EDITORI MUSICALI,UNA PASSIONE LUNGA UN SECOLO - Siae

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GLI ALBUM DI MARCO PAOLINI TEATRO COME ROMANZO DI FORMAZIONE “Gli Album sono i cosiddetti binari morti. Scarti, roba da tagliare. Quelle cose che si buttano, ma si mettono da parte perché non si sa mai” dice Paolini nel prologo-descrizione che “apre” i primi due Dvd degli Album (Gli Album di Marco Paolini, Einaudi Stile libero). Usciti in maggio (la seconda parte a fine settembre), gli Album costituiscono, si potrebbe dire, un nuovo genere narrativo e visivo. In linea con l’intera produzione artistica di Paolini il teatro è raccontato, la grande storia è tagliata su misura del microracconto autobiografico; ma dal racconto, come in un gioco a spirale, si sviluppa un commento video, una propaggine di sequenza di immagini che potenzia le parole. La giuria del Premio Pieve di Santo Stefano dedicato ai diari, quest’anno ha deciso di dare una menzione speciale a Paolini. Lui però, ancora nella ripresa-prologo, ci tiene a precisare che gli Album non corrispondono alla forma-diario. Sono piuttosto autobiografia in diretta; meglio ancora, “una palestra per imparare a raccontare”. Le vicende si dipanano, lente e avvincenti, sempre giocando sul doppio binario di macro e microstoria. Questo di sicuro, non un binario morto. Se è vero che attraverso tali e tanti scorci il passare del tempo è affrontato con leggerezza, è perché le storie sono considerate con irriverenza verso quella che è la loro contestualizzazione nel mondo, e totale rispetto invece verso i dettagli. Linguaggio abilissimo, tutto costruito sui particolari. Gestualità di Paolini, e corrispondente commento visivo, che avvalora queste storie italiane ma che potrebbero essere universali. Silenzi che parlano, lunghi discorsi che nel fondo tacciono. La scoperta del teatro come romanzo di formazione. E dietro, come in un gioco di pannelli mobili, il ’68 e il lento tramontare di certo cattolicesimo giovanile, gli anni ’70 e la droga, lo sport, la scoperta dei lunghi viaggi come mito geografico-narrativo… Impariamo, riflettiamo, ricordiamo guardando gli Album. Ma senza lasciarci prendere dalla malinconia di una visita ai bauli di lettere e fotografie custoditi in soffitta. No. Rimaniamo spettatori allegramente. Perché c’è la musica, ci sono le immagini, ci sono le trovate scenico-attoriali del talento inesauribile di Marco Paolini a rendere tutto vivo, presente. Utile: come dovrebbero essere utili tutte le memorie davvero capaci di parlare. (Lisa Ginzburg) mente perfetta, in un mondo dove la sintassi è scomparsa e tutto è sincopato, paratattico. Dove ogni espressione è frammento, balbettìo, scheggia. Molti anni fa, Paolini partecipò a Livorno a uno stage tenuto da Wim Wenders. E da lui sentì dire una frase: “Le storie oggi, sono un surrogato della esistenza di Dio. Perché mettono ordine nel caos, visto che ormai viviamo in un linguaggio di schegge”. A quella frase, negli anni Marco Paolini ha ripensato moltissime volte. Nel polverone della illetteratezza, in questa babele di minimali schegge, ciò che più ha senso è opporre forze espressive centripete, radicate. Gli archi tesi della sintassi. Grandi racconti. Spazi da imparare a gestire, dosando la forza così da arrivare in fine con la stessa energia. Creando apici e affondi, silenzi e brusìi. I picchi e le valli di una storia. Un po’ come un Lawrence Sterne moderno, Paolini ha effettivamente il talento unico di aprire decine di excursus, inanellare parentesi su parentesi, contare sull’intelligenza di un pubblico che sappia insieme a lui inerpicarsi su per le chine degli antefatti e poi a precipizio ridiscendere lungo la deriva scivolosa degli accadimenti. Ogni teatro di narrazione, dice Paolini, deve saper essere una semplificazione. Ma proprio perché si tende a semplificare, è facile risultare dei demagoghi, persone