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Il Mese - Quaderni Radicali Online

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forte si sentiva il senso dell’appartenenza<br />

che legava tutti, oggi si è<br />

perso il senso di solidarietà. Gli esempi<br />

dei nostri tempi ci incoraggiano<br />

a pensare a noi stessi come<br />

individui solitari. Pensare a te stesso<br />

è meglio, perché questo porta ad essere<br />

più furbo, meglio di quello che ti<br />

sta vicino. Soltanto chi non è miope<br />

riesce a percepire il pericolo di questa<br />

tensione sociale che si sviluppa<br />

e per la quale è sempre necessario<br />

trovare il capro espiatorio, l’extra<br />

comunitario. Fa comodo pensare di<br />

chiudersi nel proprio cancello, facendo<br />

un muro, alzando palizzate per<br />

proteggersi. Ma ci sono delle spinte,<br />

come quelle della fame e di una vita<br />

dignitosa, che portano a scavalcare<br />

qualsiasi muro. Quindi non ci si può<br />

sentirsi al sicuro proteggendosi. Ci si<br />

può sentire sicuri soltanto aprendosi<br />

all’altro e cercando di trovare una<br />

sintesi, una condizione comune».<br />

Sembrerebbe dalle sue parole<br />

che gli stessi argomenti di 30<br />

anni fa - ovvero da quando Gaber<br />

ha parlato all’uomo dell’uomo,<br />

attraversandolo nel timore del<br />

conformismo, nella ricerca della<br />

propria originalità, nel confronto<br />

con la politica, con la società, con<br />

la solitudine, nel tentativo di individuare<br />

i propri rappresentanti -<br />

siano ancora validi e coinvolgenti.<br />

«In “Se non ora, quando?”, Primo<br />

Levi dà voce ad uno straniero a cui<br />

lascia dire: siete curiosi voi italiani,<br />

difficile catalogarvi. Siete sempre<br />

stati contro le regole e le leggi. La<br />

prima cosa che vi piace fare è disobbedire<br />

alle leggi.<br />

48<br />

visioni<br />

Vi piace talmente tanto che se uno<br />

riesce a farlo, voi lo ammirate. Non<br />

soltanto quando lo stesso frega<br />

qualcun’altro, ma anche quando frega<br />

voi stessi: da una parte c’è la delusione<br />

di essere stati aggirati, dall’altra<br />

una parte di ammirazione per quanto<br />

è stato furbo e bravo. Questo potrebbe<br />

spiegare i mali che ci affliggono da sempre,<br />

e quelli più recenti. Si rende necessaria<br />

una coscienza attiva per riscoprire<br />

il senso di appartenenza e di identità,<br />

per usare una parola cara a Gaber.<br />

La cultura può aiutare il pubblico a<br />

ritrovare questo senso di comune<br />

appartenenza, di dignità collettiva?<br />

«La cultura è un argomento declassato<br />

a un bene voluttuario. Uno studio<br />

dell’università di Torino dimostra che<br />

un euro investito in cultura ha un indotto<br />

di 18 euro. Un Paese che riduce<br />

sempre più la percentuale di Pil investito<br />

in cultura fa un errore, soprattutto<br />

economico. La cultura riesce a riprodurre<br />

altra ricchezza, filtra attraverso di<br />

noi e cambia la nostra prospettiva e il<br />

nostro modo di guardare il mondo e gli<br />

altri. La cultura ci permette di capire un<br />

messaggio, un’opera d’arte, decodificare<br />

tutto quello che ci raggiunge. Apre<br />

la nostra mente e ci priva di pregiudizi.<br />

In questo senso ha il valore enorme di<br />

nutrire il nostro cuore e la nostra creatività<br />

che è presupposto di lavoro…di<br />

posti di lavoro. Se non ci fosse la creatività<br />

non ci sarebbero eccellenze imprenditoriali<br />

e aziendali come la Ferrari.<br />

E questo passa attraverso prodotti culturali<br />

- non misurabili su un piatto della<br />

bilancia - e confronto con gli altri».<br />

AMELIA REALINO<br />

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