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parte III - IReR

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Marrone, in storici fra cui Strabone e Pausania, Tito Livio, Diodoro Siculo,<br />

Svetonio ed infine nelle favole di Esopo e di Fedro e nei poeti fra cui Omero,<br />

Esiodo, Virgilio e Ovidio.<br />

Uomini ed animali dunque nell’universo a creare la grande armonia che<br />

sovrasta il mistero dell’esistenza e della sua fine, delle stagioni e della natura che<br />

continuamente si rimodella rinnovandosi. Così ciascun vivente aveva un<br />

significato particolare legato alla religione o alle superstizioni, a credenze o modi<br />

di dire. Per questo alcuni volarono nella storia conquistandola come fosse un<br />

nuovo cielo, altri rimasero nell’aneddotica e alcuni riuscirono persino a<br />

raggiungere la religione. Come avvenne per il cardellino, il fiorrancino, il<br />

pettirosso ed il fringuello rimasti teneramente legati alla passione di Cristo.<br />

Alati misteriosi<br />

Ci sono alcuni animali però che paiono addirittura sfuggire persino al mito che<br />

essi stessi hanno contribuito a creare. Furono e rimarranno comunque e sempre<br />

misteriosi. Si palesano appena e subito scompaiono per ritornare quasi come<br />

fossero condannati in un eterno e irreale rincorrere se stessi e lasciarsi intravedere<br />

appena dagli altri. Così ad esempio è l’Araba Fenice: ad ogni morte nel fuoco<br />

risorge e vola ancor più vitale di prima e non v’è chi non possa non vederla a<br />

significare la resurrezione dei corpi. Tertulliano, con un’efficace immagine, la<br />

definisce “posterità di se stessa”.<br />

Commodiano, un vescovo vissuto nel Duecento, affermava “rinascendo dalla<br />

morte l’uccello fenice ci prova che dopo ciò che deve accadere noi possiamo<br />

nascere. E’ soprattutto questo che ci invita a credere che per i defunti verrà il<br />

tempo di vivere di nuovo”.<br />

E Sant’Amborgio scrisse “ci insegni questo uccello anche con il suo esempio a<br />

credere nella resurrezione, esso che senza alcun modello e senza rendersene conto<br />

rinnova in sé il simbolo della resurrezione”.<br />

Dante non poteva ignorarla:<br />

Così per li gran savi si confessa<br />

Che la fenice more e poi rinasce<br />

Quando al cinquecentesimo anno appressa<br />

Erba né biada in sua vita non pasce<br />

Ma sol d’incenso lacrime e d’amomo<br />

E nardo e mirra son l’ultime fasce.<br />

Metastasio, in alcuni versi, leggeri più di un sospiro, la rammenta come una<br />

speranza che non si potrà mai realizzare<br />

E’ la fede degli amanti<br />

Come l’Araba fenice<br />

Che ci sia ciascun lo dice<br />

Dove sia nessun lo sa.<br />

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