Bimba di due anni muore per una rara polmonite - tages anzeiger

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6 IL CAFFÈ 21 febbraio 2010 Nuovi salari. Nuovi contratti. Trasferte giornaliere. Ecco i volti e i risvolti del nuovo impiego. Globalizzato ENZO FAVERO da Pederobba (Treviso) Prudenti, circospetti, anche un po’ arrabbiati. Sembra tanto in salita il trasferimento di 80 dipendenti della The North Face, azienda leader nel settore dell’abbigliamento tecnico, all’headquarter euroasiatico della VF Corporation a Lugano. “Ma perché ci aspettavamo qualcosa di diverso dal punto di vista umano da un’azienda a cui abbiamo dato tanto”: spiega Juliana, Bernhofer, 27enne austriaca, da nove anni alla The North Face. A Lugano aspettano a braccia aperte The North Face, il marchio di punta della multinazionale americana, nella patria dello sportsystem invece vedono l’operazione come il fumo negli occhi perché se ne va la testa pensante di un’azienda in crescita; tanto che al primo annuncio di un trasloco completo erano stati lanciati proclami di boicottaggio nei confronti dei prodotti dell’azienda. Un trasferimento armi e bagagli che ai piedi del Monfenera avevano interpretato non tanto come necessità di creare sinergie con gli altri brand del gruppo, quanto per le agevolazioni fiscali del progetto “Copernico”. Poi l’accordo che mantiene una parte della The North Face in Italia con lo scorporo interno del ramo d’azienda ha placato un po’ le acque e a firmarlo è arrivato direttamente da Lugano Karl Heinz Salzburger, vicepresidente di VF Corporation e presidente di VF International. Juliana Bernhofer è una delle papabili al trasferimento a Lugano, lavora al prodotto e il suo reparto è uno di quelli che andrà nella Canton Ticino. Ci sta pensando, ma si aspetta un passo da parte della The North Face, altrimenti. “Ho 27 anni, non sono sposata, non ho figli, potrei anche tornare in Austria o cercare un altro posto –spiega- come potrei anche accettare di andare a Lugano se l’azienda cambieràatteggiamento. Io avevo posto delle condizioni, finora mi hanno detto di no”. Perché faccia il gran passo attende una cosa precisa: “Che mi vengano riconosciute le mansioni di responsabilità che già svolgo”. Il dipendente tipo propenso ad andare a Lugano è giovane e ha un curriculum in crescita, vuole fare esperienza all’estero, è attirato da uno stipendio alto. Insomma se si può fare carriera bene, altrimenti tanto vale guardare altrove. Anche perché alla The North Face hanno fatto un po’ di conti e scoperto che le loro retribuzione sono inferiori del 20% a quelle dei frontalieri in Ticino e del 50% rispetto alle retribuzioni medie della Svizzera. Ci hanno detto – aggiunge Claudia Carafiglia - che però in Svizzera non ci sono contratti, che è l’azienda che stabilisce le retribuzioni, ma noi in compenso avremo l’assistenza per gli infortuni e la malattia”. Ma che a Pederobba ritengono sia un po’ poco come contropartita. Claudia Carafiglia invece rimarrà a Pederobba. Lei lavora al Costumer Service, uno dei settori che rimarranno nella terra dello Sportsystem grazie all’accordo stipulato coi sindacati. Ma tanto IL LAVORO GLOBALIZZATO Il reportage tranquilli non si sentono. “Fino a quando rimarrà aperta The North Face a Pederobba? Un anno? Due anni?”: è la domanda che circola frequentemente tra i dipendenti, in maggioranza donne, un’età media sui 32 anni, tanti italiani ma anche rumene, cinesi, francesi, olandesi, statunitensi, però nessuna elvetica. Insomma un organico cosmopolita per un’azienda a forte internazionalizzazione e di proprietà della multinazionale VF Corporation e quindi con una mentalità maggiormente disponibile alla flessibilità, anche territoriale. Proprio la presenza di altri mar- CLAUDIA CARAFIGLIA