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Tito Livio. Gli ab urbe condita libri - Facoltà di Lettere e Filosofia

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Letteratura latina B a.a. 2008-2009 mod. 2. Appunti delle lezioni 27<br />

quando il <strong>di</strong>ttatore Cincinnato degrada il console Minucio 24 ed esclude dalla preda il suo<br />

esercito 25, <strong>Livio</strong> fa questo commento: “a tal punto allora gli animi erano <strong>di</strong>sposti ad<br />

obbe<strong>di</strong>re docilmente ad un or<strong>di</strong>ne superiore che questo esercito, tenendo conto più del<br />

beneficio ricevuto che dell’onta inflittagli [...], decretò una corona d’oro per il <strong>di</strong>ttatore”<br />

(3,29,3).<br />

Se la <strong>di</strong>sciplina è la virtù propria dei soldati, per i condottieri le doti più importanti<br />

sono prudentia e ratio. <strong>Livio</strong> mette particolarmente in evidenza queste doti nella<br />

caratterizzazione <strong>di</strong> Quinto F<strong>ab</strong>io Massimo, il Cunctator, e anche, per converso, ogni volta<br />

che rileva come sconfitte e <strong>di</strong>sastri siano stati causati dalla temeritas <strong>di</strong> un generale26. La<br />

prudentia consiste soprattutto nel non lasciare mai niente al caso, e nel posporre sempre<br />

l’ambizione a conquistarsi gloria personale ad una valutazione attenta delle circostanze.<br />

Dopo aver illustrato il nuovo corso impresso alla guerra dal Temporeggiatore, <strong>Livio</strong><br />

osserva che Annibale comprende che finalmente i Romani, ammaestrati da tanti <strong>di</strong>sastri,<br />

hanno trovato un condottiero accorto, <strong>di</strong> cui egli dovrà temere non la vis ma la prudentia.<br />

Vita privata. Nell’ambito privato, oltre alla pu<strong>di</strong>citia esemplarmente illustrata e<br />

celebrata nelle famose leggende <strong>di</strong> Lucrezia (1,58-59) e <strong>di</strong> Virginia (3,44-50), ha grande<br />

valore la frugalitas, un costume <strong>di</strong> vita semplice e austero, lontano dal lusso che<br />

corrompe e fiacca. L’occasione per esaltare in modo esplicito (e in questo caso davvero<br />

enfatico) questa virtù dei Romani antichi è offerta a <strong>Livio</strong> dalla vicenda <strong>di</strong> Cincinnato,<br />

introdotta così: “Val la pena che ascoltino coloro che <strong>di</strong>sprezzano ogni valore umano<br />

all’infuori della ricchezza, e ritengono che non vi sia posto per un grande onore o virtù se<br />

non là dove vi sia benessere sovr<strong>ab</strong>bondante. L’unica speranza del popolo romano, Lucio<br />

Quinzio, stava coltivando al <strong>di</strong> là del Tevere [...] un campo <strong>di</strong> quattro iugeri [...] Qui,<br />

mentre appoggiato alla pala scavava una fossa, o mentre stava arando, intento ad ogni<br />

modo – questo è certo – ad un lavoro agreste, fu salutato dagli inviati (sc. del senato)”<br />

(3,26,7-9). Asciugatosi il sudore e indossata la toga, Cincinnato viene salutato <strong>di</strong>ttatore, e<br />

si reca senza indugio a Roma per assumere la carica.<br />

24 Nel 458, inviato contro gli Equi, per imperizia e viltà si lascia rinchiudere ed asse<strong>di</strong>are nel suo<br />

accampamento stesso; per far fronte alla grave situazione (l’altro console accorso con le sue<br />

truppe non riesce a spezzare l’asse<strong>di</strong>o) si decide la nomina <strong>di</strong> un <strong>di</strong>ttatore, nella persona <strong>di</strong> Lucio<br />

Quinzio Cincinnato, che ottiene pieno successo, e conquista l’accampamento nemico.<br />

25 “Conquistato l’accampamento dei nemici, pieno d’ogni cosa [...], <strong>di</strong>stribuì il bottino soltanto ai<br />

suoi soldati; rimbrottando l’esercito consolare e il console stesso, <strong>di</strong>sse: ‘non avrete parte, soldati,<br />

della preda conquistata a quel nemico <strong>di</strong> cui per poco non <strong>di</strong>ventaste voi la preda. E tu, Lucio<br />

Minucio, fino a che non comincerai ad avere l’animo che si conviene ad un console, comanderai<br />

queste legioni come mio luogotenente’ ”, 3,29,1-2.<br />

26 Le sconfitte alla Trebbia e a Canne furono secondo <strong>Livio</strong> causate dalla precipitazione e<br />

dall’ambizione del generale, rispettivamente il console Sempronio, ansioso <strong>di</strong> dar battaglia e<br />

vincere prima che entrino in carica i nuovi consoli, e contro il parere del collega Scipione, che è a<br />

letto ammalato (21,53 ss.), e il console (plebeo) Terenzio Varrone (22,40-43).

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