Scarica e-book 05 - in pensiero
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la l<strong>in</strong>gua e le sementi, avremo sempre un ricco vocabolario di geni. È ovvio,<br />
il vocabolario che si utilizza fa parte di una cornice storica e dipende dalla<br />
caratterizzazione sociale, dalle preferenze, dai desideri della comunità. Ci<br />
lamentiamo oggi che i giovani conoscano <strong>in</strong> fondo pochi lemmi, ne conoscano,<br />
rispetto alle generazioni precedenti, un numero <strong>in</strong>feriore e che i nostri<br />
vocabolari <strong>in</strong>troducano nuove voci precedentemente non codificate. Ciascuno<br />
di noi ha certamente una predilezione per un vocabolario rispetto ad altri,<br />
ma accanto ai vocabolari abbiamo la raccolta. La raccolta delle voci però<br />
non è la l<strong>in</strong>gua, dato che è sulla l<strong>in</strong>gua, che è uno strumento diverso, che<br />
misuriamo la cultura, la possibilità di conoscere, di accedere. Così succede<br />
anche <strong>in</strong> agricoltura, dove abbiamo il vocabolario dei geni, che sono le banche<br />
dati ex situ, cioè le raccolte di germoplasma, istituzioni fondamentali e<br />
da valorizzare – è certamente importante che si conservi una parte genetica<br />
dei semi, che potrà essere utile, come è stato, per studiare e sconfiggere<br />
malattie, soprattutto quando le sementi sono poche e qu<strong>in</strong>di più vulnerabili.<br />
Ma il problema non è la conservazione ex situ, quanto piuttosto la conservazione<br />
<strong>in</strong> situ, cioè, approfondendo la metafora, la possibilità per tutti di parlare,<br />
di utilizzare quante più sementi, geni diversi, sulla base dell’adattamento<br />
ai luoghi, della storia, della conoscenza, della cultura.<br />
questo oggi tra l’altro si <strong>in</strong>nesta sui nuovi scenari, l’agricoltura dei territori<br />
plurali sta crescendo, le agricolture dalle filiere corte hanno un mercato:<br />
dalla voglia di esplorazione dei luoghi, alla ricerca degli agriturismi, alla<br />
voglia di conoscere la campagna, si registra una vera e propria tendenza.<br />
Per esempio il v<strong>in</strong>o italiano, con i suoi 200 vitigni registrati, le 500 denom<strong>in</strong>azioni<br />
protette, le 140 strade del v<strong>in</strong>o che si irradiano sul territorio, è una<br />
sorta di scrigno della diversità. questa è l’economia che reggerà, perché<br />
è un’economia che funziona nel tempo. È l’economia dei piccoli quella che<br />
cont<strong>in</strong>ua a crescere, perché si lega al territorio, alla sua storia, alla cultura,<br />
alla diversità. questa economia è un antidoto per v<strong>in</strong>cere la grande<br />
battaglia contro l’omologazione. È un’economia che ha al centro l’uomo.<br />
La vic<strong>in</strong>anza all’agricoltura, alla cultura del territorio porta necessariamente<br />
a essere ottimisti: il catastrofismo non aiuta a migliorare. L’importante<br />
è pensare al futuro responsabilmente. Basta pensare alla tristezza<br />
dei giapponesi, che magari ricostruiranno anche le strade, ma sanno che<br />
non potranno cibarsi del pesce che vive nelle loro acque. qual è dunque il<br />
futuro, se ci pensiamo? Il futuro è voler più bene ai pesci e costruire una<br />
strada <strong>in</strong> meno.<br />
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