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RICORDANDO MASSIMILIANO CUPELLINI

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ealizzare, con sistemi modernissimi e innovazioni tecniche, stati di<br />

animo esasperati ed intensi. E vi riuscì, non per la potenza delle sue<br />

concezioni, ma dando modo al pubblico di manifestare con esasperazione,<br />

non sempre opportuna e con intensità non lodevole, il proprio<br />

stato d'animo che veniva a crearsi in virtù dello spettacolo che gli<br />

veniva offerto.<br />

La cronaca della serata al Valle si riassume in un baccano assor-<br />

dante a cui il pubblico che gremiva il teatro si abbandonò con vivo<br />

movimento durante tutto il corso della rappresentazione.<br />

Alla gazzarra indiavolata vi presero parte non soltanto « quelli»<br />

del loggione e dell'« allegro pollaio», come lo chiamò Marinetti stesso<br />

in un breve discorso pronunciato alla metà circa dello spettacolo, ma<br />

anche gli spettatori della platea e dei palchi.<br />

Da principio v'era in molti la più benevola disposizione ad ascol-<br />

tare ed anche ad accogliere con cortese compiacimento il lavoro del<br />

capo del movimento futurista, ma col procedere della recitazione le<br />

interruzioni ed i commenti ad alta voce presero il sopravvento. Fu da<br />

ogni parte un fuoco di fila, un succedersi di frizzi, di beccate agli<br />

attori che, poveretti, apparvero presto smontati e dovettero spesso trattenere<br />

l'ilarità.<br />

Un attore disse: « Siamo tutti pazzi!». Apriti cielo! Scoppiò un<br />

uragano di consensi ed uno gridò: « Fuori il pazzo maggiore!». Da<br />

quel momento il pubblico rise clamorosamente ad ogni battuta, specie<br />

quando un altro attore, poichè si trattava di descrivere il vulcano, con<br />

voce tonante pronunciò la frase: « L'ombellico dell'Etna ».<br />

Naturalmente gli schiamazzi e le risate coprirono sovente la voce<br />

degli attori e non lasciarono afferrare il senso logico e la successione<br />

scenica del lavoro che era già assai difficile a comprendersi.<br />

A questo proposito vi fu chi gridò: « Vogliamo la spiegazione»<br />

scandendo le sillabe di quest'ultima parola con un'intonazione da can-<br />

tilena; e ciò perchè Marinetti fece dire ai suoi personaggi che si può<br />

tentare di riprodurre i meravigliosi colori delle fiammate dell'Etna<br />

con i mezzi inventati dall'arte pirotecnica e che si possono arrestare<br />

le calate di lava incandescenti con la stessa lava raffreddata messa<br />

come una diga alle falde del monte.<br />

212<br />

~<br />

I.<br />

Non è tutto qui. L'autore fece ben comprendere, attraverso la recitazione,<br />

che egli era convinto che. si arriverà alla fusione delle anime<br />

e dei corpi in forza delle stesse leggi che regolano i vulcani.<br />

Nel suo discorso rivolto al pubblico si compiacque della facoltà<br />

immaginativa di cui si disse in possesso e lamentò che il baccano aveva<br />

fatto sciupare un centinaio di immagini geniali.<br />

Il pubblico in ultimo apparve stanco e sfollò lentamente il teatro<br />

senza più applaudire nè protestare.<br />

Il 20 dicembre 1927 Marinetti fece rappresentare al teatro Argentina<br />

le otto sintesi a cui s'è accennato dal titolo « I prigionieri e<br />

l'amore». Tutto del dramma è ,reso per atmosfere e suggestioni, tocchi<br />

di colore, episodi misteriosi, simboliche apparizioni e « drammi di<br />

oggetti inanimati» senza esservi nulla di difficile e di oscuro.<br />

Il pubblico - come al solito - si abbandonò a frizzi, beccate ed<br />

interruzioni fino a scatenare in qualche momento un vero uragano di<br />

proteste e d'invettive. Tuttavia la seconda, la sesta, e particolarmente<br />

la quarta sintesi, in virtù della bellissima ed originale messa in scena<br />

del pittore Prampolini furono ammirate, gustate, ed anche applaudite.<br />

La sera dopo la stessa compagnia del « Teatro futurista» rappresentò<br />

« L'oceano del cuore» ma in questo lavoro, composto di scene<br />

povere e vuote, Marinetti non potè nascondere il rimasticaticcio di<br />

maldigeriti ricordi passatisti, che il pubblico continuamente rumoreggiò<br />

malgrado le proteste dei partigiani del futurismo i quali, quella sera,<br />

s'erano riuniti in buon numero per opporsi alla consueta gazzarra dei<br />

ben pensanti.<br />

Filippo Tommaso Marinetti tornò a presentarsi al teatro Argentina<br />

come autore drammatico il 13 giugno 1931 portando su quelle scene<br />

già sperimentate il « Divertimento futurista » intitolato « Simu/tanina »<br />

che questa volta non era compreso in otto sintesi ma in sedici, cioè il<br />

doppio di quelle usualmente adottate dal poeta nei suoi lavori teatrali<br />

futuristi.<br />

La signora Lia Orlandini-Lupi cantò le canzoni di « Simu/tanina »<br />

musicate da Carmine Guarino su parole di Escodanè e la signorina<br />

Censi eseguì una danza simultanea di gioia-dolore dello stesso Guarino.<br />

Fra i personaggi v'era il « buon gustaio» che offrì al pubblico delle<br />

vivande futuriste.<br />

~- .<br />

213

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