RICORDANDO MASSIMILIANO CUPELLINI

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116 TANT'ANNI fA... che me metteva er sale su la bocca; cl an Lorenzo in LuC'ina, ecco la chiesa dove tant'anni fa fui battezzato; l'ho voluta rivede e ce so' entrato quasi de sorpresa. Drento è piuttosto scura, poche persone a sede; me pare, sarvognuno, che li Santi dipinti su le mura se vortino de botto tutti quanti: - Guarda chi s'arivede! Ce resto male e un po' mortificato m'accosto piano piano al' cancelletto del' fonte indove venni battezzato. Fonte battesimale benedetto! Tu sei sempre lo stesso e io me so' invecchiato! Però adesso, accosto a te, io rivedo er passato. E me rivedo in fasce e bavarola, rivestito de tul/e e de merletti, in braccio a la mammana fra li parenti stretti, fra mamma e fra papà... com' ereno felici, poveretti, speraveno... chissà! E rivedo er curato, Don Verlapo, co' le manone grasse 12 pover'iJmo, poteva immagginasse che adesso a me me piace tutto sciapo? Tant'anni fa. Ma quanti? E chi lo sa?! De metteme a fa er conto nun me va. Fonte battesimale, dimme un po': La vita mia l'ho spesa bene o male? So' stato un blJn cristiano appuro no? Ma tu sei marmo e nun me dichi gnente! Ncmmanco 'na parola de conforto! Ma, for.
BYRON «POSA» PER THORWALDSEN ad inserirsi nell'iconografia dell'autore di Don Juan, unitamente al ritratti del Gay, di Westall, di Harlowe, di Sanders, e all'altro busto, 2- 'influsso esercitato dalla personalità e dall'opera di Byron sulle arti figurative del suo tempo, non è stato nè poco nè breve. Basterebbe passare in rassegna la sola sezione inglese della National Gallery (I) per dimostrarlo. Si vedrebbe che gli artisti non si sono ispirati soltanto ad uno specifico soggetto byroniano (come il Childe Harold's Pilgrimage, dipinto nel 1832 da Joseph Mallord William Turner prendendo spunto da alcune strofe nel canto italiano del poema omonimo), ma che si arriva a parlare, ad esempio, di spirito pessimistico del Byron a proposito dell'arte di Edward Burne Jones, o a dare addirittura efficacia retroattiva alla suggestione esercitata dai versi del romantico lord, come nel caso di un Paesaggio dovuto a Richard Wilson ~I714- 1782), nel quale E. T. Cook ha voluto scorgere « un caratteristico esempio del byronic modo di vedere l'Italia», da parte di questo grande caposcuola inglese. L'Italia! Ecco la terra fecondatrice del genio di Byron e di coloro che ne seguirono le orme, sia pure con la tavolozza ed il pennello. Nel 1827, appena tre anni dopo la morte del poeta, sir Charles Lock Eastlake dipinge a Roma il Sogno di Lord Byron; in Roma, nelle sale della Galleria Nazionale d'Arte Moderna, si ritrova una tela di Domenico Morelli, Il conte Lara, dal Byron ispirato; mentre, giacente nei magazzini della stessa Galleria, si trova pure un bozzetto di Ercole Rosa per un monumento da erigere al cantore di Aroldo (2). Ed ancora in Roma, all'Accademia di San Luca, è esposto quel ritratto del pittore Vincenzo Camuccini, dovuto a Josef Grassi, che, seguendo falsissime fonti, ci si ostina diabolicamente a considerare come la più significativa effigie del poeta inglese, ad onta di tutte le smentite (3). Risulta poco o affatto noto, invece, come in questa città s'la stato effettivamente eseguito uno dei ritratti più riusciti e più veri di Byron: il busto scolpito da Bene! Thorwaldsen (4). Busto che, con onore, va 178 purtroppo irreperibile, opera del nostro Lorenzo Bartolini (5). Del danese parla lo stesso Byron, in nota ad una lettera inviata da Venezia a John Murray, il 4 giugno 1817: « P.S. - A Roma, Thorwaltzen [sic] ha scolpito, per Hobhouse, un mio busto, risultato eccellente. Egli è il migliore scultore dopo Canova; qualcuno anzi lo preferisce a lui» (6). E John Cam Hobhouse, da lunga data amico e collaboratore del poeta (corredò il Quarto Canto del Childe Harold di amorose note, meritevoli di non essere troppo più a lungo ignorate dagli italiani e, in particolare, dai romani), scrivendo pure al Murray, il 7 dicembre di quello stesso anno: « Concluderò parlandovi del busto di Byran. ~ un capolavoro del Thorwaldsen, da molti ritenuto superiore al Canova in questo genere. La somiglianza è perfetta. L'artista ha lavorato con amore, e mi disse essere stata questa la più bella testa che egli abbia mai avuto sotto le mani ». Incaricato da Byron, Hobhouse - secondo Karl Elze - aveva scritto a Thorwaldsen chiedendogli se e quando il poeta avrebbe potuto posare per lui. Lo scultore, molto indolente nel curare la propria corrispondenza, probabilmente dilazionò la risposta, mettendo in tal modo a dura prova la pazienza di Byron, che, senza più' attendere oltre, si recQ direttamente da lui, nel breve soggiorno romano. Thorwaldsen, che abitava a Via Sistina, ed aveva studio negli im- mediati pressi di Palazzo Barberini, riferirà in seguito ad Andersen i dettagli dell'incontro e della « posa ». « Byron si mise di fronte a me, ma ad un certo momento cominciò ad assumere una espressione completamente diversa dalla sua abituale. - Non volete posare più? gli dissi. Non c'è bisogno che assumiate quell'espressione. - Ma è la mia - rispose Byron. - Davvero? - dissi io, e lo raffigurai come desiderava. Quando il busto fu compiuto, tutti lo riconobbero molto somigliante. Invece Byron, appena lo vide, esclamò: « Non mi somiglia affatto; la mia espressione è molto più melanconica, molto più unhappy! ». E non si può dubitare nè della veridicità del dialogo nè delle gentili maniere del danese, perchè, nel giugno di quel 1817, sempre 179
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