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Bimba di due anni muore per una rara polmonite - tages anzeiger

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Illustrazione René Bossi/©Il Caffè<br />

segue dalla pagina accanto<br />

Svizzera) è entrata nello spazio-<br />

Schengen tra la fine del 2008<br />

(frontiere terrestri) e l’inizio del<br />

2009 (frontiere aeroportuali) e<br />

l’altro (la Libia) intrattiene rapporti<br />

quanto meno ambigui con<br />

gran parte degli stati del mondo,<br />

confidando sulla rispettabilità<br />

che tutto il suo petrolio le conferisce<br />

agli occhi <strong>di</strong> un mondo che ne<br />

è sempre più assetato. Le contrad<strong>di</strong>zioni<br />

intrinseche della Li-<br />

La politica<br />

Diciotto mesi <strong>di</strong> tentativi falliti <strong>per</strong><br />

liberare i <strong>due</strong> ostaggi svizzeri<br />

trattenuti in Libia e ora la grana<br />

con l’Europa, dopo la decisione <strong>di</strong> Berna<br />

<strong>di</strong> vietare l’ingresso in Svizzera a 188 libici<br />

e l’imme<strong>di</strong>ata ritorsione <strong>di</strong> Gheddafi<br />

che ha bloccato tutti i visti <strong>per</strong> i<br />

Paesi dell’area <strong>di</strong> Schengen. Nel braccio<br />

<strong>di</strong> ferro con Tripoli il Consiglio federale<br />

non ne imbrocca <strong>una</strong>. Ad ogni mossa<br />

sembra scattare implacabile la legge <strong>di</strong><br />

Murphy: se qualcosa può andare storto,<br />

<strong>di</strong> sicuro andrà storto. Il governo non ha<br />

<strong>di</strong> certo brillato <strong>per</strong> acutezza <strong>di</strong>plomatica,<br />

ma i partiti ci hanno messo pure del<br />

loro nel complicare la situazione. Se la<br />

lista nera <strong>di</strong> Berna sta creando imbarazzo<br />

nell’Ue, a consigliare questa con-<br />

LIBERAMENTE<br />

LA SOSPENSIONE<br />

Il 4 novembre il<br />

governo elvetico<br />

sospende<br />

l’accordo firmato<br />

con la Libia e<br />

inasprisce la<br />

politica restrittiva<br />

in materia <strong>di</strong> visti.<br />

bia e del regime che Gheddafi ha<br />

impiantato sono tali e talune<br />

tanto gravi (come la sponsorship<br />

dell’attentato aereo <strong>di</strong> Lockerbie<br />

del 1988) da rendere sempre un<br />

poco sospetto l’atteggiamento accon<strong>di</strong>scendente<br />

che alcuni paesi<br />

in certi casi adottano nei suoi<br />

confronti. Da quasi <strong>due</strong> <strong>anni</strong><br />

dura, ad esempio, la tensione tra<br />

Libia e Svizzera, a seguito della<br />

bega, tutta privata e <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto privato,<br />

causata dall’arroganza e<br />

Dio esiste? E se sì, com’è? Persino il pagano Aristotele si pose<br />

queste domande. Com’è noto, <strong>per</strong> un certo <strong>per</strong>iodo, la cultura<br />

dominante in Occidente ha considerato tali problemi del tutto<br />

irrisolvibili, obsoleti e inutili. Eppure, ai nostri giorni, le cose stanno<br />

cambiando. In Australia gli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> metafisica, proprio quelli che si occupano<br />

<strong>di</strong> Dio, conoscono <strong>una</strong> fioritura da non credersi, tra l’altro,<br />

spesso, <strong>per</strong> merito <strong>di</strong> filosofi non credenti. Lo stesso <strong>di</strong>casi <strong>per</strong> quei<br />

paesi, come Stati Uniti e Inghilterra, da sempre considerati patrie del<br />

pragmatismo e oggi, invece, all’avanguar<strong>di</strong>a negli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> metafisica.<br />

