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Cuore e braccio a Parma (PDF) - Storia e Memoria

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3. 3. ……e<br />

… e di di di opere<br />

opere<br />

A cura di Rosine<br />

c. le cooperative nel parmense<br />

In Europa, l’Italia è fra i paesi a più alta densità di cooperatori e la regione Emilia<br />

Romagna, con il parmense in particolare, figura fra le prime del continente fin<br />

dagli ultimi lustri dell’ottocento. Non sorprende dunque che dopo il lungo<br />

inverno del ventennio 1925-1945 nell’arco di qualche mese all’indomani della<br />

liberazione, a <strong>Parma</strong> siano sorte quasi cento cooperative. La necessità del lavoro<br />

e il controllo dei consumi, assieme al vento del nord che metteva in discussione il<br />

primato dell’impresa individuale o societaria, furono i principali motori del<br />

fenomeno nell’immediato dopoguerra.<br />

La forza in cui l’organizzazione cooperativa trovava una sua giustificazione, anche<br />

morale, è rappresentata dalla centrale cooperativa, per i compiti, per i ruoli che<br />

svolgeva nei confronti del potere pubblico e nei confronti delle partecipazioni<br />

statali.<br />

L’altro aspetto emergente era quello del radicamento locale. La cooperazione ha<br />

un grande valore ideale perché si diventa soci di una cooperativa non solo per<br />

interessi economici, ma anche per comunanza ideologica. La cooperazione è<br />

infatti un momento di incontro di persone che hanno interessi comuni, ideali e<br />

momenti comuni. Questo contenuto ideologico si riflette però sul luogo dove<br />

l’uomo vive, riflette quindi quelle che sono le differenze sociali e politiche<br />

dell’ambiente nel quale la cooperativa si sviluppa. Analizzando le vicende di<br />

<strong>Parma</strong> ci si accorge di quanto tutto ciò abbia influito sulla realtà delle<br />

cooperazioni della città.<br />

Come ogni saga anche il racconto della tradizione cooperativa ha bisogno di un<br />

luogo primigenio; è la Bassa rivierasca del Po, il grande fiume con le rive coperte<br />

dalla vegetazione di salici,... . Per i cooperatori parmensi questo paesaggio<br />

corrisponde al grembo germinale, alla culla...come dalle testimonianze degli<br />

agricoltori e allevatori cooperatori:<br />

“Abbiamo iniziato a creare anche in provincia di <strong>Parma</strong> le strutture, le iniziative<br />

partendo dal fatto che a <strong>Parma</strong> era già in funzione la prima stalla sociale che era<br />

stata fatta dai cugini Marzola di Montechiarugolo. Tutte le iniziative avevano un<br />

carattere politico, sociale e ovviamente economico. Con la costruzione delle<br />

stalle sociali eravamo riusciti, o pensavamo di essere riusciti a far superare al<br />

contadino la mentalità della proprietà: il contadino nella stalla sociale era<br />

proprietario del terreno suo, però nel momento in cui la metteva in cooperativa<br />

non aveva più la possibilità di disporne come voleva, ma doveva concordare con<br />

gli altri soci; manteneva la proprietà però limitata. Era una cosa importante e<br />

difficile da ottenere”.<br />

Per Francesco Frigeri, contadino e poi sindaco del Comune di Montechiarugolo e<br />

cooperatore, le stalle sociali sono anche l’esempio, in parte riuscito, di come il<br />

lavoro in campagna possa emanciparsi ed umanizzarsi attraverso forme di<br />

socializzazione che si realizzano in cooperativa:<br />

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