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Sintesi storica - Dott. Faustino Nazzi

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po' di carne degli animali domestici? Il popolo subisce tali disposizioni come le grandinate.<br />

Dopo questa pietosa trafila i preti lasciano la vicaria.<br />

Al concorso s’invitano "omnes et singuli sacerdotes pretendentes ad curas dictorum<br />

vicarituum concurrere", cioè San Pietro e San Leonardo, "cum testimonio et<br />

approbationibus"; sarà eletto il "magis idoneus" (AMC Def n. 32, 18-11-1587, p. 173v). Queste due<br />

vicarie non hanno pace, ma, sia ben chiaro, è più o meno la condizione generale delle vicarie<br />

mensae capituli unitae, specie del distretto di Tolmino. La difficoltà deriva dalla scarsità di<br />

clero all’altezza della cura d’anime secondo gli indirizzi imposti dal Concilio di Trento. Si<br />

sovrappongono inoltre comportamenti e convinzioni eterodosse, serpeggianti tra il popolo ed i<br />

suoi preti, che rendono inaffidabili pure i soggetti migliori, almeno nel senso della cultura e<br />

della personalità. Il capitolo è impacciato sia per l'interferenza strumentale del vicario<br />

patriarcale sia per la propria intrinseca inadeguatezza.<br />

Per l’anno 1588 abbiamo la visita arcidiaconale. "Presbitero Joanne Zunga, pro nunc<br />

vicario in ipso loco". Alcune raccomandazioni: "L’altare di San Pietro, per ora piuttosto<br />

disadorno, lo si adatti in modo che la pala non sbilanci verso un lato della cappella oltre un<br />

cubito e la mensa dell’altare rimanga totalmente vuota, al centro della quale poi si adatti il<br />

tabernacolo suddetto di legno... Tutti gli altari, in numero di tre, che sono fuori della cappella<br />

maggiore, sono troppo stretti; quello poi che sta nella cappella, una volta tolto via il<br />

tabernacolo, sia eliminato... Si faccia un registro diviso in due parti: nella prima si registrino<br />

i nomi dei battezzati nell’altra i matrimoni. Il cooperatore pre Andrea è senza licenza di<br />

confessare; deve provvedersela quanto prima dal vicario patriarcale, altrimenti non confessi.<br />

Fu visitata anche la chiesa di San Quirino. Si faccia la serratura alla porta d’entrata della<br />

chiesa per non permettere l’accesso se non in tempo di celebrazione. L’entrata al cimitero sia<br />

chiusa per impedire l’accesso troppo facile. Gli scarabocchi poi fatti sulle pareti della chiesa<br />

con il carbone, siano ripuliti completamente. Pre Giacomo Vogrich, cappellano della<br />

cappella del Corpo di Cristo, interrogato se esercita la cura d’anime o confessi, rispose che<br />

ascolta le confessioni col permesso del vicario locale. Si ordina al vicario di non lasciar<br />

ascoltare le confessioni a nessuno che non abbia la licenza dell’ordinario patriarcale e per<br />

iscritto, sotto pena a discrezione del capitolo e se pre Giacomo intrallazza, il cancelliere<br />

istruisca un processo inquisitorio" (ACC Vis arc I, 7-8-1588).<br />

La chiesa è abbastanza dotata, secondo la tradizione; dispone del messale di rito romano:<br />

tutti gli altari devono essere ampliati in particolare quello maggiore in vista della collocazione<br />

del tabernacolo ligneo: non si parla ancora del Pilacorte. Gli altari in tutto il patriarcato<br />

aquileiese seguivano il modello dell’altare di Ratchis: un quadrilungo con l'altezza<br />

corrispondente alla sezione aurea della base, significativo della continuità della tradizione<br />

aquileiese in teologia e liturgia. La sua originalità non è rilevata dagli storici, mentre il popolo<br />

la viveva spontaneamente. Il Sinodo del patr. Antonio Grimani nel 1625 espliciterà la misura<br />

dei nuovi altari: 10 x 5 palmi cioè il doppio quadrato con altezza metà della base, espressione<br />

a sua volta di una ortodossia centralizzata. Il primo registro parrocchiale era diviso in due<br />

parti, un evidente esperimento. San Quirino è pieno di scritte tracciate sulle pareti con<br />

carboni. Se fossero sopravvissute oggi sarebbero preziose quanto un affresco, perché chi<br />

"scriveva" era un "istruito". Il cimitero di San Quirino è ancora in uso per i pellegrini e<br />

viaggiatori.<br />

Si apre il concorso: "Pre Melchiorre Rizzano si presenta in capitolo per concorrere al<br />

vicariato di San Pietro degli Slavi, privo di pastore per l'abbandono di pre Giovanni Zunga",<br />

munito delle licenze del vicario patriarcale e chiede "se conferri". Promette di fare "debitum<br />

suum" e fedeltà al capitolo (AMC Def n. 32, 6-6-1589, p. 222v). L'ex vicario è definito "pastore",<br />

dunque non un semplice sostituto. Pre Melchiorre conosce la lingua slava e come mansionario<br />

del capitolo è una specie di tappa buchi nelle agitate cure slave. Non lo elenchiamo fra i vicari<br />

effettivi.<br />

Nella visita del 1590 si parla di trasferire "il presente tabernacolo artistico (pulcherrimum)<br />

sull’altare maggiore e lo si sistemi in modo adeguato" (ACC Vis arc VI, 19-8-1590). L’opera del<br />

Pilacorte risale a quest'epoca. Il modello però fu concepito sullo schema tradizionale che<br />

vedeva la custodia del Santissimo a cornu evangelii e non al centro dell’altare maggiore<br />

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