Il numero di Playboy con Stephanie Seymour
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Roberto Bargone<br />
1<br />
Non la ricordo. Fa parte <strong>di</strong> un in<strong>di</strong>stinto<br />
inscin<strong>di</strong>bile dai miei ricor<strong>di</strong> protopuberali: le<br />
prime occupazioni, le prime uscite alcoliche, i<br />
camicioni a quadri, Pump Up The Volume (il<br />
film), le prime sigarette fumate negli angoli bui<br />
del centro. Nella mia testa essere gran<strong>di</strong> voleva<br />
<strong>di</strong>re essere capaci <strong>di</strong> capire i Nirvana. Nevermind<br />
era musica per gente grande, e io stavo<br />
<strong>di</strong>ventando grande.<br />
2<br />
Lo ascolto ancora molto spesso. Nevermind è<br />
sopravvissuto a tutto. Ai ventisette anni, alla<br />
fine dell’acne e della sfiga adolescenziale, alla<br />
lettura dei mefitici Diari, alla <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>nata<br />
apertura degli ascolti. Ma non ha mai smesso<br />
<strong>di</strong> farmi sentire incompleto, come se fosse