Il numero di Playboy con Stephanie Seymour
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questi fantomatici Nirvana, <strong>di</strong> cui avevo sempre<br />
sentito parlare, ma che altezzosamente avevo<br />
sempre snobbato. Detto fatto, la mitica<br />
collega <strong>di</strong> mia madre il giorno dopo si presentò<br />
<strong>con</strong> Nevermind. La sera prima <strong>di</strong> addormentarmi<br />
mi misi nel letto <strong>con</strong> il mio lettore<br />
CD (gli ipod e i lettori mp3 costavano ancora<br />
un bel po') e ascoltai 42 minuti <strong>di</strong> musica che<br />
mi cambiarono la vita. La rabbia, la sofferenza,<br />
il dolore e il malessere esistenziale si mescolano<br />
in un calderone <strong>di</strong> suoni nuovi e s<strong>con</strong>volgenti.<br />
Kurt Cobain <strong>con</strong> voce rauca e tremolante<br />
dona al tutto un'atmosfera ancora più<br />
straniante. Nevermind per me fu un pugno in<br />
faccia nel pieno della notte, quei quattro riff in<br />
croce suonati da tre musicisti tutto sommato<br />
me<strong>di</strong>ocri mi s<strong>con</strong>volsero. Nonostante in seguito<br />
io abbia ascoltato <strong>con</strong> molto più interesse<br />
e assiduità gente come Pearl Jam e Alice in<br />
Chains, nel mio cuore <strong>con</strong>servo ancora il<br />
ricordo <strong>di</strong> quella notte.<br />
L'ultima volta che ho ascoltato Nevermind purtroppo<br />
neanche me la ricordo, ma <strong>di</strong> sicuro<br />
non ha avuto alcun significato particolare per<br />
me.