molto amate per qualche tempo, ma segnate dal destino, presto o tardi, del ripudio. Per raccontare davvero, dunque, mantenersi semplici e sempre umili. Dissezionare le storie così da renderle racconti, ma sempre rimanendo in secondo piano, dietro di esse. Il futuro è pieno di spazio. Raccogliere e pubblicare gli Album ha voluto dire dare forma e confezionare un lungo passato, e liberarsene. Però vivere una pausa creativa senza enfatizzarla, senza isolarsi, restando autoironici e ricettivi, è una sfida che solo un’intelligenza pulsante, esigente, intransigente come quella di Marco Paolini può riuscire a fare. Di un silenzio tanto aperto e saggio, vedremo i frutti. Ma è difficile immaginare che non saranno buoni. Foto Angelo Radaelli
VIVAVERDI 42 intervista TELEVISIONE A.A.A. CERCASI AUTORI COMICI DI TALENTO di Linda Brunetta È uno di quegli annunci che tutti prenderemmo per falso, uno scherzo di uno di quei produttori un po' sadici che alla frase “Avrei un'idea divertentissima per la Tv” iniziano subito a grattarsi come se fossero assaliti da un'improvvisa allergia. Questa volta sembrerebbe invece un annuncio attendibile. Arriva da Paramount Comedy, nuovo canale tematico firmato Mtv Italia e trasmesso sul Canale 115 della piattaforma Sky. Parla Pietro Galeotti, curatore del “Cantiere della creatività” Il canale Paramount Comedy si propone di trasmettere serie, film, telefilm, show locali e internazionali, tutti scelti secondo il criterio del “divertimento intelligente e mai banale”. Incredibile! Esiste ancora qualcuno che ha il coraggio di usare la parola “intelligente” e non se ne vergogna. Evidentemente qualcuno che ha scoperto che esiste un pubblico ancora dotato di neuroni in azione e pronto a pagare pur di sfuggire ai boccheggianti reality di terza generazione sulla Famiglia Adams di Cellino San Marco. Paramount Comedy ha in progetto “Il Cantiere del Comedy”, un impegno nei confronti di chi vuole iniziare a fare parte del mondo della comicità in Queer eye e Absolutely Fab, serie Tv sul canale Paramount Comedy. Sotto, i loghi del canale Paramount Comedy modo attivo, come autore o come interprete. Per questo ha affidato a Pietro Galeotti, autore storico di Fabio Fazio, ma anche molto attivo sul piano delle battaglie e delle iniziative in favore della nostra professione di Autori (è fra i promotori del Premio Ideona), il compito di selezionare gli aspiranti scrittori e comici dando loro una possibilità di misurarsi ed esprimersi. Sul depliant illustrativo dell’iniziativa c’è scritto che gli scrittori comici di talento sono numerosi, ma non riescono ad imporre le proprie idee, perché si consumano mestamente nel lavoro di scalettatori di format o a trasformare in show i contratti delle star televisive. Questa drammatica visione dell’attività degli autori radiotelevisivi italiani è realistica secondo te? Lo dico con amarezza, per moltissimi autori è così. Con l’avvento del format, e il fatto che sono solo le case di produzione a stabilire le regole del gioco, la figura dell’autore si è progressivamente svilita. È vero che all’interno del format è possibile mettere un po’ di creatività, ma è anche vero che se uno ha un progetto originale è difficile che qualcuno glielo produca. L’idea del “Cantiere” è tua o della Paramount? È mia. Ho proposto al direttore del recentissimo canale Paramount Comedy l’idea del Cantiere, che è un po’ figlia di Ideona, perché vuole rimettere al centro la figura dell’autore, almeno per quanto riguarda la televisione. Invece di fare la solita campagna acquisti di comici, e nella migliore delle ipotesi mettere insieme l’ennesimo show-catalogo, ho proposto di capovolgere l’approccio. Come per le case, anziché dal tetto, partiamo dalle fondamenta: mettiamo insieme una squadra di autori, che ragionino a prescindere dal cast, che svilup-
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