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Sintesi storica - Dott. Faustino Nazzi

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apporto alla convenienza delle parti. Così l'impresario ricuperava la spesa con un guadagno<br />

considerevole. Anche in seguito si lamenterà la mancanza di ponti anche là dove a noi sarebbe<br />

parso facile ed intelligente gettarne uno, ma vi ostavano appunto gli interessi acquisiti.<br />

Suggestivo quel Placiç, dal latino Placitus, riferito alla "platea villae Sancti Petri" o<br />

spianata per il raduno del giudizio arcidiaconale ed Arengo. Da qui la grande importanza di<br />

quel punto in ogni tempo. L'assenza di una garanzia per l’illuminazione della chiesa di San<br />

Pietro fino almeno al 1372 significa una dignità delle sue funzioni sacre assai mortificata. La<br />

costituzione del beneficio di tre pesenali di frumento "pro luminaribus ipsius ecclesie" si<br />

riferisce al consumo di candele per le varie celebrazioni liturgiche, per l’illuminazione della<br />

chiesa nelle celebrazioni serali e nelle veglie notturne. Supporre una chiesa priva di un<br />

beneficio per tale funzione contraddice alla prassi ordinaria del capitolo. Ci sono delle<br />

inadeguatezza cui rimediare.<br />

Pre Corrado nel 1374 partecipa ad un accordo "inter homines de Alçida", rappresentati dai<br />

camerari ed il "monachus ecclesie Sancti Quirini" il sacrestano, per stabilire la destinazione<br />

delle offerte fatte dai fedeli in quella chiesa. Si decide che, sottratte le "oblationes que<br />

offeruntur pro luminaribus ecclesie" di San Quirino, quelle che restano "debeant esse<br />

presbiteri seu vicarii predicti" (AMC Def n. 7, 23-7-1374). Le spese per l’illuminazione della<br />

chiesa di San Quirino derivano dalle offerte dei fedeli, perché si tratta da sempre di una<br />

cappella devozionale e funzionale. La necessità di chiarire i rapporti con la chiesa di San<br />

Quirino, significa che la centralità di San Pietro di Azzida non è ancora del tutto definita.<br />

L’integrazione del beneficio del vicario si definisce a spese di precedenti consuetudini non più<br />

pacifiche.<br />

Un particolare del 1427 documenta i rapporti in evoluzione tra Azzida e San Pietro. Siamo<br />

di fronte al consiglio della Comunità di Cividale: "Sull'argomento proposto dagli uomini di<br />

Azzida che lamentano come il capitolo di Cividale voglia che loro vadano con la croce<br />

processionalmente a Cividale in occasione delle indulgenze e che debbano radunarsi in<br />

vicinia con quelli di San Pietro, ciò che non è giusto né prassi ordinaria; chiedono perciò di<br />

poter assistere alle sacre funzioni nella loro chiesa e non stiano tante volte sotto interdetto"<br />

(AMC G01 n. 02, aa. 1426-1429, 31-3-1427, p. 38).<br />

Il "cappellano" di San Pietro andava processionalmente con una croce a Cividale insieme a<br />

tutta la pieve come si è detto. Ora con il "vicario" non si sentono di formare una sola vicinia<br />

con San Pietro e pretendono di usufruire della loro chiesa, penso quella di San Giacomo,<br />

nostalgici di un passato protagonista. La loro resistenza alla difficoltosa cariocinesi è spesso<br />

colpita da interdetto per la loro chiesa.<br />

Processo matrimoniale ♣ Uno dei capitoli più importanti per la conoscenza delle effettive<br />

condizioni di vita del popolo sono le questioni matrimoniali. Il capitolo aveva competenza<br />

nelle vicarie “mensae capitulari unitae” e le controllava attraverso i sui due arcidiaconi “in<br />

planis” e “in montibus”. Al primo facevano parte tutte le vicarie capitolari in Friuli fino a<br />

Ragogna e Fagagna e quelle dei dintorni di Cividale comprese le vicarie di San Pietro e San<br />

Leonardo, del secondo le dieci vicarie del distretto di Tolmino.<br />

“Nella cappella di San Giuseppe, di fronte al rev. arcidiacono, Ambrogio di Amaro, si<br />

presenta ser Andrea Rosser dicto Puffer, contro Margherita, sua moglie e madre di Giovanni<br />

dicti Zutolin, abitante in Tolmino". Ser Andrea chiede di procedere con il pagamento delle<br />

spese. Antonio Canussio è procuratore di Margherita. Costei era da otto o nove anni in<br />

servizio in casa di ser Andrea, quando questi le chiese di diventare sua moglie. Lei accetta, ma<br />

dopo 20 anni di convivenza fu cacciata dalla casa dal marito “che viveva con altre donne in<br />

modo vizioso". Orbene, secondo l’insegnamento evangelico e paolino, “è lecito abbandonare<br />

il marito che vive fornicando in modo sistematico". Margherita si è dovuta arrangiare per<br />

provvedersi il necessario per vivere “ed intende con quei pochi beni a disposizione<br />

sopravvivere nella vecchiaia bene e in modo casto e non insieme al marito che è caduto in<br />

miseria per la vita condotta nel vizio come detto". Ser Andrea precisa che manca di casa da<br />

otto anni e non da venti, “prout ipsa dixit et numquam repudiavit ipsam vel expulit”.<br />

L’arcidiacono chiede ad Andrea “se intende continuare e perseverare in tale condotta viziosa<br />

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