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Il Mese - Quaderni Radicali Online

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visioni 55<br />

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civilizzazione, non l’ha ancora fiaccato. Ed è saggio, si equipara, niente meno, che<br />

alla pianta, ben radicata in terra”.<br />

E qual è in sintesi è il suo pensiero?<br />

Si tratta per lo più di messaggi di salvezza, inviati urbi et orbi. Qualche esigente<br />

cervello potrebbe dire: ‘Che noia!’ ma il gran pubblico se ne incanta. E il libro che<br />

li lancia vende. Vendono bene i miei libri, dice Jung. Stare in natura paga.<br />

Ma, se si può porre una domanda imbarazzante, cos’è per Jung la natura?<br />

Quella umana si intende; la si può assimilare a quella di una pianta? Jung pensa<br />

di sì. E qual è, in tal caso, il ruolo dell’imprevisto? La natura umana si è evoluta,<br />

nei secoli, grazie all’imprevisto, diventando spesso il contrario di se stessa.<br />

In un passo dello Zibaldone Leopardi parla di una disposizione a poter essere di<br />

cui la natura avrebbe provvisto l’uomo, e solo l’uomo, che grazie a questa facoltà<br />

può andare oltre e contro le intenzioni della natura stessa. Acquisendo così una<br />

serie di vantaggi, fra cui la capacità di astrazione e la straordinaria adattabilità ai<br />

cambiamenti.<br />

In altre parole: il processo culturale, pur vantando una continuità di millenni, conosce<br />

ogni tanto dei salti, delle fratture che ti aprono nuovi scenari. Si concilia ciò<br />

col far pianta?<br />

CARL GUSTAV JUNG è<br />

stato uno psichiatra,<br />

psicanalista e<br />

antropologo svizzero.<br />

La sua tecnica<br />

e teoria di derivazione<br />

psicanalitica<br />

è chiamata ‘psicologia<br />

analitica’.<br />

Inizialmente vicino<br />

alle concezioni di<br />

Sigmud Freud, se<br />

ne allontanò definitivamente dopo un<br />

processo di differenziazione concettuale<br />

culminato con la pubblicazione di<br />

La libido: simboli e trasformazioni. In<br />

questo libro egli esponeva il suo orientamento,<br />

ampliando la ricerca analitica<br />

dalla storia personale del singolo<br />

alla storia della collettività umana:<br />

l’inconscio non è più solo quello individuale,<br />

prodotto dalla rimozione, ma<br />

nell’individuo esiste anche un incoscio<br />

collettivo che si esprime negli archetipi.<br />

Jung disdegnerebbe la domanda. Nel<br />

suo pensiero i contrari convivono e<br />

spesso si abbracciano felicemente.<br />

Poco male se ciò sconcerta il lettore attento.<br />

I lettori disattenti non ci fanno<br />

caso, sedotti da una prosa accattivante,<br />

il cui principale pregio è quello di non<br />

affaticare troppo le meningi.<br />

Qui, a p. 212, troviamo: “L’uomo<br />

nasce con la sua individualità. Ma<br />

c’è qualcosa che egli può fare al di là e<br />

al di sopra del materiale precostituito<br />

della sua natura: può diventare cosciente<br />

di ciò che lo fa essere la persona che<br />

è”. Prendere coscienza, un leitmotiv di<br />

tanta psicologia moderna. Si è meno<br />

imbecilli dopo esser diventati coscienti<br />

di sé stessi?<br />

E a p. 274 troviamo: “L’individuazione

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