Impiegata addetta al settore Costumer Service Come ti ‘coccolo’ le nuove aziende chi concentrati nell’headquarter euroasiatico di Lugano è stato utilizzato dal management per far capire che nel Ticino potrebbe esserci più possibilità di far carriera potendo passare ad altri marchi del gruppo. Solo che è proprio The North Face il marchio che sta facendo da traino re- JULIANA BERNHOFER austriaca, lavora da nove anni alla The North Face Le ragioni del successo del marketing territoriale per gli imprenditori Sconti fiscali, agevolazioni, burocrazia al minimo, rapporti diretti, chiarezza del diritto, Stato efficiente, sostegno economico. Ecco perchè il progetto Copernico ha funzionato. Non è stato una iniziativa per attrarre in Ticino “astronomi polacchi”, come potrebbe far intendere il nome mutuato dallo scienziato “inventore” del sistema eliocentrico, ma industrie, aziende, e quindi nuova occupazione. Un’azione di marketing territoriale del Dipartimento delle finanze e dell’economia, attuata a partire dal 1997, che ha migliorato la visibilità del Cantone Ticino all’estero, in Italia soprattutto, ma non solo. E che ha finalità precisa di aumentare la conoscenza delle opportunità d’investimento in Ticino così da favorire nuovi insediamenti. Il progetto, diretto da Arnoldi Coduri, del dipartimento dell’economia del Dfe, ha messo in campo anche una nuova modalità operativa: ha “coccolato” gli imprenditori: cioè, ha fatto sì che i consulenti della promozione gistrando incrementi anno dopo anno, mentre gli altri brand hanno un po’ il fiatone. “Pure io chiedevo un inquadramento diverso, un passaggio di settore – dice Silvia Lazzarin, impiegata al retail e quindi destinata a Lugano, o alla cassa integrazione - sono sei anni che seguo il campionario, se c’è l’opportunità di carriera val la pena trasferirsi, altrimenti chi ce lo fa fare?”. La scadenza è l’8 marzo: per quel giorno, in cui oltretutto ricorre la festa della donna, ci dovrà essere l’assenso al trasferimento. Ma il primo screening, in un incontro con la direzione delle risorse umane, ci sarà già la prossima settimana. E in attesa della scadenza nessuno si arrischia a mostrare particolare interesse a fare le valigie, a fare il transfrontaliere. “Ovvio –dice Juliana Bernhofermagari con un muto da pagare qui e l’affitto da pagare lì, chi andrà là e qui lascerà la famiglia prenderà casa nel comasco, non nel Ticino, per una differenza di costi. E il venerdì tornerà a casa. Proprio per questi viaggi sono stati previsti nell’accordo i 500 euro mensili per due anni, soldi che non percepirà chi utilizza la vettura aziendale”. SILVIA LAZZARIN Impiegata nel settore retail, in futuro a Lugano A PEDEROBBA Un momento della riunione sul “caso North Face” nel comune trevigiano; nelle foto sotto, lo stabilimento “The North Face e, a destra, due immagini degli interni del moderno edificio “In Ticino saremo poco tutelati” Le paure dei dipendenti della “North Face” di Treviso che dicono no al trasloco Il progetto Le nostre entrate sono inferiori del 20% a quelle dei frontalieri in Ticino 1146 ditte estere solo a gennaio per lavori edili 200 aziende arrivate in 13 in Ticino economica lavorassero a sostegno del singolo imprenditore. Un’opera di intermediazione tra la pubblica amministrazione, il mondo economico e le associazioni di categoria per riportare il Ticino al centro del mercato e che ha attirato (o dato avvio), nel cantone in questi 13 anni, a 200 nuove aziende. Oltre a rafforzare il substrato economico industriale, si è diversificato l’economia del cantone, non solo piazza finanziaria, ma anche un polo industriale e commerciale, ben posizionato tra Nord e sud Europa. Informazioni precise, semplificazioni della burocrazia, sportello unico, ovvero unico ufficio