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EDITORI MUSICALI,UNA PASSIONE LUNGA UN SECOLO - Siae

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l’ultimo applauso<br />

PIETRO CONSAGRA,<br />

L’ARTE A DUE DIMENSIONI<br />

Ad accoglierlo a Roma fu lo studio in via Margutta<br />

del prezioso, munifico amico-rivale Renato<br />

Guttuso. Pietro Consagra arrivava da Mazzara del<br />

Vallo in una Roma che appena uscita dal dopoguerra,<br />

fremeva nella voglia di rinnovarsi. Nello<br />

studio fascinoso del suo conterraneo si creò,<br />

attraverso le ferventi discussioni sulla “rinascita”<br />

della pittura, i suoi primi amici: Turcato, Leoncillo,<br />

Morlotti, Birolli, Dorazio, Guerrini, Accardi. Figlio di<br />

un “girovago”, cresciuto in una casa proprio fuori<br />

dal paese di quella terra sanguigna e terrestre che<br />

è la Sicilia, grazie “all’andazzo scombinato della<br />

vita del padre”, lo scultore, come scrisse, rifiutò la<br />

vita che gli si prospettava. Scelse lo studio e<br />

soprattutto il disegno, e intanto maturava anche l’idea<br />

di uscire da quell’isolamento.<br />

Nel ’44 arrivò a Roma al seguito delle truppe alleate:<br />

trovò aiuto nel Partito comunista, a cui era già<br />

iscritto, e poi in Guttuso con cui creò un sodalizio<br />

strettissimo, destinato però a finire con una dolorosa<br />

frattura. In quegli anni fervidi di idee di rinnovamento,<br />

accesi da mille dibattiti e ricchi di voglia<br />

di creare, la disciplina di partito a uno come lui<br />

non poteva che andare stretta, così come la linea<br />

del realismo socialista di cui Guttuso era custode<br />

e portavoce.<br />

La rottura arrivò dopo un viaggio a Parigi e l’incontro<br />

con le opere di Picasso, Léger, Giacometti.<br />

Così il 15 marzo del 1947 con Accardi, Attardi,<br />

Dorazio, Guerrini, Perilli, Sanfilippo, Turcato,<br />

Consagra, fondò il gruppo “Forma”. Nacque così<br />

la sua scelta per l’astrazione che indagò lungo<br />

tutta la vita fino alla morte. La sua scultura, diceva,<br />

nasceva dal disegno e si costruiva attraverso<br />

il disegno: ”Il disegno contiene in sé tutta la mia<br />

scultura”. Studiando il costruttivismo l’artista scopre<br />

la bidimensionalità dell’opera. “Ho scartato la<br />

tridimensionalità della scultura perché la frontalità,<br />

e quindi il carattere bidimensionale, mi è apparso<br />

subito come il più ricco di apertura. La frontalità è<br />

nata dentro di me come alternativa al totem, cioè<br />

alla scultura che doveva sorgere al centro di uno<br />

spazio ideale”.<br />

Per tutti gli anni Cinquanta e i primi Sessanta, la<br />

sua fu una scultura rigorosamente bidimensionale,<br />

che si svolse in cicli chiamati dall’artista Colloqui.<br />

Poi arrivarono i Ferri trasparenti, i Piani sospesi e i<br />

Piani appesi e con la Pop Art il colore, i rossi, i<br />

gialli, i verdi. E poi i marmi, il granito blu del<br />

Brasile, il diaspro nero, il bianco di Macedonia per<br />

gli Addossati, due lastre di forma simile ma di<br />

materiale e colore diverso accostate l’una all’altra.<br />

Indimenticabile l’idea di Città frontale realizzata in<br />

cemento bicolore, bianco e nero, nella scultura<br />

alta diciotto metri che creò per la fiumara riarsa di<br />

Tusa, in Sicilia, come la stella d’acciaio chiamata<br />

