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Il Mese - Quaderni Radicali Online

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Wilson analizza meticolosamente le possibilità<br />

dello sguardo. Vedere è una componente<br />

essenziale. Fondamentale. La<br />

sua è una drammaturgia della visione<br />

nella quale l’uso del colore diviene<br />

predominante. La cromaticità si fa grazie<br />

a lui teatro nutrendo ogni angolo dello<br />

spazio scenico, ora amplificato in nuove<br />

ed infinite potenzialità espressive.<br />

A tal proposito egli stesso ha più volte<br />

affermato: “Io dipingo con la luce, il<br />

colore aiuta la percezione, il colore<br />

aiuta a vedere ed ascoltare” 2 . Niente<br />

di più. Ciò viene dimostrato, nel corso<br />

della sua opera, da un affanno costante<br />

nella ricerca del colore puro. Stende di<br />

volta in volta sul cartone scenografico<br />

pennellate decise, creando così quegli<br />

sfondi, che richiamano alla mente i dipinti<br />

di Francis Bacon o “...l’abbacinante<br />

ultrachiarezza che caratterizza<br />

le vedute di De Chirico, Tanguy e<br />

Dalì...” 3 . Sfondi su cui adagiare gli attori,<br />

qui figurini di veri e propri tableaux<br />

vivant.<br />

<strong>Il</strong> teatro occidentale con tutte le sue<br />

strutture ragionate lo aveva sempre<br />

infastidito. Wilson allora decide di discostarsene,<br />

non piegandosi ai compromessi<br />

esegetici della tradizione e non<br />

50<br />

ROBERT ‘BOB’ WILSON<br />

(4 ottobre 1941) Regista e<br />

drammaturgo statunitense,<br />

nel corso della sua caleidoscopica<br />

carriera ha lavorato anche<br />

come coreografo, pittore, scultore,<br />

videoartista e designer di<br />

suoni e luci. La fama a livello<br />

mondiale arriva soprattutto<br />

grazie alle collaborazioni con<br />

Philip Glass, in ‘Einstein on the<br />

Beach’, e con numerosi altri<br />

artisti, tra cui William S. Burroughs,<br />

Allen Ginsberg, Tom<br />

Waits e David Byrne.<br />

accettandone soprattutto quelle regole che puntualmente portavano ad una rappresentazione<br />

didascalica del testo affidato alla parola esplicitata.<br />

visioni<br />

Attraverso l’elemento visivo Wilson libera lo spettatore dalle catene dell’intellettualismo<br />

che per anni lo hanno obbligato a conferire un nome, un significato ad ogni<br />

elemento scenico. Offre al pubblico una visione dalla quale poi ciascun spettatore<br />

partirà per formulare una personale narrazione immaginativa. Siamo<br />

noi chiamati a guardare, ad inventare, quando il silenzio irrompe nella scena, le<br />

relazioni che i respiri, gli sguardi degli attori, le varianti cromatiche prestate ai rapidi<br />

cambi della luce, comunicano. E siamo sempre noi, nonostante la distanza dalla<br />

scena/quadro, che entriamo in comunicazione con il palpitare sensoriale che investe<br />

anche gli oggetti, ora capaci di comunicare come i personaggi in carne e ossa.<br />

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