con cui trattare, e soprattutto l’indicazione delle misure di sostegno economico e di agevolazione fiscali, le cause del successo del progetto Copernico in questi anni. c.m. @ www.thenorthface.com www.copernico.ch www.ti.ch Le aziende Dall’Italia ben 90 società in 12 anni La pubblicità è l’anima del commercio. Concetto dimostrato dal progetto Copernico, che in poco più di un decennio ha “battezzato” in Ticino circa 200 nuove aziende. La gran parte proveniente dall’Italia. Tanto che del Ticino si parla come del “paradiso delle piccole e medie imprese italiane”. Una novantina infatti le aziende italiane che, proprio grazie a Copernico, hanno potuto godere dei vantaggi e degli incentivi (fiscali, ma non solo) e si sono così insediate in Ticino. Uno degli ultimi casi è la North Face, multinazionale americana che dal Veneto si è trasferita, armi e bagagli, con i suoi 150 impiegati a Pazzallo. Ma, altro dato significativo, Copernico ha rafforzato il sistema industriale tici- Alcune ditte in Ticino grazie a “Copernico” nese: circa un quarto delle nuove aziende (ben 55) sono tutte ticinesi. Società nuove, che hanno potuto godere della consulenza e del sostegno della politica economica cantonale. Di quel mercato che è diventato un’alternativa reale per le aziende italiane che prima si “delocalizzavano” nei paesi emergenti, verso l’ex impero sovietico o verso l’Asia. Ora per loro conviene più il Ticino. Nel dettaglio, gli ultimi dati evidenziano che delle 192 società avviate, la maggioranza si è sviluppata nel settore dell’elettronica (30); a seguire chimicafarmaceutica (24), logistica (23), informatica (22), materie plastiche (18), metallurgia e meccanica di precisione (17). Oltre alle 90 provenienti dall’Italia, ve ne sono 9 che arrivano dalla Germania, 6 dagli Stati Uniti, 8 dagli altri cantoni della Svizzera. Dato che evidenzia meglio di ogni discorso la competitività del mercato ticinese anche rispetto a quello svizzero (con il vantaggio dei frontalieri). Quali infatti e ragioni di questo successo? È presto detto, il Ticino ha una fiscalità meno gravosa, garantisce incentivi agli investimenti e sostegno bancario nei primi periodi aziendale (lo start-up). Ad esempio la legge per l’innovazione economica garantisce per le nuove aziende un’esenzione fiscale sulle imposte cantonali per 10 anni, e sussidi a fondo perso fino ad un massimo del 25% degli investimenti. Ecco perché la ditta Pramac, società con sede a Casole d'EIsa (Siena) , ha trovato conveniente investire oltre 90 milioni di euro in una nuova fabbrica per produrre pannelli fotovoltaici a Riazzino. c.m.
@ Ti-Press www.ffs.ch www.liberalauto.ch www.quartiersarbeit-vauban.de CORRADO GALIMBERTI Le Ffs non se la passano bene. Alle Ferrovie svizzere mancano sei miliardi di franchi per rinnovare infrastrutture e convogli. Si profilano nuovi aumenti dei biglietti. Per i viaggiatori il dilemma se sia più conveniente l’auto o il treno, è più attuale che mai. E come la mettiamo con i tempi di percorrenza? Al Caffè non è rimasto che mettere mano a cronometro, orari delle Ffs, listino per i rimborsi aziendali, e fare un piccolo test. Dal quale si deduce che, forse, la spuntano le ferrovie. Ma ognuno decida secondo la propria sensibilità ambientale, le esigenze di lavoro, la disponibilità di mezzi da e per le stazioni ferroviarie e in base a tutti quei fattori che fanno propendere il piatto della bilancia a favore delle Ffs o del proprio bolide. In primo luogo i tempi di percorrenza dipendono dall’orario scelto. Sicuri come la morte e le tasse, per chi sceglie il treno. A geometria variabile per chi si mette al volante. Un pendolare che parta da Locarno la mattina alle 7.30 – in questa fascia d’orario ci sono corse ogni dieci minuti circa - con il