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Premio Nuova Estetica - SIE - Società Italiana d'Estetica

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mensione estetica 5 , nel senso che le sue rappresentazioni non hanno<br />

vincoli conoscitivi. Si potrebbe pensare, dunque, che essa agisca anche<br />

autonomamente. Come mai, allora, ipotizzare la compresenza dell’intelletto?<br />

Qual è il motivo per cui Kant non attribuisce all’immaginazione<br />

l’esclusivo dominio nel campo estetico, secondo un procedimento analogo<br />

a quello per cui si era assegnato all’intelletto il primato nel campo<br />

conoscitivo e alla ragione nel campo morale? Perché non invertire semplicemente<br />

la gerarchia, questa volta a vantaggio dell’immaginazione? È<br />

Kant stesso a rispondere, spiegando come non vi sia alcuna possibilità<br />

di circoscrivere un dominio estetico, neppure riferibile all’immaginazione,<br />

né conseguentemente vi siano degli oggetti che appartengano<br />

specificamente al giudizio di gusto 6 , che si presenta, infatti, come puramente<br />

riflettente, nel senso che riguarda una relazione dell’oggetto<br />

al soggetto, e non una proprietà dell’oggetto stesso. Se l’intelletto non<br />

può ambire a essere legislativo in campo estetico, perché chiamarlo<br />

in causa nella Critica del Giudizio? Kant è consapevole che senza alcun<br />

riferimento all’intelletto, facoltà capace di unificare il molteplice<br />

secondo forme universali, sarebbe necessario rinunciare ad attribuire<br />

un carattere trascendentale al giudizio estetico, riducendo quest’ultimo<br />

a un valore semplicemente individuale ed empirico. A questo punto<br />

verrebbe meno l’obiettivo della terza Critica, quello di individuare un<br />

legame fra la sfera sensibile e quella della libertà, fra il giudizio logico<br />

e il giudizio morale, facendo del gusto una facoltà mediana. Questo<br />

compito sarebbe impossibile da svolgere se si negasse al gusto il carattere<br />

del giudizio. Kant vuole dunque provare a formulare un a-priori<br />

estetico che, in quanto giudizio, aspiri ad essere universale, senza però<br />

diventare conoscitivo.<br />

Coerentemente con questa prospettiva, il gusto ricava dall’intelletto<br />

il modello di una legalità universale, rendendo possibile l’individuazione<br />

di un principio trascendentale estetico, seppure quest’ultimo non<br />

abbia alcun potere di determinazione sui propri oggetti, a differenza<br />

di quanto avviene nel campo teoretico. Il giudicare “senza concetto”<br />

si riferisce a una capacità di concettualizzare in generale, senza aderire<br />

a nessun concetto specifico. A questo esercizio, l’intelletto viene condotto<br />

dalla facoltà che gli è teoreticamente sottoposta, l’immaginazione,<br />

quando questa si svincola dalla subordinazione agli interessi speculativi<br />

ed esercita la propria funzione rappresentativa senza arrestarsi a una<br />

regola determinata. Il giudizio estetico chiama in causa pertanto anche<br />

l’intelletto, come facoltà che produce qualcosa “in più” rispetto all’esperienza,<br />

infatti inventa concetti, ma va considerato come, sul piano<br />

estetico, tale dispositivo funzioni in qualche modo “a vuoto”, senza<br />

essere guidato verso uno scopo determinato, in primo luogo la conoscenza.<br />

La produzione di concetti asseconda, in questo caso, un’altra<br />

finalità, di tipo soggettivo 7 , quella di un accordo fra le facoltà umane.<br />

In questa prospettiva, a essere messo in discussione sarebbe l’ordina-<br />

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