro dovrebbero parlare sempre. Perché nessuno come loro conosce questa strana cosa che impasta i destini degli uomini con paradisi e inferni 36 | 5 settembre 2012 | | 6 La Divina Commedia della carità Ettore Dietro le quinte di uno spettacolo di marionette, tra i barboni che hanno commosso <strong>il</strong> Meeting raccontando con mani, f<strong>il</strong>i, incidenti e diserzioni la storia eccezionale del frate che salvò la loro vita | | 5 settembre 2012 | 7 I componenti della compagnia teatrale Le marionette della Misericordia che hanno debuttato al Meeting di Rimini con lo spettacolo Ettore dei poveri poveri e provvidenza settimanale diretto da luigi amicone anno 18 | numero 35 | 5 settembre 2012 | 2,00 Poste italiane spa - spedizione in a. p. d.l. 353/03 (conv. l. 46/04) art. 1 comma 1, ne/Vr Il caso Ingroia-Napolitano fa implodere la sinistra giustizialista. Fine del ventennio sfascista? UN coNsIglIo sUperIore alla magIstratUra 14 SOMMARIO
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STILE ITALIANO PER UNA SPORTIVA TED
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