treno arriverà a Lugano, fresco come una rosa, in 54 minuti, compresa la scocciatura del cambio per la coincidenza a Giubiasco. Ma in auto, al giornalista del Caffè, di minuti ce ne sono voluti 75. Quaranta per arrivare sino all’imbocco di via Besso, e altri 35 in colonna per arrivare in centro. A esser sinceri e per essere precisi, bisognerebbe aggiungere almeno quindici minuti in più anche per il percorso in treno, perché o uno abita sopra la stazione a Locarno e deve andare in ufficio accanto a quella di Lugano, o gli tocca fare qualche tratto a piedi, in bici, o col bus. Auto promossa, allora? No. Perché ci sono le note dolenti dei costi. Un biglietto andata e ritorno in seconda classe costa 33 franchi e sessanta. Ma col metà prezzo – e chi viaggia spesso è obbligato ad averlo o deve accendere un mutuo in banca per pagarsi i biglietti – spende neppure 17 franchi. In macchina, calcolando sessantacinque centesimi di rimborso – la cifra standard per molte aziende che contempla benzina, usura auto, assicurazione – quasi 25. Un prezzo indicativo, certo. Perché un conto è viaggiare con una Smart o una Prius. Un conto con una Porsche o qualsiasi altra auto di classe energetica G. I 25 franchi, con questi gioiellini, potrebbero pure raddoppiare. Visto che gli spostamenti non avvengono solo durante le ore di TRASPORTI ALLA PROVA Mezzi pubblici o mezzi privati. Mentre per le Ffs si profilano nuovi aumenti, il Caffè ha verificato la convenienza dei trasporti Automobile batte treno, ma sul filo dei minuti Ti-Press punta, il Caffè ha vagliato anche altri due percorsi, a metà mattinata, e nel pomeriggio: da Chiasso a Bellinzona, e dalla capitale cantonale a Lugano. Nel primo caso il responso è stato di 42 minuti col treno e 36 con la macchina (52 i chilometri). I costi? 19 franchi col metà prezzo (prezzo pieno 38) e quasi 34 con la Costi ragionevoli e un po’ di rispetto per l’ambiente. È il CarSharing, nato in Svizzera alla fine degli anni Ottanta come forma organizzata di uso in comune dell’auto. Dopo essere stato tenuto a battesimo in un paio di cantoni della Svizzera centrale, è stato lanciato a Zurigo e, un anno dopo, a Berlino. Invece di acquistare un’auto propria per poi usarla quasi esclusivamente per gli spostamenti di lavoro, magari solo per un’oretta al giorno, l’idea spinge le persone a condividere pochi veicoli da utilizzare individualmente su prenotazione. In questo modo le macchine vengono meglio sfruttate, si riducono i costi e si salvaguarda l’ambiente. L’interesse crescente per l’iniziativa ha portato a sviluppare un’offerta uniforme a livello nazionale, tanto da creare un migliaio di punti di contatto con 2200 auto distribuite in tutte e quattro le regioni linguistiche del Paese, 24 ore su 24. Decine i modelli che si possono guidare: dalla Smart alle Bmw cabrio. Gli automobilisti possono scegliere fra macchina. Stesso andazzo per la tratta – anche questa percorsa fuori dagli orari di maggior traffico – Bellinzona - Lugano: 28 minuti col treno, 26 con la quattroruote. Neppure 12 franchi con il metà prezzo (23,60 il prezzo interno) quasi 19 con la quattroruote. Si aggiunga pure una manciata di Tra CarSharing e “Liberalauto” l’abbonamento “Mobility prova” per quattro mesi da 70 franchi, a quello annuale da 190, cui va aggiunta la tariffa variabile per categoria di veicolo e quella determinata dal chilometraggio. Altro sistema per ridurre traffico e smog è stato lanciato mesi fa daRete Tre. Si chiama Liberalauto. Chi abbraccia l’idea decide di mettere la propria macchina a disposizione di altre persone che fanno lo stesso tragitto, offrendo loro un passaggio, o di unirsi al guidatore, condividendone le spese. Gli interessati, giornalmente, inseriscono via internet luogo di partenza e di