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agenda radicale 27 QR “<strong>Il</strong> mio canto libero contro l’infibulazione” Sister Fa mette al centro della sua musica l’abbandono dell’escissione. La cantante e rapper senegalese spiega quanto in Africa sia difficile quantificare e debellare questa pratica. Essa è una specie di “norma sociale” di controllo delle donne e della loro verginità al fine di un “buon matrimonio”. L’artista racconta che il canto e i suoi numerosi concerti nei paesi dove l’escissione è ancora attuale sono il suo modo di confrontarsi direttamente con le popolazioni che la praticano, affinché la dismettano. Al cuore della sua battaglia c’è la sensibilizzazione dei giovani (come raccontano anche il documentario “Education sans excision” e soprattutto il suo ultimo album “Sarabah”). In questa Intervista VIDEO Sister Fa si racconta anche come donna, non tralasciando la sua esperienza di lotta per poter cantare il rap e l’hip-hop in un ambiente normalmente riservato ai soli uomini e fare finalmente ascoltare la voce ribelle delle donne africane. di FLORE MURARD-YOVANOVITCH Nonostante il Corano non le prescriva, proprio le popolazioni a maggioranza islamica sembrano aver abbracciato con maggiore forza la pratica delle MGF. Forse perché, al pari del velo, l’intervento chirurgico sul corpo delle donne è visto come un ulteriore controllo della loro persona, con particolare riferimento alla sessualità, una componente “lussuriosa” che necessita di adeguati controlli. Ma anche cristiani, animisti, atei ed ebrei non sono da meno, contribuendo così alla diffusione trasversale di questo fenomeno. Per non parlare poi dei riflessi internazionali che esso assume nel momento in cui gruppi di immigrati lasciano il continente africano per dirigersi negli Stati Uniti o in Europa, portandosi dietro un personale bagaglio di tradizioni e credenze dure a morire. L’Italia è da almeno dieci anni in prima linea nella lotta alle MGF, attraverso le numerose campagne di sensibilizzazione condotte dalla radicale Emma Bonino, unitamente all’associazione “Non C’è Pace Senza Giustizia” (No Peace Without Justice), fondata nel 1994 e legata al Partito Radicale Transnazionale. “In dieci anni di campagna – spiega Emma Bonino - su 29 paesi che hanno grande prevalenza di MGF, 19 hanno ormai delle leggi di proibizione: più o meno applicate, più o meno aperte, più o meno inclusive, però intanto c’è l’affermazione della legge come base di uno sviluppo personale e anche economico”.
Un risultato certamente importante, frutto di una campagna di respiro mondiale che ha consolidato la collaborazione tra le organizzazioni africane e quelle internazionali e creato le condizioni per la ratifica del Protocollo di Maputo (il trattato aggiuntivo alla Carta Africana dei Diritti Umani che riguarda i diritti delle donne), adottato dall’Unione Africana nel luglio del 2003 per condannare ogni pratica lesiva della dignità e dell’integrità delle donne. Una strategia che si può riassumere con la triade “attiviste–parlamenti–governi”, ovvero un dialogo costante tra le persone impegnate in prima linea contro le MGF e le istituzioni locali responsabili della loro messa al bando. Intanto, si sta lavorando affinché anche l’ONU faccia la sua parte. Sfumata l’ipotesi di una risoluzione, viste le resistenze ideologiche di alcuni paesi emerse durante la 65esima assemblea generale, l’obiettivo prioritario è diventato la “sessione tematica”, come assicurava Emma Bonino in un recente incontro pubblico organizzato nella sede del Partito Radicale Nonviolento. Nonostante la delusione per una Risoluzione che tarda ad arrivare, non si ferma, quindi, l’impegno contro MGF di attivisti e organizzazioni non governative che ha fin qui permesso una presa di coscienza collettiva su una pratica che vede le donne vittime, ma anche uniche possibili protagoniste di un moto di cambiamento culturale che porti all’effettiva tutela dei loro diritti. Proprio per questo un atto formale dell’Onu doterebbe le campagne di sensibilizzazione sul tema della necessaria cornice legislativa entro cui predisporre azioni più efficaci, di concerto con gli apparati governativi, per il definitivo recepimento di simili pratiche non più come tradizioni da difendere, ma come atti di violenza da abolire. VALERIA NEVADINI 28 EMMA BONINO agenda radicale “La sessione tematica può rappresentare la chiave di volta in vista di una completa abolizione delle MGF. Presentare la risoluzione alla prossima assemblea generale ONU, programmata a ottobre, potrebbe essere controproducente, perché molti paesi saranno alle prese con le elezioni politiche interne e, quindi, poco propensi a seguire una campagna internazionale che richiede una linea d’azione comune e compatta”. QR
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