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Premio Nuova Estetica - SIE - Società Italiana d'Estetica

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qualcosa che comprende queste due attività nello stesso tempo: il loro<br />

esercizio congiunto struttura la nostra cognizione, e Vico ci suggerisce<br />

di ripensarla a partire da una riscoperta della nostra natura poetica.<br />

Prima di concludere vorrei ricordare che di recente, nell’ambito delle<br />

cognitive sciences e della philosophy of mind, sono apparsi non pochi<br />

studi intesi a indagare le cosiddette “dotazioni” della mente umana (le<br />

sue componenti funzionali e la loro integrazione operativa) e a porre<br />

l’accento su quei comportamenti e su quelle abilità che sembrerebbero<br />

marcare una discontinuità, tanto evidente quanto che problematica, tra<br />

l’uomo e il resto dei viventi. Dalle posizioni anti-riduzionistiche di Gerald<br />

Edelman alla neuroestetica di Semir Zeki; dallo studio dei processi<br />

metaforici di George Lakoff ai lavori sull’esperienza estetica condotti<br />

da Vittorio Gallese e David Freedberg, si è prodotto un rinnovato interesse<br />

per i fenomeni estetici e per quel fare che, lungi dal produrre<br />

«un gran numero di cose che vanno oltre lo stretto necessario» (per<br />

utilizzare le parole di denuncia presenti nella Repubblica di Platone 49 ),<br />

ha una decisiva rilevanza per la comprensione della specificità umana 50 .<br />

Non è questa la sede per approfondire le interessanti prospettive di<br />

ricerca aperte da questi lavori; tuttavia, ai fini della proposta teorica qui<br />

presentata, non è inutile richiamare brevemente l’attenzione su alcuni<br />

contributi che hanno indicato proprio nella capacità di fare poesia la<br />

basilare attività del pensiero che distingue l’uomo dagli altri esseri viventi.<br />

Ci riferiamo, in particolare, alle ricerche di Mark Turner, autore<br />

di un’opera intitolata significativamente The Literary Mind, in cui si<br />

sostiene che quegli strumenti mentali erroneamente classificati come<br />

letterari, e relegati in un settore separato dalla vita di ogni giorno, sono<br />

piuttosto ciò che rende possibile la vita di ogni giorno. Storie, proiezioni,<br />

parabole, sono i principi di questa mente letteraria che «is not a<br />

separate kind of mind. It is our mind» 51 . Muovendosi in quest’ottica,<br />

Turner prende posizione contro la scienza cognitiva tradizionale che ha<br />

trascurato lo studio dell’immaginazione umana, ritenendo che sia più<br />

facile spiegare primariamente le attitudini che ci sembrano “semplici”<br />

e, solo in un secondo tempo, cercare di spiegare cosa sia l’immaginazione.<br />

«Je propose d’inverser l’organisation de ces problèmes», affermò<br />

Turner in occasione di una conferenza pronunciata al Collège de<br />

France nel 2002, precisando che «l’existence de l’imagination humaine<br />

est la plus grande énigme scientifique qui soit. C’est l’énigme centrale<br />

dans l’étude des êtres humaines. Cette énigme met la science cognitive<br />

à l’épreuve, et c’est la plus grande épreuve que nous affrontions» 52 .<br />

Non ritrovare in queste parole un’eco dei motivi vichiani fin qui analizzati<br />

è praticamente impossibile. Di certo la somiglianza è più di ordine<br />

epistemologico che tematico, e non è questa la sede per dilungarsi in<br />

raffronti e verifiche minuziose (probabilmente tutt’altro che ardue).<br />

Basti solo notare che ripensare alla nostra natura poetica significa<br />

soprattutto impegnarsi in una differente disposizione interrogativa, in<br />

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