arrivo, orari, giorni, dettagli organizzativi come le eventuali soste, specificando se sono passeggeri o “autisti”. Ma non si tratta di condividere la macchina solo per andare al lavoro. Decine di persone, infatti, ne approfittano per spostamenti in altri cantoni. Dagli studenti ai frequentatori di mostre e concerti che non possono o vogliono prendere il treno, basta un click per fare un viaggio in compagnia, lasciare a casa una macchina. E inquinare meno. IL CAFFÈ 21 febbraio 2010 7 Orari, chilometri e prezzi, il cronista ha messo a confronto la ferrovia e la strada Le idee Per chi abita lontano dai centri, gli spostamenti con bus e ferrovia sono complicati Il confronto In treno In auto Locarno Lugano Bellinzona Chiasso Durata 54 minuti Costo 33.60 franchi (17 franchi con abbonamento metà prezzo) Durata 28 minuti Costo 23.60 franchi (12 franchi con abbonamento metà prezzo) Durata 42 minuti Costo 38 franchi (19 franchi con abbonamento metà prezzo) Nel mondo minuti per raggiungere la stazione e per recarsi nel posto desiderato una volta scesi dal treno, la bilancia sembra dunque pendere a favore della ferrovia. Sempre che però non si abiti, come è il caso per decine di migliaia di persone, fuori città. In questo caso le cose potrebbero complicarsi. E di parecchio. Mancanza di mezzi pub- in ordine di tempo, è stata Ginevra che, lo scorso dicembre, L’ultima, ha votato la chiusura alle auto, di decine di strade. Ma la città sul Lemano non è certo l’unica a voler rendere meno trafficate le arterie cittadine. L’esempio cui mirano molto amministratori pubblici amici dell’ambiente è Vauban, un sobborgo alla periferia di Friburgo, in Germania, con duemila edifici ecologici, dove, nel 2006, è stato avviato un esperimento di una vita senza auto. Il 57% degli abitanti di questa cittadina abitava altrove prima di vendere la macchina e trasferirsi qui, dove le macchine non posso circolare e la gente si muove esclusivamente in bici, tram o treno. A Vauban ogni luogo è raggiungibile a piedi, le biciclette sono dotate di carrelli per la spesa e, nel caso sorga la necessità di acquistare un’auto, gli abitanti si accordano per dividere le spese o utilizzano veicoli in “car sharing”. A Kronsberg, vicino a Hannover, sempre in Germania, la viabilità è stata conce- blici. Corse sporadiche. Tempi di percorrenza biblici. Per chi abita anche solo a una decina di chilometri dai principali centri urbani e non vuole o non può usare la macchina, la vita, dopo una certa ora, finisce dentro le quattro mura di casa. Non è necessariamente un male. Ma questa è un’altra storia. cgalimberti@caffe.ch Locarno Lugano Bellinzona Chiasso Durata 75 minuti Costo 25 franchi Durata 26 minuti Costo 19 franchi Durata 36 minuti Costo 34 franchi Strade chiuse, vince il binario pita partendo dalle esigenze di pedoni e ciclisti, con tecniche di “calmieraggio traffico” che disincentivano in tutti i modi l’uso dell’auto, ovviamente offrendo mezzi pubblici efficienti e alternative credibili. Un’ altra area urbana di una certa estensione bandita alle auto è Gwl Terrein, quartiere di Amsterdam dove, chi vuole muoversi con la macchina deve contribuire direttamente ai costi richiesti dalla costruzione delle infrastrutture che consento l’uso dei veicoli. Gli edifici sono separati da piste ciclabili, sentieri, aiuole e prati. A Malmö, invece, nel sud della Svezia, è sorto il primo quartiere a emissioni zero d’Europa e, probabilmente, del mondo. Ci vivono già duemila famiglie che non circolano in auto ma solo in treno e bici. Stesso discorso per la Normangasse di Vienna, dove vivono 600 famiglie che, per contratto si impegnano a non comperare una macchina, ma a spostarsi solo coi mezzi pubblici o la bici.
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