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...non olet 39 QR Sgombriamo il campo da un equivoco: dietro questi numeri non c’è nessun disegno manipolatorio da imputare ai consueti poteri forti italiani. Questa metodologia di rilevazione dei dati, infatti, è stata fissata a livello comunitario con il regolamento 577/98 del Consiglio dell’Unione Europea. Volendo però essere un po’ smaliziati, non si può non sottolineare come, in fin dei conti, sono stati proprio i governi nazionali (anche il nostro, ovviamente) a volerla. Forse perché addolcisce un amaro calice? Cosa fanno 15 milioni di italiani? In linea di principio il tasso di disoccupazione dovrebbe essere un indicatore importantissimo; la fotografia che ci informa sulla salute dell’economia e sulla capacità del sistema economico di impiegare i (potenziali) lavoratori (e di creare reddito). Come spiegare allora che un alto tasso di disoccupazione non sempre equivale a un’alta percentuale di occupati? Facciamo un piccola verifica. Nel 2009 in Italia il tasso di disoccupazione ufficiale è stato dell’8,2% “uno dei più bassi d’Europa”. Ma veniamo al ma. Che si chiama tasso di occupazione (“la parte di popolazione che lavora” secondo l’Istat) e che – dice Eurostat - è inchiodato al 57% (sempre Istat). Peggio della Spagna (59,8%), della Romania (58,6%), della Grecia (61,2%). Semplificando, ciò significa che su 60 milioni di italiani circa 26 milioni di loro, per qualche motivo (l’età, ad esempio), non partecipano al mercato del lavoro. E non è tutto. Tra questi 26 milioni di “esclusi”, infatti, ci sono circa 15 milioni di inattivi; una categoria estremamente eterogenea che comprende casalinghe, studenti, lavoratori al nero e così via. E all’interno della quale spiccano – è proprio il caso di dirlo – gli ectoplasmi del nostro mercato del lavoro: gli “sfiduciati”, vale a dire quelle persone che hanno smesso di cercare attivamente un’occupazione e che, a rigor di logica, forse dovrebbero essere invece considerati come “disoccupati”. La loro consistenza numerica è difficile da stabilire anche se la CGIA di Mestre ha stimato che negli ultimi due anni 528mila persone sono uscite dalle statistiche ufficiali sulla disoccupazione per ingrossare le file degli inattivi. Un vero e proprio limbo, dunque, residenza privilegiata di individui che, per il nostro sistema statistico ed economico, non sono né carne né pesce. Le statistiche sono attendibili? Ciò che questo proliferare di statistiche sembra suggerire è che, in fondo, le fonti ufficiali non riescono a descrivere appieno né la reale estensione del fenomeno disoccupazione né le effettive potenzialità del nostro sistema produttivo. O forse, è lo stesso indice di disoccupazione – inteso come un semplice rapporto tra chi un lavoro lo cerca e chi lo ha già – ad avere perso il suo potenziale descrittivo. GIOVANNI M. LOSAVIO
40 Forza Italia SILVIO FOREVER visioni Berlusconi “attore” non buca il grande schermo “L’autobiografia non autorizzata” di Silvio Berlusconi firmata da Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella e portata nelle sale da Roberto Faenza e Filippo Macelloni, non ha avuto il risalto mediatico che ci si aspettava. Forse perché è l’ennesimo film sul Cavaliere di Arcore o più probabilmente perché ha deluso una certa intellighenzia che si augurava la solita solfa in stile morettiano o modello Travaglio e che invece si è trovata di fronte un film non militante. Inizialmente l’idea era un’altra: quella di un documentario di montaggio che raccontasse la degenerazione politica del Paese, “Casta Italia”. Poi - racconta il regista ROBERTO FAENZA – «mentre raccoglievamo i materiali, ci siamo resi conto QR
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