La porta del Belice che, rifacendosi a un sogno di<br />

Goethe, fu progetta per la Gibellina ricostruita<br />

dopo il terremoto: alta 24 metri, ancora oggi<br />

accoglie i visitatori e veglierà su di lui, che – per<br />

espresso desiderio – ha voluto essere sepolto proprio<br />

a Gibellina.<br />

Pietro Consagra è morto a Milano il 16 luglio all’età<br />

di 85 anni dopo lunga malattia. (Linda De<br />

Sanctis)<br />

GIANPIERO BIANCHI,<br />

IL TEATRO DELL’INCANTESIMO<br />

Attore e uomo di teatro di grande personalità, varesino<br />

nato nel 1945, interprete duttile e brillante,<br />

Giampiero Bianchi aveva alternato ruoli del repertorio<br />

classico a spettacoli ispirati al costume e all’attualità,<br />

profondendo in ogni personaggio la sua<br />

energia e la sua grande sensibilità. Molto dotato per<br />

il genere brillante, Bianchi – come ebbe a dire Ugo<br />

Ronfani – amava rimettersi in discussione e confrontarsi<br />

con testi a volte scomodi, come Drive di Paula<br />

Vogel o pungenti e sottili come Piccoli crimini coniugali<br />

di Eric Emmanuel Schmitt. La sua carriera teatrale<br />

si lega al Teatro Stabile di Genova, per il quale<br />

ha lavorato dal 1967 al 1976, ma non trascura<br />

intermezzi cinematografici e televisivi. Con la sua<br />

partecipazione alla fiction Incantesimo, in onda su<br />

Raidue, si era imposto di recente anche all’attenzione<br />

del grande pubblico. Nel corso della sua lunga<br />

carriera, Bianchi ha lavorato con registi come<br />

Gabriele Lavia, Antonio Calenda, Sergio Fantoni,<br />

Valter Malosti. Con Giuseppe Cederna e Marco<br />

Cavicchioli aveva partecipato alla creazione dello<br />

spettacolo Gol! Tacalabala per la regia di Giorgio<br />

Gallione, che raccoglie riflessioni sul calcio ad<br />

opera di scrittori, poeti, giornalisti e calciatori.<br />

Giampiero Bianchi è deceduto il 16 luglio scorso.<br />

(D. N.)<br />

LEONILDO MARCHESELLI,<br />

L’INVENTORE DELLA FILUZZI<br />

Il 24 giugno 2005 è morto Leonildo Marcheselli,<br />

considerato il “papà” della filuzzi, un particolare tipo<br />

di ballo liscio che si è diffuso nel secolo scorso<br />

nelle balere bolognesi frequentate dai “filuzziani”.<br />

Questi erano i giovani ballerini dell’alta borghesia<br />

che “filavano”, ovvero si spostavano da una balera<br />

all’altra cercando di attirare l’attenzione delle ragazze<br />

con movimenti coreutici spettacolari. Leonildo<br />

Marcheselli nacque a Longara di Calderara di Reno<br />

il 20 luglio 1912, da una famiglia contadina. Fin da<br />

bambino si interessò alla musica e apprese a suonare<br />

vari strumenti musicali, dall’ocarina all’organetto<br />

e il mandolino con i maestri Ferri e Tonelli. Negli<br />

anni Trenta formò un trio filuzziano col quale si esibì<br />

nei locali bolognesi finché nel 1938 entrò a far<br />

parte del Quartetto Bolognese dell’Allegria specializzato<br />

nell’eseguire partiture sinfoniche di propria elaborazione.<br />

Grazie al Quartetto, Marcheselli uscì dal<br />

mondo delle balere e delle serenate ed entrò nell’ambiente<br />

professionale dell’orchestrale, prendendo<br />

parte a trasmissioni radiofoniche e incidendo dischi<br />

con la Durium. Negli anni Settanta la filuzzi cedette<br />

il passo al liscio romagnolo di Casadei, di maggior

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