EDITORI MUSICALI,UNA PASSIONE LUNGA UN SECOLO - Siae
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VIVAVERDI<br />
16<br />
SERGIO ENDRIGO<br />
QUANTO MI DAI SE MI SPARO?<br />
di Gianni Minà<br />
personaggi<br />
C’è una generazione di poeti popolari che, dall’inizio<br />
degli anni ‘60, sulla scia di Domenico<br />
Modugno, hanno cambiato non solo la storia<br />
della canzone italiana, ma i modi stessi della<br />
comunicazione, del come dire le cose, anche le<br />
più semplici, e di come interpretare gli aneliti,<br />
le ansie, le contraddizioni, i sentimenti di una<br />
società che cambiava, con versi e linguaggi in<br />
cui tutti si riconoscessero, anche quelli che avevano<br />
scoperto la lingua italiana solo dieci anni<br />
prima con l’aiuto del maestro Manzi nella trasmissione<br />
televisiva Non è mai troppo tardi.<br />
Non a caso proprio Modugno nella canzone<br />
Piove, con la quale ottenne la sua seconda sfolgorante<br />
vittoria al Festival di Sanremo, dopo il<br />
trionfo di Nel blu dipinto di blu (volare), cantava...<br />
Vorrei trovare parole nuove... ma piove<br />
piove..., che rivelava proprio la testarda ricerca<br />
di molti di questi poeti popolari (poi chiamati<br />
cantautori) di un linguaggio diverso che raccontasse<br />
in musica i sentimenti della gente con<br />
espressioni reali, vere, del linguaggio parlato,<br />
ma non per questo tanto lontane dalla poesia.<br />
Sergio Endrigo, veneto malinconico e romantico<br />
che lavorando nei night club in Italia e all’estero<br />
aveva cercato di uscire dal suo mondo di<br />
provincia senza perderne la poetica, è uno di<br />
questi artisti. Amava gli chansonnier francesi<br />
(Montand, Mouloudji e Leo Ferré), ma più<br />
ancora cantastorie di versi amari come<br />
Brassens, perché come molti della sua generazione,<br />
era stato affascinato forse dall’esistenzialismo,<br />
una filosofia che aveva influenzato anche<br />
la produzione musicale degli artisti più sensibili<br />
della Francia del dopoguerra.<br />
Il libro con il quale Endrigo denudò la società dello spettacolo. Come Brel in Belgio,<br />
Serrat in Spagna, Chico Buarque, Veloso e Gil in Brasile, o Pablo Milanes e Silvio<br />
Rodriguez a Cuba, o come Dylan e altri negli Stati Uniti, in quella irripetibile metà degli<br />
anni '60, Sergio aveva voglia di mettere nelle sue canzoni le storie della sua vita e quelle<br />
degli altri come lui<br />
Ma Endrigo, come Brel in Belgio, Serrat in<br />
Spagna, Chico Buarque, Veloso e Gil in Brasile, o<br />
Pablo Milanes e Silvio Rodriguez a Cuba, o come<br />
Dylan e altri negli Stati Uniti, in quella irripetibile<br />
metà degli anni ‘60, aveva voglia di raccontare<br />
le storie della sua vita e quelle degli altri<br />
come lui, con parole, implicazioni ed atmosfere<br />
di una stagione che rifiutava la retorica, era sazia<br />
di buoni sentimenti, sentiva il pericolo di un<br />
mondo che aveva già dimenticato le efferatezze<br />
della guerra e, in Italia in particolare, non ne<br />
poteva più della oleografia della canzonetta, talvolta<br />
ipocrita e rassicurante, proprio come voleva<br />
la società democristiana del tempo.<br />
Anche l’amore per i poeti popolari di questa<br />
generazione era qualcosa che si viveva nella<br />
società e risentiva delle sue contraddizioni. Così<br />
quella razza di cantastorie, fu fatta di poeti che<br />
lo divennero naturalmente, quasi senza saperlo<br />
e senza bisogno di affrontare sempre argomenti<br />
impegnativi.<br />
Come dice Gianni Borgna nella sua Storia della<br />
canzone italiana, “(...) Questi cantautori avevano<br />
cantato spesso l’amore con insolita verità e<br />
crudezza, spesso più per andare contro corrente<br />
che per diffondere un vero messaggio”.<br />
Questa esigenza venne dopo, quando i più sensibili<br />
di loro sentirono il dovere di farsi inter-<br />
preti delle ansie giovanili e non solo di quelle.<br />
Alcune canzoni di Sergio Endrigo come Via<br />
Broletto e Viva Maddalena furono però anticonformiste<br />
e, in un certo senso, politiche,<br />
prima perfino che la sinistra se ne accorgesse.<br />
E quanto, un artista come Endrigo, rompesse i<br />
canoni tradizionali, lo dimostra la sorpresa per<br />
la sua vittoria a Sanremo in coppia con il grande<br />
cantautore brasiliano Roberto Carlos, interpretando<br />
Canzone per te, un brano scritto con<br />
Sergio Bardotti (intellettuale che si occupava<br />
delle prime collane letterarie stampate sul<br />
disco) e che fece il giro del mondo, malgrado<br />
Sergio non avesse il sorriso stereotipato di un<br />
vincente della canzone, ma il pudore, e a volte<br />
l’amarezza, di un cantastorie triste.<br />
La festa appena cominciata è già finita/Il cielo<br />
non è più con noi... E poi Il nostro amore era<br />
l’invidia di chi è solo/era il mio orgoglio, la tua<br />
allegria e ancora (il nostro amore) è stato tanto<br />
grande che non sa morire/per questo canto e<br />
canto te. E infine un verso memorabile per l’epoca:<br />
la solitudine che tu mi hai regalato io la<br />
coltivo come un fiore.<br />
Fu una delle canzoni che dopo quelle di<br />
Modugno, di Bindi (Arrivederci o Il nostro concerto)<br />
di Paoli divenne un classico in tutto il<br />
mondo. Non succedeva dal tempo della grande