RICORDANDO MASSIMILIANO CUPELLINI
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PRIMAVERA ROMA, IL TASSONI, « LA SECCHIA» IL FICO<br />
E'ape ritorna in volo all'arveare,<br />
sona la tromma, chiama una compagna:<br />
« Avvisa la Reggina »; la campagna<br />
è tutta in fiore, sveja le commare.<br />
Se sdruscia le zampette, arza er collare,<br />
che profumo de fiori de montagna!<br />
svòta le cestarelle, doppo magna<br />
va ne la su celletta e lì scompare.<br />
Lo sciame ronza a festa, ma in sordina<br />
se sente un pispijìo e s'arimira<br />
no sbatte d'aie: sorte la Reggina.<br />
Un frullo e l'ape voleno a raggera...<br />
Na vecchiarella guarda, poi sospira,<br />
e na regazza canta. È primavera!<br />
FILIPPO T ARTUFARI<br />
cma perchè Roma, che è stata sempre uno dei maggiori centri<br />
artistici del mondo e ha visto nascere centinaia di capolavori, non ha<br />
avuto eguale fortuna coi letterati?<br />
Raffaello, Michelangelo, Bernini, Canova e altri infiniti trovarono<br />
in Roma il campo migliore della loro attività, ma poeti e scrittori<br />
(almeno i sommi) disertarono l'Urbe e le negarono la gioia di un<br />
ideale maternità. Chi voglia assaporare a pieno l'amara ve.rità, non ha<br />
che a ,passare in rassegna decade per decade i secoli della letteratura<br />
nostra e s'avvedrà con notevole disappunto che poche e di poco<br />
rilievo sono (fino al 1870) le opere che abbiano aperto le ali sotto il<br />
limpido cielo di Roma.<br />
Fa eccezione, nel primo seicento, un poema gagliardo e originalissimo:<br />
La Secchia Rapita del conte Alessandro Tassoni.<br />
L'umore acre del modenese - vivo e frizzante come il patl io<br />
lambrusco - chissà che non attinse impeto al contatto del mordace<br />
popolo di Quirite! Fatto è che il poema fu pensato, creato e sviluppato<br />
a Roma. Lo sappiamo dalla bocca del poeta che in una delle tante<br />
prefazioni da lui premesse alle varie edizioni del poema, e proprio<br />
in quella che porta il falso nome di Gaspare Salviani, scrisse così:<br />
« Quest'opera fu composta in Roma l'anno 16II. Fu cominciata il<br />
mese d'aprile, e finita d'ottobre. Cavalieri e prelati ne possono far fede,<br />
che la viddero comporre quell'anno, mentre praticavano coll'autore;<br />
e fra gli altri monsignor Quarengo, monsignor Giovanni Ciampoli,<br />
il signor Baldassarre Paulucci, e il signor cavaliere Fulvio Testi. Fu<br />
prima pubblicata che composta; perciocchè di dieci canti ne erano già<br />
fuori in penna più di cento copie, prima che fossero finiti gli ultimi<br />
due. In meno di un anno ne andarono attorno più copie in penna.<br />
Un copista solo ne fece tante copie a otto scudi l'una che, in pochi<br />
mesi, ne cavò circa duecento ducati... ».<br />
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