Delle rime volgari trattato di Antonio da Tempo, composto nel 1332 ...

che planzea,
t-r esso con essa se 'nde dolea.
l'd digando: « Rebosa, io non
e re de a,
clie tu te dovesse corzar;
ma s' ie non m' aniga in mar,
le non fare
pili cosa che
te despiaqua. »
E sì e' à dò ber de 1' acqua
o del vin ben adaquado,
Die Cristo ne sia loldado!
El prevede fo clamado,
e disse i la messa,
e esso andè da essa,
e de i pase per bocca.
Da può' en navanti
tanto i desplaque la rocca,
che non s' oidi me dir che la
filasse;
sempre xe stada con bagasse.
a lavorar di vette
bindoni e cornette.
E r un co r oltro si plasette
con tanto amor ligadi,
eh' eli xe sempre stadi
in pase e in tranquilitade.
Stè! che Dio ve dia sanitade.
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che piangea,
ed esso con essa se ne dolea.
Poi dicendoN: « Garosa, io non
credea,
che tu ti dovessi corrucciare;
ma s' io non m'anuieghi in mare,
io non farò
più cosa che
ti dispiaccia. »
E SI le die a ber dell' acqua
o del vino bene adacquato,
Dio Cristo ne sia lodato !
Il prete fu chiamato,
e disse lor la messa,
ed esso andò da lei,
e dielle pace in bocca.
D' allora innanzi
tanto le spiacque la rocca,
che non s' udì mai dir eh' ella
filasse;
sempre stette con fantesche
a lavorar di vette
bindoni e cornette.
E a vicenda si piacquero
con tanto amor legati,
eh' ei sono sempre stati
in pace e in tranquillità.
State! che Dio vi salvi.
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