Il Mese - Quaderni Radicali Online
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visioni 53<br />
QR<br />
in generale il trend è quello curatoriale, per cui in questi soggetti non esiste cultura<br />
interdisciplinare, globale, teorica, filosofica, ma più una capacità manageriale,<br />
organizzativa, di gestione dello<br />
spazio museale».<br />
In un’intervista al Corriere della<br />
Sera dichiarò che “Siamo in un clima<br />
di vuoto in cui dilaga la pura comunicazione”...<br />
«Parlavo di peronismo<br />
mediatico: deriva da Perón, da una specie<br />
di unanimismo che in Argentina si è<br />
diffuso a destra e sinistra e ottenuto qui<br />
in Italia attraverso i media.<br />
A un certo punto questo è diventato una<br />
sorta di parametro, di modello che ha<br />
svuotato la politica di ogni contenuto, di<br />
ogni profondità e ha imposto un modello<br />
di politica come pura comunicazione,<br />
performativa, autoreferenziale, in cui<br />
non esistono progetti, non c’è un’idea<br />
di futuro, ma di eterno presente in cui<br />
prevale la politica del videogame, della<br />
vittoria elettorale per la pura vanità di<br />
vincere: tutto è impostato sull’idea della<br />
comunicazione, tutto è comunicazione<br />
e quindi quello che conta è intercettare<br />
il voto, il cliente. E questa, come<br />
“OMAGGIO” A PAPA WOJTYLA<br />
sappiamo, è la strategia della televisione<br />
commerciale che ha invaso anche la politica<br />
e che permette al Premier di considerare l’Italia come un’azienda di cui avendo<br />
la maggioranza può decidere ogni regola, specialmente nella deregulation».<br />
Ma questo clima di vuoto di cui lei parla riguarda anche l’arte? «Certo.<br />
L’arte vive nella storia, nel contesto, l’artista è calato nella società. Nieztsche aveva<br />
profetizzato il tempo comico, ovvero la postmodernità, il tempo dell’irrilevanza,<br />
della superficie, dello svuotamento, del superamento del tragico. Tutto questo<br />
trasferito in politica, come già detto, porta al peronismo mediatico, trasferito<br />
nell’arte può portare ad un atteggiamento edonistico, performativo e autoreferenziale.<br />
Ma l’arte mantiene comunque una funzione: quella di massaggiare il muscolo<br />
atrofizzato della sensibilità collettiva, una sensibilità pellicolare, ridotta al minimo<br />
proprio dal mito televisivo. Quindi l’arte può avere una funzione investigativa,<br />
una funzione anche inquietante. Proprio per questo motivo non bisogna misurare<br />
l’arte con lo share televisivo: spesso il pubblico vuole nel proprio spazio domestico<br />
immagini consolatorie, non problematiche. E invece l’arte vuole stabilire nuovi