Persino la famosa rivista “Erkenntnis”, organo del già ateissimo circolo<br />

<strong>di</strong> Vienna, pubblica oggi stu<strong>di</strong> filosofici su Dio e l’essere. Per questi<br />

motivi mi stupisce l’atteggiamento <strong>di</strong> qualche ateo nostrano, che si atteggia<br />

a moderno, ignaro che nel frattempo i suoi pensatori <strong>di</strong> riferimento<br />

sono già entrati in <strong>una</strong> fase nuova, quella <strong>di</strong> <strong>una</strong> ritrovata do-<br />

dalla maleducazione del figlio <strong>di</strong><br />

Gheddafi (quante volte nella storia<br />

abbiamo visto i figli dei potenti<br />

abusare della loro posizione...),<br />

sulla quale ora si sono innestate<br />

circostanze significative e meritevoli<br />

<strong>di</strong> nota, alle quali non si sarebbe<br />

<strong>per</strong>ò giunti se i paesi europei<br />

(quelli dello spazio-Schenger,<br />

appunto) avessero sempre adottato<br />

<strong>una</strong> linea coerente e comune<br />

nei confronti della Libia.<br />

Il principio fondamentale a cui i<br />

Il governo, i partiti<br />

e la legge <strong>di</strong> Murphy<br />

FULVIO PELLI<br />

Il presidente<br />

del Plr ha<br />

sempre <strong>di</strong>feso<br />

la linea <strong>di</strong> Merz<br />

BLACK LIST<br />

Trapela la notizia<br />

che le autorità<br />

svizzere hanno<br />

varato <strong>una</strong> lista<br />

nera con 188<br />

libici cui non si<br />

riconosce il visto<br />

<strong>di</strong> Schengen.<br />

tromisura era stato nell’ottobre scorso il<br />

Plr: <strong>per</strong> i citta<strong>di</strong>ni libici niente accesso ai<br />

visti dello spazio Schengen. Il Plr ha<br />

sempre sostenuto la strategia del suo<br />

ministro Hans Rudolf Merz, che da presidente<br />

ha gestito l’affare libico, mentre<br />

a destra sono state pure avanzate soluzioni<br />

dure. In testa l’Udc che, con il deputato<br />

Christophe Mörgele, suggeriva <strong>di</strong><br />

rom<strong>per</strong>e tutte le relazioni con Libia. Per i<br />

socialisti invece Berna avrebbe dovuto<br />

chiedere l’aiuto <strong>di</strong> alcuni Paesi Ue <strong>per</strong> riportare<br />

a casa gli ostaggi. Sulla stessa linea<br />

i Ver<strong>di</strong>. Il Ppd, contrario ad ogni<br />

prova <strong>di</strong> forza con Tripoli, ha comunque<br />

fatto leva sulla vicenda <strong>per</strong> criticare sia<br />

Merz sia il ministro degli Esteri Calmy<br />

Rey. l.d.a.<br />

LE FRONTIERE<br />

Tripoli chiude il<br />

14 febbraio le<br />

frontiere ai<br />

citta<strong>di</strong>ni dell'area<br />

<strong>di</strong> Schengen<br />

reagendo alla<br />

politica dei visti<br />

della Svizzera.<br />

buoni rapporti <strong>di</strong>plomatici devono<br />

ispirarsi è ovviamente<br />

quello della reciprocità, a cui la<br />

Libia in pratica non si adegua se<br />

non in modo molto selettivo, cosicché<br />

la decisione svizzera <strong>di</strong> applicare<br />

il criterio della “lista nera<br />

degli indesiderabili” a 188 <strong>per</strong>sone,<br />

tra cui Gheddafi stesso, appare<br />

non più sgradevole della decisione<br />

libica <strong>di</strong> “sequestrare” <strong>due</strong><br />

citta<strong>di</strong>ni svizzeri, ormai quasi <strong>due</strong><br />

<strong>anni</strong> fa. Inizia così il gioco dei ricatti<br />

e contro-ricatti: l’ultima<br />

mossa è la provocatoria decisione<br />

libica che ha sospeso il visto a<br />

tutti i 28 firmatari <strong>di</strong> Schengen - in<br />

base a quale ragione? I membri<br />

dell’Ue non possono essere considerati<br />

corresponsabili delle decisioni<br />

o delle azioni svizzere, più<br />

<strong>di</strong> quanto non lo siano <strong>di</strong> quelle<br />

libiche: non fosse che la tra<strong>di</strong>zione<br />

<strong>di</strong> rispetto dei <strong>di</strong>ritti civili in<br />

Svizzera ha un rigore e <strong>una</strong> costanza<br />

ignoti alla Libia.<br />

Siamo sempre da capo: se vogliono<br />

farsi capire e svolgere <strong>una</strong><br />

funzione in qualche modo promozionale,<br />

i Paesi democratici<br />

devono capire non soltanto che il<br />

loro standard democratico non<br />

deve aver falle, ma anche che le<br />

loro decisioni devono essere<br />

chiare, pubbliche e suscettibili <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>battito. Oggi come oggi, non si<br />

