Delle rime volgari trattato di Antonio da Tempo, composto nel 1332 ...

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e se i .smergoni è cotti,
di clie la manda gioso.
Co' distii, Nafoso,
de questa nostra paxe?
— Mesier, fé co' ve plaxe
pur aponto.
Yu ave a far conto,
clie co misier fo zonto
e la brigada,
'li fese tal fraeasada,
che tutta la contrada
fò a remor.
Fuor
xe 'nde plusoi",
sier Michiel procolator . . .
e fò nde li signor de notte.
Misier lì se de tante botte,
che Dio Misericordia!
Non dixe de concordia,
ni per Dio ni per senti,
homeni e fenti
lì scampava danenti.
Quel tristo abissado
era emplagado,
e r oltro avia snodado
el costolier.
E può' veder mesier
colà pertresso,
negun glie steva presso;
se no può' adesso
co venne madonna Diodada,
suor de so cognada,
la cosa fo de botto atasentada;
che co 'lo la vete,
'lo se restete,
e mese lo gladio en vagina.
e se i merghi son cotti,
di' che li mandi giuso.
Come dici, Piagnone,
di questa nostra pace?
— Messere, fate come vi piace
pure così.
Dovete sapere,
che quando (il detto) messere f
giunto
e la brigata,
fecero tale fracasso, '
che tutta la contrnda
tu a roniore.
Fuori
ci sono parecchi,
ser Michele procuratore . . .
e vi furono i Signori di notte.
Messere ivi si die tante botte,
che Dio misericor lia!
Non parla di concordia,
né per Dio né per santi,
uomini e fanciulli
vi fuggivan davanti.
Queir uomo d' abisso
era ferito,
e 1' altro avea snodato
il costato.
E poi a veder messere
piegato il busto indietro e 1' anc?
in fuori,
nessun 1' avvicinava;
se non poi allora
che venne monna Teodora,
suora di sua cognata,
la cosa fu tosto assopita;
che quand' ei la vide,
ristette,
e rimise la sj)ada.