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Tito Livio. Gli ab urbe condita libri - Facoltà di Lettere e Filosofia

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Letteratura latina B a.a. 2008-2009 mod. 2. Appunti delle lezioni 31<br />

tra<strong>di</strong>zionale e antico schema annalistico. Proprio a questa sua scelta prob<strong>ab</strong>ilmente lo<br />

storico lega il dubbio espresso nell’interrogativa in<strong>di</strong>retta iniziale: egli si accinge a<br />

trattare infatti una res 32 che è sia vetus sia volgata, cioè antica, perché risale molto<br />

in<strong>di</strong>etro nel tempo, e <strong>di</strong>ffusa, perché già trattata da molti autori precedenti (da F<strong>ab</strong>io<br />

Pittore in avanti il tema scelto da <strong>Livio</strong> è quello <strong>di</strong> tutte le opere <strong>di</strong> impianto annalistico).<br />

Nell’aggettivo vetus si può scorgere anche una sfumatura lievemente negativa, che<br />

qualifica il tema scelto da <strong>Livio</strong> come “sorpassato”: il modello annalistico è ormai<br />

superato, e i tempi antichi non suscitano più l’interesse del pubblico (tema<br />

esplicitamente toccato più avanti, § 4).<br />

Nella subor<strong>di</strong>nata introdotta da dum l’autore prende in considerazione, in termini<br />

generali, gli altri storici a lui contemporanei, i novi scriptores, non però per in<strong>di</strong>care,<br />

come ci si potrebbe attendere, i temi <strong>di</strong>versi, meglio rispondenti ai gusti del pubblico, che<br />

essi solitamente scelgono <strong>di</strong> trattare. Dei novi scriptores <strong>Livio</strong> menziona l’aspirazione, a<br />

tutti comune, ad una ricostruzione del vero più accurata e ad uno stile più raffinato<br />

rispetto agli antichi. Nel verbo credunt si può scorgere un piccolo accenno polemico,<br />

peraltro subito lasciato cadere. E’ implicito che le due esigenze avvertite dagli storici<br />

contemporanei sono con<strong>di</strong>vise anche da <strong>Livio</strong>. Anch’egli si propone (o crede) <strong>di</strong> accertare<br />

meglio i fatti, e <strong>di</strong> essere non un semplice narrator, ma un exornator rerum.<br />

Il senso complessivo del periodo iniziale potrebbe dunque essere questo: non so se<br />

la mia opera avrà successo (né, se lo pensassi, oserei <strong>di</strong>rlo), per questi motivi: intendo<br />

trattare una materia antica e già nota, perché trattata in passato da molti; i pregi che<br />

nonostante ciò l’opera potrebbe avere, un accertamento dei fatti più accurato e una veste<br />

letteraria più elegante rispetto ai molti che già hanno scritto delle medesime vicende, non<br />

sono tali da assicurare il successo alla mia fatica, giacché si tratta <strong>di</strong> esigenze avvertite<br />

da tutti gli storiografi contemporanei, che si stu<strong>di</strong>ano <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfarle.<br />

§ 3. Con le parole utcumque erit l’accenno polemico contenuto in credunt è messo<br />

da parte, e rimane aperta la questione iniziale. Sarà il lettore a rispondere, giu<strong>di</strong>cando se<br />

<strong>Livio</strong> sia riuscito nel suo intento. Per parte sua lo storico si limita a <strong>di</strong>chiarare che gli<br />

basta sapere <strong>di</strong> aver contribuito a tramandare le imprese del popolo princeps terrarum, e<br />

32 Questa mi sembra l’interpretazione più prob<strong>ab</strong>ile del termine res, e dell’intero periodo. Secondo<br />

un’altra interpretazione invece la res vetus e volgata è la <strong>di</strong>chiarazione, comune nelle prefazioni<br />

storiografiche, dell’importanza dell’argomento prescelto, cui è implicitamente legata l’attesa del<br />

successo dell’opera. Si vedano, per l’illustrazione sintattica delle due possibili interpretazioni<br />

dell’intero periodo iniziale, le note alla traduzione. Un atteggiamento <strong>di</strong> ritegno simile a quello <strong>di</strong><br />

<strong>Livio</strong> è presente già in Sallustio, nella prefazione al bellum Iugurthinum. Dopo aver <strong>di</strong>chiarato che<br />

la storiografia è una delle più nobili attività dello spirito, lo storico taglia corto all’elogio con queste<br />

parole: “sui pregi della storiografia non ritengo <strong>di</strong> dovermi soffermare oltre”, e ne in<strong>di</strong>ca i motivi:<br />

già molti altri lo hanno fatto, e soprattutto qualcuno potrebbe malignamente pensare che, lodando<br />

l’oggetto della propria attività, lo storico intenda in realtà lodare se stesso (Iug. 4,2 s.). Così <strong>Livio</strong><br />

non oserebbe affermare la sua certezza, ove l’avesse, perché è una consuetu<strong>di</strong>ne che può attirare<br />

critiche.

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