De Rerum Magicarum - Benvenuti nella dimora della famiglia ...
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Parola e rito<br />
La pratica magica può determinare un'alterazione, "una modificazione spirituale, la quale si<br />
esprime attraverso la solennità dei gesti, il cambiamento <strong>della</strong> voce, e presino con l'adozione di un<br />
nuovo linguaggio, quello degli spiriti e degli dèi. I riti negativi <strong>della</strong> magia formano, dunque, una<br />
specie di soglia su cui lindividuo abdica sé stesso" (M.Mauss, 1965). Di certo la parola rituale, che<br />
acquista la sua maggiore espressione nel testo scritto, svolge un ruolo fondamentale <strong>nella</strong> pratica<br />
magica. Un ruolo che dimostra la propria solidità e forza in quanto si avvale di un linguaggio<br />
statico, inalterabile. Le parole costituiscono il mezzo più efficace per influenzare. Secondo Freud,<br />
esse rappresentano "un valido strumento per indurre modificazioni psichiche in colui al quale si<br />
dirigono e, perciò, laffermazione per cui la magia <strong>della</strong> parola è in grado di sopprimere fenomeni<br />
patologici, anzitutto quelli basati su condizioni psichiche, non ha più un significato enigmatico"<br />
(S.Freud,1992). La "voce" magica, la parola, celebrata nell'iter simbolizzante <strong>della</strong> gestualità o<br />
<strong>nella</strong> configurazione geometrica del testo scritto, ha radici lontane, che si perdono <strong>nella</strong> notte dei<br />
tempi. Radici che ogni cultura ha anche posto in relazione con il sacro e con l'intervento divino.<br />
Come <strong>nella</strong> poesia, anche in magia la parola acquista una forte valenza creativa in relazione alla<br />
combinazione del suono con il suo significato: i due linguaggi sono in stretto rapporto tra loro,<br />
poiché in entrambi i vocaboli si trasformano in "parole di potenza", a cui viene riconosciuto un<br />
particolare potere, anche senza il contributo di alcun rituale. La parola trattiene in sé la forza<br />
creatrice e quella magica: sorta di energie simboliche "presenti in tutte le cosmogonie mitiche;<br />
limpressione provata di fronte a tutto ciò che è inconsueto, stupefacente, atto a suscitare timore o<br />
ammirazione, trova forma <strong>nella</strong> parola e, attraverso la parola, si obiettiva in unessenza divina"<br />
(E.Cassirer, 1961). In un'ottica eminentemente "pratica" si scorge come l'utilizzazione magica <strong>della</strong><br />
scrittura indichi "come sia sempre ritenuto possibile agire sul reale a partire dalla manipolazione dei<br />
simboli, e come anzi luomo sua giunto a nutrire un terrore sacro di quei simboli e del loro potere,<br />
quasi che, ormai tracciati, essi potessero da sé soli, e senza intervento di altri, scatenare la loro<br />
azione" (G.R. Cardona, 1981). Va anche osservata la frequenza con cui, in numerose culture, la<br />
scrittura viene posta in relazione con l'intervento divino. Inoltre la dimensione criptica e misteriosa<br />
<strong>della</strong> parole "strane", aventi origini straniere e sconosciute, le caricavano con ulteriori valenze<br />
simboliche. E' sicuramente indicativo che "già i testi magici greci facessero un largo uso di parole<br />
straniere, barbare, senza un apparente significato, alle quali tuttavia conferivano significati<br />
misteriosi, capaci di evocare potenze nascoste. Spesso sono tra loro legati a filo doppio le sette<br />
vocali e i sette pianeti, ed è anche possibile forse citare una delle forme del nome del dio dei<br />
Giudei, appellativo che, oltre al suo valore mistico, contiene curiosamente la prima e lultima lettera<br />
<strong>della</strong>lfabeto ebraico" (J.G. Février, 1992). In sostanza, sembrerebbe che, secondo la tradizione<br />
simbolizzante posta alla base <strong>della</strong> magia, la parola sia tanto più magica quanto più diventa difficile<br />
comprenderne il senso e risalire al suo primitivo significato. Un caso emblematico è quello<br />
dell"abracadabra", divenuto sinonimo di "formula magica" anche nel linguaggio comune.