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RICORDANDO MASSIMILIANO CUPELLINI

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220<br />

PRIMAVERA ROMA, IL TASSONI, « LA SECCHIA» IL FICO<br />

E'ape ritorna in volo all'arveare,<br />

sona la tromma, chiama una compagna:<br />

« Avvisa la Reggina »; la campagna<br />

è tutta in fiore, sveja le commare.<br />

Se sdruscia le zampette, arza er collare,<br />

che profumo de fiori de montagna!<br />

svòta le cestarelle, doppo magna<br />

va ne la su celletta e lì scompare.<br />

Lo sciame ronza a festa, ma in sordina<br />

se sente un pispijìo e s'arimira<br />

no sbatte d'aie: sorte la Reggina.<br />

Un frullo e l'ape voleno a raggera...<br />

Na vecchiarella guarda, poi sospira,<br />

e na regazza canta. È primavera!<br />

FILIPPO T ARTUFARI<br />

cma perchè Roma, che è stata sempre uno dei maggiori centri<br />

artistici del mondo e ha visto nascere centinaia di capolavori, non ha<br />

avuto eguale fortuna coi letterati?<br />

Raffaello, Michelangelo, Bernini, Canova e altri infiniti trovarono<br />

in Roma il campo migliore della loro attività, ma poeti e scrittori<br />

(almeno i sommi) disertarono l'Urbe e le negarono la gioia di un<br />

ideale maternità. Chi voglia assaporare a pieno l'amara ve.rità, non ha<br />

che a ,passare in rassegna decade per decade i secoli della letteratura<br />

nostra e s'avvedrà con notevole disappunto che poche e di poco<br />

rilievo sono (fino al 1870) le opere che abbiano aperto le ali sotto il<br />

limpido cielo di Roma.<br />

Fa eccezione, nel primo seicento, un poema gagliardo e originalissimo:<br />

La Secchia Rapita del conte Alessandro Tassoni.<br />

L'umore acre del modenese - vivo e frizzante come il patl io<br />

lambrusco - chissà che non attinse impeto al contatto del mordace<br />

popolo di Quirite! Fatto è che il poema fu pensato, creato e sviluppato<br />

a Roma. Lo sappiamo dalla bocca del poeta che in una delle tante<br />

prefazioni da lui premesse alle varie edizioni del poema, e proprio<br />

in quella che porta il falso nome di Gaspare Salviani, scrisse così:<br />

« Quest'opera fu composta in Roma l'anno 16II. Fu cominciata il<br />

mese d'aprile, e finita d'ottobre. Cavalieri e prelati ne possono far fede,<br />

che la viddero comporre quell'anno, mentre praticavano coll'autore;<br />

e fra gli altri monsignor Quarengo, monsignor Giovanni Ciampoli,<br />

il signor Baldassarre Paulucci, e il signor cavaliere Fulvio Testi. Fu<br />

prima pubblicata che composta; perciocchè di dieci canti ne erano già<br />

fuori in penna più di cento copie, prima che fossero finiti gli ultimi<br />

due. In meno di un anno ne andarono attorno più copie in penna.<br />

Un copista solo ne fece tante copie a otto scudi l'una che, in pochi<br />

mesi, ne cavò circa duecento ducati... ».<br />

2'21

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