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Premio Nuova Estetica - SIE - Società Italiana d'Estetica

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tale principio non lo si può cogliere che nel suo divenire quando, in<br />

occasione del bello, le diverse facoltà, senza ridurre le loro differenze,<br />

riescono imprevedibilmente a concordare.<br />

Pur essendo a-priori, il senso comune estetico non si manifesta che<br />

nel tempo dell’accordo. Pertanto, è una facoltà formata, oppure una<br />

facoltà in divenire? Nel primo caso, l’accordo fra le facoltà sembrerebbe<br />

imposto dalla pre-esistenza del senso comune e pertanto il giudizio<br />

estetico non si dimostrerebbe davvero libero. Nel secondo caso, l’istante<br />

dell’accordo e il suo conseguente carattere diveniente potrebbero<br />

intaccare l’aspetto a-temporale del giudizio. È proprio questa la trasformazione<br />

che Deleuze vorrebbe provocare: portare a compimento<br />

il trascendentale kantiano esplicitandone il carattere intrinsecamente<br />

temporale. È ciò che Deleuze definisce una “genesi trascendentale” 21 .<br />

Si potrebbe dunque operare una deduzione dei giudizi estetici, non<br />

più nella direzione di una dimostrazione della loro legittimità formale,<br />

ma della loro genesi temporale 22 , che riguarderebbe il momento in cui<br />

l’accordo fra le facoltà viene avvertito nel senso comune.<br />

Il divenire non può più essere escluso da questo orizzonte trascendentale,<br />

ed è infatti la riflessione sulla temporalità il lascito che Deleuze<br />

riconosce senza remore a Kant 23 . Si tratta di un tema che diventerà<br />

peraltro particolarmente rilevante sul piano estetico, ad esempio per<br />

comprendere la posizione teorica di Deleuze sul cinema come compimento<br />

della riflessione filosofica sulla temporalità 24 . Deleuze vede, nella<br />

rivoluzione kantiana, la possibilità di superare la visione tradizionale del<br />

tempo che identifica quest’ultimo con un movimento nello spazio a partire<br />

da un’origine, da un fondamento fuori dal tempo a cui è necessario<br />

ciclicamente ritornare. Questa origine a-temporale è l’eterno presente di<br />

cui il tempo costituisce solo un’“immagine mobile” (Platone). È il tempo<br />

come Kronos, secondo l’espressione che Deleuze utilizza in Logica<br />

del senso 25 . Nel momento in cui Kant non riconosce più il tempo come<br />

una proprietà della sostanza, razionalmente deducibile, ma come la dimensione<br />

originaria e vuota in cui ogni fenomenicità può prodursi, egli<br />

è il primo a consentire l’uscita da quella curvatura che impone di ritornare<br />

circolarmente all’origine, il primo per cui «il tempo è fuori dai suoi<br />

cardini» 26 . Il tempo non è più una semplice successione di istanti, è una<br />

cesura, un “istante puro” 27 . Deleuze utilizza la distinzione operata da<br />

Hölderlin 28 fra il teatro di Eschilo, espressione di un tempo circolare,<br />

in cui si succedono i tre momenti limite-trasgressione-ricomposizione,<br />

e il teatro di Sofocle, in cui vi è una rottura della circolarità, il tempo<br />

si “raddrizza”, inizio e fine non si accordano, “non rimano più”. Siamo<br />

alla rivoluzione kantiana: il tempo è una forma, è la dimensione in cui<br />

scorrono le cose, compreso il soggetto. Non percepiamo, infatti, il divenire<br />

del tempo, di per sé vuoto, ma solo il passaggio delle cose in esso:<br />

«Non è il tempo che è interno a noi […]. Siamo noi che siamo interni<br />

al tempo» 29 . Deleuze ricorda, a questo proposito, le obiezioni, rivolte<br />

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