tratta <strong>di</strong> migliorare la democrazia<br />

svizzera, ma <strong>di</strong> introdurla in Libia.<br />

L’osservanza dei <strong>di</strong>ritti civili e l’attenzione<br />

<strong>per</strong> le libertà in<strong>di</strong>viduali<br />

ne sono un importante banco <strong>di</strong><br />

prova. Proviamoci.<br />

IL DIO CHE DIVIDE ARISTOTELE DA PLATONE<br />

manda su Dio. Ma torniamo all’antica Grecia. Come tutti gli allievi intelligenti<br />

che si rispettino, Aristotele cominciò con il criticare la “teologia”<br />

del suo maestro Platone. Questi, infatti, aveva concepito il <strong>di</strong>vino<br />

come un Demiurgo, cioè un artefice, un artigiano, il quale costruiva il<br />

mondo avendo a modello le idee eterne (<strong>di</strong>vine anche loro), e “proiettando”<br />

<strong>per</strong> così <strong>di</strong>re le imitazioni <strong>di</strong> quei modelli, cioè le ombre da lui<br />

costruite, sullo “schermo” della materia. Platone concepiva la relazione<br />

fra le cose materiali così generate e le idee come <strong>una</strong> relazione <strong>di</strong><br />

“imitazione” o, in altre parole, <strong>di</strong> “partecipazione”. Le cose materiali<br />

sarebbero dunque semplici ombre delle vere realtà: le idee immateriali<br />

dell’i<strong>per</strong>uranio.<br />

Per Aristotele tutta questa visione aveva poco a che fare con la filosofia:<br />

“Dire che le idee sono modelli e che le cose sensibili partecipano <strong>di</strong><br />

esse significa parlare a vuoto e fare uso <strong>di</strong> mere immagini poetiche”.<br />

L’intervista<br />

IL CAFFÈ 21 febbraio 2010<br />

43<br />

“La mobilità<br />

è ormai <strong>di</strong>ventata<br />

un’arma globale<br />

Èsolo un simbolo, ma con <strong>una</strong> i<strong>per</strong>valutazione<br />

che può trasformarlo, in qualsiasi momento, in<br />

moneta sonante. Sarà un paradosso, ma proprio<br />

mentre l’umanità affronta la maggiore mobilità della<br />

sua storia, il valore <strong>di</strong> un visto <strong>di</strong>venta quello <strong>di</strong> un<br />

tassello strategico sullo scenario globale. Ne è convinto<br />

Vincent Chetail, docente <strong>di</strong> Diritto internazionale<br />

all’ l'Institut de haute études internationales <strong>di</strong><br />

Ginevra e <strong>di</strong>rettore della ricerca nel Programma <strong>per</strong> lo<br />

stu<strong>di</strong>o delle migrazioni globali all’Accademia ginevrina<br />

dei <strong>di</strong>ritti umanitari.<br />

Allora non c’è da illudersi sulla realizzazione <strong>di</strong> un<br />

mondo futuro senza barriere e frontiere?<br />

“Sono soprattutto gli europei ad essersi <strong>di</strong>menticati<br />

che fino al 1980 si viaggiava praticamente senza passaporto.<br />

Lo so che la sensazione, <strong>di</strong> tutti, è quella <strong>di</strong><br />

un mondo a<strong>per</strong>to, raggiungibile da chiunque, ma non<br />

è così. Per certi aspetti si è tornati alle ‘credenziali’,<br />

alle lettere <strong>di</strong> presentazione necessari ai cavalieri rinascimentali<br />

<strong>per</strong> essere ammessi ai vari Stati che, allora,<br />

avevano le <strong>di</strong>mensioni <strong>di</strong> <strong>una</strong> borgata... Solo che,<br />

rispetto ad allora, adesso siamo in milioni a muoverci<br />

da un Paese all’altro”.<br />

Ma è giustificato che, nell’era della globalizzazione,<br />

Vincent Chetail<br />

docente all’Istituto<br />

<strong>di</strong> alti stu<strong>di</strong><br />

internazionale<br />

<strong>di</strong> Ginevra<br />

ed es<strong>per</strong>to<br />

in migrazioni<br />

globali<br />

un visto, un passaporto, riacquistino tanto valore?<br />

“Buona parte delle restrizioni sono giustificate dall’esigenza<br />

<strong>di</strong> ‘sicurezza’, ma non possiamo nasconderci<br />

che, in realtà, queste limitazioni sono le stesse<br />

che giustificavano le separazioni dei tempi remoti: tenere<br />

le <strong>di</strong>stanze tra nord e sud o, se preferisce, tra ricchi<br />

e poveri”.<br />

E basta questo <strong>per</strong> attribuire un’importanza così<br />

elevata ad un visto?<br />

“Mi basta un esempio <strong>per</strong> <strong>di</strong>mostrare come, a seconda<br />

degli interessi in gioco, un documento d’ingresso<br />

<strong>di</strong>venta vitale. Fino a qualche anno fa in Cina<br />

era <strong>di</strong>fficile entrare ed impossibile uscire se non clandestinamente.<br />

Oggi si parte e si atterra a Pechino<br />

come routine, ma solo <strong>per</strong>chè la su<strong>per</strong>potenza cinese<br />

ora si considera ‘Occidente’. All’area <strong>di</strong> Shengen, invece,<br />

sono bastati un paio <strong>di</strong> veti incrociati <strong>per</strong> andare<br />

in crisi”.<br />

Si riferisce alla <strong>di</strong>atriba tra Libia e Svizzera?<br />

“Anche in questo caso, anzichè valutare il valore strategico<br />

<strong>di</strong> un visto se ne coglie solo l’aspetto simbolico,<br />

la strumentalizzazione che ha fatto Gheddafi”.<br />

Riconoscerà che, almeno in questo caso, il visto negato<br />

ai citta<strong>di</strong>ni europei è solo un pretesto <strong>per</strong> alzare<br />

la posta <strong>di</strong>plomatica in palio?<br />

“Che la Libia voglia ‘monetizzare’ il visto non si <strong>di</strong>scute,<br />

ma oltre a <strong>di</strong>mostrare il valore simbolico <strong>di</strong><br />

merce <strong>di</strong> scambio, l’evidente provocazione, il segnale<br />

che si dovrebbe recepire nasconde <strong>una</strong> posta ben più<br />

elevata, che va oltre la lite con la Confederazione”.<br />

Di che segnale si tratta?<br />

“Un segnale che <strong>di</strong>mostra ulteriormente il valore <strong>di</strong><br />

un visto. Gheddafi non ha mai nascosto la sua ambizione<br />

<strong>di</strong> leadership dell’intera Africa, e questo ‘uso’<br />

del visto è sì simbolico, ma è un chiaro segnale d’allarme:<br />

attenzione, ho io in mano il ‘rubinetto’. Sono io<br />

a decidere se centellinare i vostri ingressi o, al contrario,<br />

inondarvi <strong>di</strong> emigranti... Ha ancora dubbi sul valore<br />

<strong>di</strong> un visto?”.<br />

e.r.b.<br />

<strong>di</strong> GIOVANNI VENTIMIGLIA<br />

Infatti, secondo Aristotele, le metafore usate da Platone non spiegherebbero<br />

<strong>di</strong>verse cose, come <strong>per</strong> esempio il <strong>di</strong>venire, dal momento che<br />

le idee sono immobili, e immobili dunque dovrebbero essere le loro<br />

immagini riflesse sullo schermo della materia.<br />

Aristotele considera insomma la teologia <strong>di</strong> Platone come un grande<br />

racconto poetico affetto da antropomorfismo. Dio non può essere immaginato,<br />

nota il filosofo, come un artigiano umano, ma deve essere<br />

razionalmente <strong>di</strong>mostrato come il motore immobile, principio <strong>di</strong><br />

tutto il <strong>di</strong>venire. Comincia così <strong>una</strong> grande querelle, che dura tuttora:<br />

da <strong>una</strong> parte chi concepisce Dio con immagini forse troppo umane,<br />

come l’artigiano, dall’altra chi lo concepisce come l’algoritmo im<strong>per</strong>sonale<br />

<strong>di</strong> tutto il cosmo. Da un lato un Dio troppo immaginabile e<br />

troppo umano, dall’altro un Dio troppo razionale e troppo poco<br />

umano. Eppure, un’alternativa esiste. Lo vedremo.

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